Introduzione
Negli anni Sessanta Italo Calvino si avvicina in modo sempre più consapevole alla riflessione linguistica e alle principali teorie strutturaliste, maturando un’attenzione specifica per la materia della lingua, per i suoi registri e per i suoi effetti pragmatici. In questo quadro, la traduzione diventa per lui non un lavoro ancillare, ma un laboratorio: un luogo in cui misurare le possibilità dell’italiano, verificarne le risorse e, al tempo stesso, mettere alla prova un ideale di chiarezza e concretezza espressiva.
Dopo aver letto “Les Fleurs bleues” di Raymond Queneau (1965), Calvino percepisce immediatamente la natura problematico‑sperimentale del testo: la densità di giochi verbali, l’oralità, le variazioni di registro e la struttura narrativa “a scarti” rendono la traduzione un’operazione ad alto rischio. Proprio questa difficoltà, però, lo spinge a tentare una traduzione creativa, intesa come ricerca di equivalenze funzionali ed effetti, più che come trasposizione letterale.
Calvino, scrittore e traduttore, possiede una spiccata sensibilità per la sperimentazione linguistica e per la dimensione metalinguistica della scrittura: la lingua non è soltanto mezzo di comunicazione, ma anche oggetto di riflessione. Nel caso di Queneau, tale sensibilità si traduce nella necessità di scegliere, di compensare e talvolta di reinventare, per conservare tono, ritmo e umorismo del testo di partenza.
Per quanto riguarda il metodo, questo contributo adotta un approccio analitico‑comparativo tra testo di partenza e testo d’arrivo, concentrandosi su una selezione ragionata di passaggi rappresentativi. La griglia di analisi incrocia:
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fenomeni fraseologici e formule semi‑fisse;
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(ii) giochi di parole e strategie di compensazione;
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(iii) marcatori di oralità e variazioni di registro; (iv) segnali di metalinguaggio esplicito o implicito (ad esempio nel paratesto e nelle dichiarazioni d’autore).
La finalità non è elencare equivalenze puntuali, ma descrivere come, nella pratica traduttiva calviniana, la traduzione possa diventare un luogo di riflessione sulla lingua: una “messa in scena” della scelta lessicale e stilistica che orienta l’esperienza di lettura e, in prospettiva, dialoga con l’ideale linguistico di Calvino.
Con questa analisi vorremmo rispondere alla seguente problematica di ricerca:
In che modo la traduzione di Calvino dei “Fiori blu” di Raymond Queneau mette in evidenza un valore metalinguistico e quali strategie consente di osservare nella resa di oralità, registro, fraseologia e giochi verbali?
Da questa problematica derivano le seguenti ipotesi di ricerca:
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La traduzione creativa dei “Fiori blu” potrebbe rivelare una coscienza della lingua in cui la scelta traduttiva non è neutra, ma orientata alla conservazione di effetti (ritmo, tono, umorismo) e funzioni testuali.
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L’analisi comparativa potrebbe mostrare che, nei punti di maggiore densità stilistica (oralità, formule semi‑fisse, calembours), Calvino ricorre con frequenza ad adattamenti e compensazioni, privilegiando l’equivalenza funzionale.
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L’esame dei paratesti e delle dichiarazioni d’autore potrebbe confermare che la traduzione, per Calvino, è anche una pratica di conoscenza: un modo di interrogare l’italiano “tra le altre lingue” e di misurare le proprie risorse espressive.
1. Calvino traduttore di Queneau: creatività e metalinguaggio in I fiori blu
1.1. Calvino e la traduzione di “Les Fleurs bleues” / “I fiori blu”
Les Fleurs Bleues di Raymond Queneau Pubblicato nel 1965 è un romanzo surreale e sperimentale che gioca con la struttura narrativa e la percezione del tempo. È una sorta di parodia di thriller, con due personaggi principali, Cidrolin e Duca d'Auge, che rappresentano aspetti complementari di una stessa personalità come se fossero due parti di un tutto. Queneau ha creato una narrazione intrigante e unica che sfida le convenzioni letterarie tradizionali. il libro gioca con la perplessità del lettore, sfidando la linearità del tempo. Tale romanzo si sviluppa su due piani di realtà diversi e su piani temporali multipli. Mentre la vita di Cidrolin rimane costante e tranquilla nel 1964, il Duca d'Auge è attivo e attraversa la storia francese, riapparendo ogni 175 anni senza mai cambiare. Un dettaglio interessante sul quale è basato questo romanzo è che il personaggio di Cidrolin si sveglia di tanto in tanto e interrompe le vicende del Duca d'Auge. Durante questi momenti, entriamo nella realtà e usciamo dal sogno, creando una sorta di sfumatura tra i piani narrativi. È un modo creativo per giocare con la percezione del tempo e della realtà nel romanzo.
La storia si manifesta su due piani narrativi: uno riguarda la vicenda di Cidrolin, che va da settembre a dicembre del 1964, e l'altro che è la storia attraversata dal Duca. È un romanzo che sfida le convenzioni e invita il lettore a riflettere sulla natura del tempo e della realtà. Questi due piani narrativi sono fondamentali per creare il gioco tra sognatore e sognato che Queneau ha voluto instaurare. Questo crea una comica ambiguità che rende il romanzo affascinante.
Il romanzo “Les Fleurs bleues” affronta temi come la ciclicità della storia, l'abbandono del proprio tempo storico e il rapporto tra storia e realtà quotidiana, il linguaggio utilizzato nel romanzo è un punto di forza, rendendolo ancora più interessante da un punto di vista narrativo. Ogni parola e frase sono levigate con attenzione per garantire una lettura fluida e piacevole, questo processo richiede tempo e impegno, ma il risultato finale è una prosa che cattura l'attenzione del lettore e Calvino ha dimostrato il valore della riflessione e della cura nella scrittura.
L’opera inizia con una data, il 25 settembre 1264, che sembrerebbe un richiamo alla tradizione, ma in realtà, Queneau utilizza questa data in modo ironico per sbeffeggiare le convenzioni letterarie, pagandole un tributo ma allo stesso tempo prendendola in giro. È interessante notare come André Breton abbia affermato che non si potrebbe più iniziare un romanzo con la frase "La Duchessa si alzò alle cinque", sottolineando la morte dello stile tradizionale dei romanzi. Queneau, con la sua innovazione stilistica, sembra ribellarsi a questa idea e portare avanti la sfida alla tradizione letteraria.
Queneau, con la sua scrittura innovativa, ha cercato di trovare un equilibrio tra la conservazione delle forme narrative tradizionali e l'introduzione di nuove tecniche e categorie di pensiero. Queneau ha sperimentato con la struttura, il linguaggio e le convenzioni narrative, cercando di rompere gli schemi tradizionali e di aprire nuove possibilità espressive, insomma, ha voluto mostrare che la sperimentazione non debba necessariamente escludere la tradizione, ma può invece arricchirla e rinnovarla.
Basandosi su determinate circostanze o considerazioni, una volta che il romanzo è stato presentato a Calvino, lui ha trovato qualcosa di molto speciale e significativo nel romanzo, tanto da volerlo condividere con il mondo attraverso la traduzione. È un segno della profonda impressione che il libro ha lasciato su di lui e lui sostiene che:
“Appena presi a leggere il romanzo, pensai subito: ‘È intraducibile!’ e il piacere continuo della lettura non poteva separarsi della preoccupazione editoriale, di prevedere cosa avrebbe reso questo testo in una traduzione dove non solo i giochi di parole sarebbero stati necessariamente elusi o appiattiti e il tessuto di intenzioni allusioni ammicchi si sarebbe infeltrito, ma anche il piglio ora scoppiettante ora svagato si sarebbe intorpidito”. ((I. Calvino, 1984: 265-266).
In questo passaggio, Calvino riflette la sua preoccupazione riguardo alla perdita di giochi di parole e allusioni nella traduzione, così come l'appiattimento delle intenzioni e il cambiamento dello stile del testo. È un'osservazione molto interessante e comune quando si tratta di tradurre opere letterarie complesse. La sfida per i traduttori è trovare il giusto equilibrio tra la fedeltà al testo originale e la resa efficace nella lingua di destinazione. È un processo complesso che richiede una profonda comprensione del testo originale e una grande abilità nel trovare soluzioni creative per rendere al meglio l'essenza del romanzo nella nuova lingua.
Le considerazioni di Calvino sul suo lavoro includono alcune pagine molto interessanti. In queste pagine, Calvino ci racconta i dettagli dietro le quinte e ci fa vedere quanto lavoro e ricerca abbiano richiesto. È particolarmente interessante il fatto che Calvino abbia avuto un contatto con Queneau, che ha influenzato il suo processo creativo nel quale lui sostiene che:
“Per qualche difficoltà ho avuto la fortuna di poter consultare l’autore, a voce e per lettera ( e l’amicizia che è nata da quel rapporto è stato il frutto più prezioso di questo lavoro). Rimpiango solo di non avergli chiesto di più e non solo sul significato letterale delle frasi. Ma eravamo due conversatori laconici, purtroppo, e in Queneau l’ammirazione per Mallarmé forse si fondava anche sull’affinità nel temperamento taciturno, almeno a quanto suggerisce una lettera che mi scrisse”. (I. Calvino, 1967: 269-270).
Calvino ha avuto la fortuna di consultare l'autore, sia di persona che per lettera, e l'amicizia che è nata da quel rapporto è stata la cosa più preziosa che ha ottenuto da questo lavoro. È un peccato che non abbia chiesto di più, non solo sul significato letterale delle frasi. Si nota che entrambi fossero conversatori laconici. È interessante notare pure che l'ammirazione di Queneau per Mallarmé potrebbe essere stata influenzata anche dalla loro affinità nel temperamento taciturno, almeno secondo una lettera che Calvino ha ricevuto.
1.2. L'arte della traduzione creativa di Calvino: esplorando nuovi orizzonti linguistici
L'arte della traduzione creativa di Calvino è particolare, attraverso la sua genialità linguistica, ha aperto nuovi orizzonti nella traduzione letteraria e ha mostrato che la traduzione non deve essere solo una mera trasposizione di parole da una lingua all'altra, ma può diventare un'opera d'arte a sé stante.
La fiducia di Calvino nel proprio stile si manifesta in un intervento sulla nuova questione della lingua italiana che testimonia la sicurezza della sua posizione e lui sostiene che:
“Il mio ideale linguistico è un italiano che sia il più possibile concreto e il più possibile preciso. Il nemico da battere è la tendenza degli italiani a usare espressioni astratte e generiche. Per svilupparsi come lingua concreta e precisa l’italiano avrebbe possibilità che molte altre lingue non hanno. Ma la necrosi che tende a farne un tessuto verbale in cui non si vede e non si tocca nulla lo sta cancellando dal numero delle lingue che possono sperare di sopravvivere ai grandi cataclismi linguistici dei prossimi secoli”. (I. Calvino, 1995: 153).
Calvino ha deciso di sperimentare con regole completamente nuove, che fossero uniche e personali. Per fare ciò, era disposto a confrontarsi con giochi di suono e riferimenti linguistici che provenivano da una tradizione e una cultura popolari molto diverse. Questo confronto lo ha affrontato con una sicurezza decisa, rimanendo saldo nelle sue convinzioni. Queneau aveva un'opinione particolare sulla storia, secondo lui, la storia non può essere precisa o quantificabile in modo matematico, il che significa che non può fornire certezze assolute. Questa visione potrebbe essere dovuta al fatto che la storia è influenzata da molteplici interpretazioni soggettive e che i fatti storici possono essere reinterpretati nel corso del tempo. Quindi, per Queneau, la storia potrebbe essere vista come qualcosa di incerto e soggetto a cambiamenti nel modo in cui viene interpretata. Tuttavia, è importante notare che questa è solo una prospettiva e che ci sono anche altre opinioni sulla storia che potrebbero differire da quella di Queneau. La storia può ancora fornire preziose conoscenze e comprensione del passato, anche se potrebbe non essere sempre definitiva o assoluta.
La traduzione offre a Calvino l'opportunità di esaminare attentamente le strutture linguistiche, confrontandole con quelle di una lingua diversa. Questo processo aiuta a rafforzare e rigenerare il proprio stile di scrittura, è come se la traduzione fungesse da ponte tra le diverse lingue, consentendo a Calvino di arricchire la sua conoscenza e padronanza delle strutture linguistiche. Poi dopo la traduzione, Calvino acquisisce una maggiore consapevolezza del suo stile e riesce a riconoscere una nuova identità narrativa la traduzione che gli ha permesso di esplorare nuove prospettive linguistiche e stilistiche. Attraverso il confronto tra le strutture della lingua italiana e di altre lingue, Calvino ha potuto arricchire il suo bagaglio linguistico e scoprire nuove modalità di espressione. Questo processo di studio contribuisce a raffinare e arricchire il suo stile narrativo, offrendo nuove possibilità creative. È come se la traduzione agisse come un laboratorio linguistico in cui Calvino può sperimentare e ampliare la sua gamma di strumenti narrativi.
1.3. “I fiori blu” di Queneau attraverso gli occhi di Calvino: una traduzione metalinguistica
Quando si parla di una traduzione metalinguistica de “I fiori blu” di Queneau attraverso gli occhi di Calvino, si fa riferimento a un'interpretazione che va oltre il semplice atto di tradurre le parole. Calvino, con la sua creatività linguistica, ha cercato di cogliere e trasmettere il significato profondo e l'intento dell'opera originale, andando oltre la traduzione letterale. Ha utilizzato giochi di parole, suoni e altre tecniche creative per rendere l'esperienza della lettura più ricca e coinvolgente. In questo modo, la traduzione diventa un'opera d'arte a sé stante, che offre una nuova prospettiva sull'opera originale.
Calvino era noto per la sua audacia nel creare regole linguistiche e nel sperimentare con suoni e riferimenti linguistici. Era disposto a sfidare le convenzioni e a rompere le regole al fine di esplorare nuove possibilità creative nella traduzione. Questo gli permetteva di aggiungere un elemento unico e innovativo alle sue opere. La sua abilità nel giocare con i suoni e con la lingua stessa ha contribuito a rendere le sue traduzioni uniche e affascinanti offrendo nuove prospettive al lettore. Calvino sostiene che:
“Se ho detto che non c’è lingua che non abbia oggi gravi problemi non è per trarne la conseguenza che non abbiamo da lamentarci troppo dell’italiano; anche se qualche vantaggio dobbiamo ammettere d’averlo. Per esempio quello che la grande duttilità dell’italiano (questa lingua come di gomma con la quale pare di poter fare tutto quel che si vuole) ci permette di tradurre dalle altre lingue un pochino meglio di quanto non sia possibile in nessun’altra lingua”. (I. Calvino, 1965:147.)
E per questo, Calvino afferma che nonostante i problemi che ogni lingua possa avere, dobbiamo ammettere che l'italiano ha dei vantaggi che ci permettono di tradurre dalle altre lingue in modo unico. Questo ci dà una certa capacità di esprimerci e comprendere le sfumature delle altre lingue. È un privilegio che possiamo apprezzare e sfruttare nel processo di traduzione.
La traduzione del libro Les Fleurs bleues abbia influenzato Calvino a riflettere sulla sua lingua a livello grammaticale e strutturale. Le nuove idee oulipiane hanno avuto un impatto principalmente sulla costruzione delle strutture narrative, senza modificare lo stile narrativo di Calvino. Questa influenza si è concentrata sulla struttura della storia, seguendo la direzione che Calvino aveva preso dopo la lettura di Greimas e la scrittura delle Cosmicomiche. Prima di unirsi all'Oulipo, Calvino era interessato alla traduzione di Les Fleurs bleues perché condivideva temi legati alla riflessione sulla Storia, temi che richiamavano idee già presenti in opere come Marcovaldo, Il cavaliere inesistente e Il barone. Calvino considerava la traduzione non solo come un mestiere che si impara, ma anche come un mestiere che insegna a scrivere.
Sul livello metalinguistico, possiamo individuare alcuni elementi che riflettono al concetto di metalinguaggio in questo passaggio. Ad esempio, quando Calvino parla della traduzione di Les Fleurs bleues come "un mestiere che s'impara, ma a sua volta è un mestiere che insegna a scrivere", sta riflettendo sul processo di traduzione come un modo per comprendere meglio l'atto stesso della scrittura. Qui, il linguaggio viene utilizzato per discutere della pratica della traduzione e del suo impatto sulla capacità di scrivere. Inoltre, quando Calvino menziona che Les Fleurs bleues ha indotto lui a pensare di nuovo ai termini grammaticali e strutturali la sua lingua, sta effettivamente riflettendo sul linguaggio metalinguistico e sul suo ruolo nella costruzione delle opere narrative. Questo è un altro esempio di come il paragrafo stesso sia metalinguistico, poiché si riferisce alla riflessione sul linguaggio all'interno del contesto della scrittura.
2. Teorie e pratiche della traduzione in Calvino: innovazione, creatività, metalinguaggio
2. 1. Il valore aggiunto della creatività linguistica e del metalinguaggio nella traduzione di Calvino
Il valore aggiunto della creatività linguistica nella traduzione di Calvino risiede nel fatto che egli non si limitava a tradurre in modo letterale, ma cercava di esplorare nuove possibilità linguistiche. Calvino utilizzava giochi di parole, suoni, ritmo e altre tecniche creative per rendere la traduzione un'opera d'arte a sé stante. Questo approccio creativo permetteva di catturare l'essenza e lo spirito dell'opera originale in modo più profondo e coinvolgente. In questo modo, la traduzione diventava una forma di espressione artistica che arricchiva il panorama letterario e offriva una nuova prospettiva all'opera stessa.
L'analisi linguistica della traduzione del romanzo porta ad un interessante spunto di carattere storico-letterario. Negli interventi di Calvino non si evidenziano solo problemi di traduzione, ma anche il rapporto tra due stili diversi, cioè tra Queneau e Calvino. Queneau utilizza un linguaggio che mescola espressioni orali e popolari, parodie letterarie e citazioni intertestuali, mantenendo sempre la forza della lingua popolare. Calvino, d'altra parte, ha uno stile che, dopo alcuni tentativi di realismo rappresentativo, ha abbandonato l'idea di riprodurre fedelmente l'oralità. Calvino ama i pastiche linguistici queneauniani, cioè l'uso di elementi stilistici e linguistici tipici di Queneau, come i cambi di ritmo e di registro, che arricchiscono il romanzo. Il suo stile comporta un uso diverso della parola rispetto agli anni cinquanta, mettendo spesso in secondo piano la vivacità popolare e preferendo invece bilanciare attentamente ogni elemento della frase. La traduzione ha svolto un ruolo importante nella carriera di Calvino. Ha agito come un filtro, permettendogli di perfezionare ulteriormente il suo stile eliminando impurità e inesattezze. La traduzione gli ha offerto, insomma, la possibilità di confrontare il suo stile con uno completamente diverso, che richiedeva la stessa cura nel controllo.
La traduzione creativa, il valore metalinguistico e l'esperienza di lettura sono strettamente interconnessi, la traduzione creativa permette al traduttore di esprimere l'originalità e lo stile dell'autore nel testo tradotto, questo rende l'esperienza di lettura più coinvolgente e appagante per il lettore, che può apprezzare l'opera nella sua interezza.
La traduzione creativa può includere l'uso di strategie come la scelta di parole, la struttura delle frasi e la resa dei giochi di parole, tali scelte creative arricchiscono il testo tradotto, mantenendo l'essenza e il tono dell'opera originale, ciò contribuisce a creare un'esperienza di lettura più autentica e piacevole per il lettore. Il valore metalinguistico infatti si riferisce alla capacità del traduttore di trasmettere al lettore le sfumature linguistiche e culturali presenti nell'opera originale che può avvenire attraverso l'inserimento di note a piè di pagina, spiegazioni o paratesti che aiutano il lettore a comprendere il contesto e l'intento dell'autore. Il valore metalinguistico arricchisce l'esperienza di lettura, consentendo al lettore di apprezzare appieno la profondità e la complessità dell'opera.
In definitiva, la traduzione creativa e il valore metalinguistico valorizza l'esperienza di lettura, offrendo al lettore una versione fedele e coinvolgente dell'opera originale. Queste relazioni sono fondamentali perché permettono al lettore di immergersi profondamente nell'opera, apprezzandone la bellezza e la profondità.
2.2. Calvino e la rivoluzione delle teorie della traduzione
Calvino era molto interessato alle teorie sulla traduzione che stavano emergendo negli anni sessanta. In quel periodo, la traduzione stava diventando una disciplina studiabile e non solo un'abilità artigianale, Calvino era particolarmente attento al lavoro di Mounin, che aveva un approccio innovativo al problema della traduzione. Mounin rappresentava quell'epoca entusiasmante in cui la linguistica, l'antropologia culturale, l'etnografia e la critica letteraria si univano in modo organizzato e sistematico. Questo nuovo approccio ha permesso di esplorare in modo più approfondito i processi di traduzione e di comprendere meglio come mantenere la coerenza con l'originale senza rinunciare alla flessibilità. Quindi, Calvino era interessato a queste nuove prospettive sulla traduzione e ha cercato di applicarle nel suo lavoro, mantenendo sia la coerenza con l'opera originale che la flessibilità necessaria per rendere giustizia alla lingua di arrivo:
“Per tradurre un testo scritto in una lingua straniera, bisogna […] rispettare due condizioni, e non una soltanto; due condizioni necessarie, nessuna delle quali è sufficiente di per se stessa: conoscere una lingua, e conoscere la civiltà di cui parla questa lingua (e ciò significa la vita, la cultura, l’etnografia più completa del popolo di cui questa lingua è il mezzo d’espressione)”. (G. Mounin, 1965: 122)
In effetti, l'approccio di Calvino di attingere al patrimonio della memoria poetica italiana corrente per sostituire versi dell'eredità poetica francese crea un interessante legame tra le due culture linguistiche. Questo permette di mantenere una connessione con l'originale, pur adattandolo in modo creativo alla lingua di arrivo. È come se Calvino stesse creando un dialogo tra le diverse tradizioni poetiche, rendendo la traduzione un'opera d'arte in sé. È affascinante vedere come la sua scelta di assimilare completamente la citazione nel nuovo testo possa portare a risultati sorprendenti e innovativi “scegliendo qualche verso magari completamente differente” (I. Calvino, 1984: 267); in “altri casi, quando erano proprio quelle parole che contavano, ho tradotto pianamente, trascurando i precedenti e gli echi”. (I. Calvino, 1984: 267-268.)
Quelle osservazioni nella "Nota del traduttore" (la sezione che fa parte dell’opera letteraria di Italo Calvino riguardo alla sua traduzione) del 1984 mostrano che Calvino abbia dovuto agire in modo spontaneo, ricreando i passaggi con la sua personalità di narratore, una volta che avesse compreso e interpretato il loro significato. Gli esempi presentati dimostrano proprio la potente influenza dello stile di Calvino come narratore sulla sua traduzione.
Calvino, nel suo ruolo di traduttore, ha cercato di trasmettere una maggiore chiarezza visiva nelle sue traduzioni. Secondo lui, la vista è un organo fondamentale per il narratore, in quanto può fornire una maggiore forza e risoluzione nella narrazione. Questo significa che Calvino ha cercato di rendere le immagini più vivide e di mettere in evidenza gli aspetti visivi delle opere che stava traducendo, a voluto che i lettori potessero avere una chiara visione mentale di ciò che stava accadendo nella storia. Questo approccio riflette la sua convinzione che vedere sia un potente strumento per coinvolgere i lettori a creare un'esperienza di lettura più vivida, e lui dice:
“Insomma, quello cui io tengo, l’unica cosa che vorrei poter insegnare è un modo di guardare, cioè di essere in mezzo al mondo”. (I. Calvino, 2000: 35).
Questo significa, secondo lui, che essere immersi nel mondo e nella storia vuol dire osservare e conoscere gli aspetti visibili. Uno dei tratti distintivi dello stile calviniano è la sua capacità di esplorare e rappresentare l'ambiguità e la complessità delle relazioni tra l'individuo e l'epoca storica in cui vive. Attraverso la sua scrittura, Calvino ci invita a riflettere sul modo in cui percepiamo e comprendiamo il mondo che ci circonda. La sua abilità nel mescolare realtà e fantasia, unita alla sua sensibilità verso le sfumature del linguaggio, ci offre una prospettiva unica su come interpretare e dare significato alla nostra esperienza storica.
Ad esempio, scrivendo sul progetto della rivista Alì Babà, Calvino osserva con grande perspicacia e acutezza, cogliendo i dettagli più sottili e rivelando una profonda comprensione:
“la rappresentazione del reale attuale […] non vale in sé ma come scoperta di strutture/funzioni nell’esperienza contemporanea (nuovi luoghi magici, nuovi paradisi, nuovi inferni ecc., per esempio nella vita cittadina, o industriale, o nella guerra ecc., nuove situazioni rituali, iniziatiche, sacrificali ecc.). È per questa faccia dell’operazione ‘realistica ecc.’, che il ‘realismo, ecc.’ è letterariamente significante […], e che gli aspetti della vita contemporanea meritano di continuare a essere nuovamente visti e fatti vedere dallo scrittore, cioè interpretati sintomatologicamente, traumaticamente”. (I. Calvino, 2000: 1022).
Tale prospettiva mostra che il compito dello scrittore sia quello di interpretare e rivelare i vari aspetti della vita contemporanea attraverso una lente sintomatologica e traumatica. In altre parole, lo scrittore deve essere in grado di cogliere le strutture e le funzioni dell'esperienza contemporanea, scoprendo nuovi luoghi magici, paradisi, inferni e situazioni rituali o iniziatiche che possono emergere nella vita cittadina, industriale, durante la guerra e così via. È attraverso questa interpretazione "realistica" che il realismo letterario assume un significato profondo e permette agli scrittori di farci vedere la realtà contemporanea in modo nuovo e coinvolgente.
3. La parte operativa
Nella parte operativa utilizziamo lo stesso approccio comparativo sopra delineato, applicandolo a una selezione di passaggi in cui la traduzione mette alla prova la resa di oralità, variazione di registro e giochi verbali. L’attenzione è rivolta alle scelte che incidono sulla lettura: ritmo della frase, concretezza lessicale, formule e costruzioni ricorrenti, effetti comici e scarti di tono.
Iniziando l’analisi in parallelo, verifichiamo come Calvino giochi con le parole e le immagini nei primi tre paragrafi della prima pagina di "Fiori blu". È come se creasse un mondo linguistico tutto suo, pieno di creatività e riflessione metalinguistica:
3.1 Analisi e commento (passaggio 1)
Nel primo nucleo analitico, la traduzione evidenzia un lavoro di ristrutturazione che mira a preservare gli effetti pragmatici del testo: la comicità non dipende solo dal significato, ma dal modo in cui la lingua si offre al lettore. In questo senso, la traduzione diventa anche metalinguistica, perché rende percepibile la dimensione scelta‑costruzione.
Più che a una corrispondenza parola per parola, Calvino tende a perseguire una coerenza di registro e di ritmo: dove l’originale gioca sull’oralità o sulle formule, la traduzione cerca soluzioni italiane capaci di produrre un effetto analogo, anche quando ciò implica uno spostamento o una compensazione.
Nel secondo nucleo, l’attenzione si sposta sul rapporto tra storia e racconto: le scelte lessicali e sintattiche possono orientare l’interpretazione, rendendo la lingua non soltanto veicolo di contenuti ma strumento di costruzione di senso.
3.2. Analisi e commento (passaggio 2)
Quando il testo mette in scena la storia e la sua ciclicità, la traduzione può accentuare o attenuare determinate sfumature attraverso il lessico e la disposizione della frase. Anche qui il metalinguaggio agisce in forma implicita: la lingua “mostra” il proprio funzionamento, invitando il lettore a percepire il testo come costruzione.
In prospettiva, la riflessione metalinguistica si può osservare nelle scelte che fanno emergere registri diversi e nelle soluzioni che ricalibrano l’umorismo. Il risultato è un testo d’arrivo che conserva l’energia sperimentale di Queneau e, nello stesso tempo, lascia intravedere l’ideale linguistico di Calvino.
Calvino appare così come un traduttore‑scrittore capace di mettere in gioco le risorse dell’italiano, non per “normalizzare” l’originale, ma per ricrearne gli effetti in una lingua diversa, mantenendo viva la sorpresa e la polifonia del romanzo.
La scelta delle parole, la gestione della struttura e l’attenzione al ritmo contribuiscono a un’esperienza di lettura in cui il lettore è costantemente rimandato alla materia della lingua e alla sua capacità di produrre senso ed emozione.
In definitiva, il valore metalinguistico della traduzione creativa di Calvino nei “Fiori blu” offre una prospettiva sulla traduzione come pratica interpretativa: un lavoro sul linguaggio che invita a riflettere sulle sue potenzialità e ad apprezzare la densità della parola letteraria.
Conclusioni
La traduzione di Calvino di “I fiori blu” rappresenta un momento significativo della sua attività di traduttore e, più in generale, della sua riflessione sulla lingua. Il confronto con Queneau lo obbliga a misurarsi con un testo che fa dell’invenzione verbale, dell’oralità e degli scarti di registro un principio costruttivo.
Con questo contributo abbiamo messo in luce come, nella traduzione calviniana, il lavoro sulla lingua non si riduca a un trasferimento di contenuti: la scelta traduttiva diventa, spesso, una forma di metalinguaggio implicito, perché rende visibile la dimensione artigianale della costruzione testuale.
L’analisi suggerisce inoltre che la creatività traduttiva si manifesta soprattutto nei punti di maggiore densità stilistica, dove l’equivalenza non può essere soltanto formale. In tali casi, Calvino privilegia soluzioni funzionali e strategie di compensazione, salvaguardando tono, ritmo e umorismo.
La congenialità tra Queneau e Calvino può essere compresa, infine, come affinità di poetiche: entrambi concepiscono la lingua come spazio di sperimentazione e come dispositivo capace di produrre conoscenza. Da qui l’interesse di Calvino per una traduzione che non “addomestica” l’originale, ma ne accetta la sfida.
I risultati confermano le ipotesi avanzate: la traduzione dei “Fiori blu” mette in evidenza una coscienza della lingua orientata agli effetti e alle funzioni testuali, e mostra come la traduzione possa diventare un laboratorio di scrittura.
In conclusione, la traduzione creativa appare come una pratica in cui fedeltà e invenzione non si oppongono: la fedeltà si ridefinisce in termini di funzioni e di effetti, mentre l’invenzione lavora sulla materia linguistica per restituire al lettore un’esperienza comparabile a quella dell’originale.
Un possibile sviluppo della ricerca consiste nell’ampliare il corpus di esempi testuali e nel sistematizzare ulteriormente la griglia di fenomeni (fraseologia, giochi verbali, registri), al fine di descrivere con maggiore precisione le strategie di Calvino in rapporto alle principali teorie della traduzione del Novecento.
