Introduzione
All’indomani dell’Unità d’Italia, le regioni meridionali sono rimaste nelle stesse condizioni socio-economiche del periodo preunitario. Il Risorgimento non ha portato i cambiamenti aspettati alla società contadina che si trovava ancora chiusa nella secolare misera. La ʺQuestione meridionaleʺ fu così un fenomeno che venne discusso a livello politico, storico e culturale. Nel corso della storia del Meridionalismo, tanti storici e politici parteciparono al dibattito : da Francesco Saverio Nitti e Giustino Fortunato a Gaetano Salvemini e Luigi Sturzo fino a Benedetto Croce e Guido Dorso.
Dall’Unità in poi, nessun governo ha potuto migliorare la situazione del Mezzogiorno. Durante il ʺVentennio fascistaʺ il Sud fu la terra dove regnavano ancora i problemi ottocenteschi. Gli scrittori, come tutti gli intellettuali che contestarono il Regime, sentivano un certo dovere morale e civile nei confronti di tale questione. Infatti, la ʺletteratura meridionaleʺ venne arricchita grazie agli scrittori che, spinti dall’impegno, hanno fatto del cafone l’argomento centrale dei loro scritti.
Il presente articolo gira particolarmente attorno alla seguente problematica : Qual è il contributo degli scrittori impegnati nella ʺquestione meridionaleʺ nei tempi del Fascismo ? E come viene rappresentata la realtà contadina meridionale attraverso i loro scritti ?
Per rispondere a tale problematica, trattiamo principalmente gli scrittori antifascisti ed il loro impegno civile per il Mezzogiorno. Parliamo prima del contesto socio-culturale, ovvero il Fascismo e il suo rapporto con il mondo della cultura ; trattiamo poi la realtà storica del Sud attraverso la ʺquestione meridionaleʺ nonché la letteratura dedicata a tale realtà ; nella parte finale, raccontiamo alcuni grandi scrittori impegnati tramite esempi letterari mettendo in evidenza il pensiero di ogni autore riguardo il Sud e la reazione fascista.
1. Contesto storico-culturale
1.1. lI Fascismo : profilo storico
In Italia, la crisi socio-economica del primo dopo guerra aumenta l’opposizione ai socialisti. In un clima di diffidenza nella classe politica dirigente, le forze politiche si mettono alla ricerca di una via d’uscita. Con l’aiuto della borghesia e dei reduci di guerra, l’interventista Benito Mussolini ormai anti socialista approfitta della debolezza del governo Giolitti e crea nel 1919 a Milano i Fasci di Combattimento primo nucleo del partito fascista.
« Il fascismo si presenta sotto l’aspetto dell’offensiva del capitale contro la classe operaia, come un movimento rezionario che ha una base di massa […] ha trovato questa base in alcune frazioni della piccola e della media borghesia urbana e rurale e in elementi semiproletari che esso organizzò militarmente e politicamente per servirsene nell’offensiva scatenata contro gli operai, il proletariato agricolo e i contadini poveri nell’interesse degli industriali e dei grandi proprietari terrieri. » (Togliatti. 2004. : 41)
Nel periodo del Biennio rosso (1919-1920), e con la rivolta operaia e l’occupazione delle fabbriche, gli squadristi fascisti ricorrono alla violenza contro gli oppositori particolarmente socialisti e comunisti saccheggiando perfino sedi del movimento operaio. Infatti, il Fascismo nasce come reazione capitalistica del mondo borghese alla minaccia del Prelatariato. Molti aderiscono così al movimento fascista per paura del Comunismo.
Nel 1921, Mussolini fonda il Partito Nazionale Fascista (PNF). Nell’ottobre del 1922, migliaia di Fascisti provenienti da diverse regioni marciano su Roma per costringere il re Vittorio Emanuele III a nominare Mussolini capo del governo. Avendo paura del ʺpericolo rossoʺ, il Re finisce col cedere alla richiesta dei Fascisti. Con la ʺMarcia su Romaʺ, Mussolini finisce con l’impadronirsi del potere grazie all’appoggio della Monarchia, della borghesia e del Clero, e l’Italia entra nel cosiddetto ʺVentennio fascistaʺ. « La ‘‘marcia su Roma’ fu usata come arma di pressione e di ricatto sul governo e sul re per indurlo a cedere il potere al fascismo. » (Gentile. 2002. : 16)
Tuttavia, nelle prime elezioni parlamentari, i Fascisti non ottengono buoni risultati. All’inizio, le forze politiche in particolare non vedono nel movimento fascista un vero pericolo, e la gente non conosce con chiarezza i futuri progetti di Mussolini che non gode ancora di un grande consenso popolare :
« I partiti antifascisti, i politici liberali, l’opinione pubblica, le istituzioni e le forze economiche sottovalutavano ancora la forza del fascismo e la sua volontà di conquistare il potere, considerandolo un movimento destinato a esaurirsi in breve tempo. » (Gentile. 2002. : 15)
Nei primi anni che seguono la ʺMarcia su Romaʺ, i Fascisti condividono il parlamento con altre forze politiche : Socialisti, Comunisti, Repubblicani e Cattolici. Nel 1924 però, il deputato socialista Giacomo Matteotti viene rapito, torturato e ucciso da squadristi fascisti per aver pronunciato un discorso di critica nei confronti del Fascismo. Il delitto Matteotti è l’inizio di una serie di omicidi che toccano gli oppositori del Regime. Il Duce inizia subito il suo progetto di fascistizzazione dell’Italia su tutti i livelli : tra il 1925e il 1926, tramite le cosidette ʺleggi fascistissimeʺ, il Duce riesce a consolidare il potere fascista con l’eliminazione dell’opposizione politica, la soppressione della libertà di stampa, rientroduzione della pena di morte e l’istituzione del Tribunale speciale contro gli avversari del Regime :
« Il Tribunale speciale durò 16 anni e cinque mesi. La sua ultima sentenza fu pronunciata il 22 luglio del 1943. In quel periodo esso irrogò 27. 735 anni di carcere a 4. 596 imputati, e pronunciò 42 condanne a morte, 31 delle quali furono eseguite. » (Montanelli, Cervi. 2006a. : 223)
Nel 1929, Mussolini e il cardinale Gasparri firmano i ʺPatti Pateranensiʺ che stabiliscono nuovi rapporti tra il governo fascista e la Chiesa cattolica. Gli anni Trenta sono ricchi di avvenimenti interni ma anche esterni : nel 1935 l’Italia fascista invade l’Etiopia ; nel 1936 il Duce proclama l’Impero ; interviene tra il 1936e il 1939 nella guerra civile spagnola a fianco dei Franchisti arrivando a firmare nel 1939 il ʺPatto d’Aciaioʺ con la Germania hitleriana. La partecipazione fascista al Secondo conflitto mondiale è catastrofica per le sconfitte militari subite soprattutto in Grecia e in Libia. Nel 1943, dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia, la caduta del Fascismo è rapida, Mussolini perde ufficialmente il potere toltogli dal Re.
« Le disfatte militari subite dall’Italia nel corso del conflitto, la perdita della Libia (23 gennaio 1943) e, infine, l’invasione della Sicilia da parte degli Alleati (10 luglio 1943) segnarono la fine del regime fascista. » (Gentile. 2002. : 32)
La breve parentesi della ʺRepubblica di Salòʺ non riesce a far resistere i Fascisti di fronte alla Resistenza partigiana. « Nel momento in cui il nazismo tenta di restaurare in Roma e in Italia il suo alleato fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in Comitato di Liberazione Nazionale per chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza. » (Montanelli, Cervi. 2006b. : 51) Nel 1945, il Duce è catturato e fucilato insieme ai famosi gerarchi fascisti. Con la vittoria dei Partigiani viene chiusa la parentesi di un regime politico che riesce ad avere forti ripercussioni anche sulla cultura del ʺVentennioʺ.
1.2. Il fascismo : controllo politico e culturale
Negli anni del Fascismo, la cultura italiana trascorre anni difficili. Con il consolidarsi del potere di Mussolini, la produzione culturale subisce interventi diretti da parte dei Fascisti che intervengono in tutti gli aspetti della vita culturale. Settori come la stampa, la radio, il teatro, il cinema e la letteratura sono sottoposti alla censura del Regime. La libertà di espressione viene limitata tramite il controllo dei diversi mezzi di comunicazione. Il regime di Mussolini riesce a creare una cultura fascista con l’aiuto di istituzioni culturali e di grandi intellettuali come Giovanni Gentile, Gioacchino Volpe… etc.
« Il regime ottenne l’adesione di ampi settori della cultura e dell’arte. Per il consolidamento del regime e l’ampliamento del consenso fu decisiva l’adesione di molti intellettuali infulenti. […] attraverso la realizzazione di iniziative come la grande impresa editoriale della Enciclopedia italiana, l’istituzione dell’Accademia d’Italia e l’Istituto di cultura fascista. » (Gentile. 2002 : 24)
Il Fascismo riesce così a controllare in gran parte la vita politica e culturale grazie ai mezzi di propaganda che hanno principalmente il compito di propagandare per conto del regime e combattere gli antifascisti. Nel 1922 viene creato il cosiddetto ʺUfficio stampaʺ che nel 1934 è sostituito dal ʺSottosegretario per la stampa e la propagandaʺ che a sua volta viene trasformato nel 1935 in ʺMinistero per la stampa e la propagandaʺ, quest’ultimo diventa nel 1937 ʺMinistero della cultura popolareʺ (Minculpop). Inoltre, il regime fascista crea l’ʺOrganizzazione per la vigilanza e la repressione dell’Antifascismoʺ (OVRA) :
« Circa settecento agenti speciali addetti all’OVRA si servivano delle segnalazioni di migliaia di informatori, reclutati in prevalenza tra portinai, camerieri, autisti di piazza, ma anche qua e là nei più vari ambienti, da quello universitario a quello letterario. » (Montanelli, Cervi. 2006a : 220)
Tramite la censura che cancella qualsiasi forma di critica nei confronti del Regime, il Fascismo orienta l’opinione pubblica italiana verso il consenso mantenendo così l’immagine di un forte regime nazionalista. La repressione fascista fa sì che molti antifascisti finiscono in esilio, altri vengono confinati mentre le loro produzioni sono proibite e sequestrate.
« Molti antifascisti fuggirono all’estero, dove riorganizzarono la lotta contro il nuovo regime, in collegamento con gruppi che continuarono a operare in Italia, cercando di mantenere viva una qualche attività clandestina di opposizione. » (Gentile. 2002 : 20)
I giornali d’opposizione vengono sequestrati, i giornalisti sono licenziati e molti di loro entrano nell’attività clandestina. Quelli che possono pubblicare sono ormai i giornalisti fascisti che ricevono le notizie dalla propaganda del Duce. « La stampa venne fascistizzata, i giornali di opposizione furono soppressi o cambiarono proprietà e si allienarono alle direttive fasciste. » (Gentile. 2002 : 20) Il controllo sul teatro inizia praticamente negli anni trenta. Per ordine della censura, le rappresentazioni teatrali di Roberto Bracco e di Sem Benelli vengono proibite ; intanto, i lavori teatrali sono spesso sottomessi a revisioni prima della rappresentazione.
Sin dall’inizio del periodo fascista, il Duce dimostra interessi particolari per la produzione editoriale. Infatti, le case editrici subiscono a loro volta il controllo statale, e gli scritti trascurati dalla censura vengono ritirati anche dopo la pubblicazione. Vengono così censurati i contenuti che potrebbero nuocere all’immagine Regime : libri che criticano il carattere nazional-borghese del PNF, libri che trattano argomenti legati al Marxismo e alla cultura ebraica eppure quelli che raccontano la realtà sociale della povera gente del Sud.
2. Questione Meridionale : origini e sviluppo
L’Italia fu, per molti secoli, una terra caratterizzata dalla diversità ma anche dalla divisione sin dall’invasione dei Longobardi. La Penisola sembrava divisa in due parti : un Settentrione che vide la nascita del sistema comunale e poi quello signorile che diedero un clima favorevole allo sviluppo ; e un Meridione di cui la terra fu calpestata da diversi popoli stranieri : dagli Arabi ai Normanni, dagli Svevi agli Angioini fino ai Borboni. Mentre nel Nord, la borghesia, il capitalismo e l’industria crearono un certo progresso ; nel Sud invece, la Monarchia borbonica non riuscì a far uscire l’agricoltura meridionale dalla sua primitività. Il latifondismo e il sistema feudale condannarono il Sud nella miseria.
Il Risorgimento nato con l’obiettivo di liberare e riunire tutte le regioni italiane sotto il regno dei Savoia fu culminato nel 1861 con l’Unità d’Italia. I Piemontesi riuscirono finalmente a mettere fine alla seculare divizione territoriale della Penisola. Con la ʺSpedizione dei milleʺ di Garibaldi nel Sud, gran parte della popolazione meridionale si schierò a suo fianco nei combattimenti contro i Borbonici. Infatti, i contadini si fecero garibaldini combattendo in nome dell’Unità, il loro schieramento a favore dei Savoia nacque dalla forte speranza di un miglioramento delle loro condizioni di vita.
Tuttavia, il nuovo Regno non ha portato nessun miglioramento al Sud dove i problemi socio-economici furono ben chiari. Le diversità (a più livelli) tra Nord e Sud esistevano già prima del Risorgimento, ma all’indomani dell’unificazione, il divario divenne più chiaro e più profondo. Le promesse garibaldine riguardo la terra non furono rispettate, e di conseguenza, le condizioni dei cafoni peggiorarono di più. Nel Sud, regnò l’analfabetismo, la disoccupazione e la povertà ; aumentarono le tasse, e così nacque il fenomeno del Brigantaggio e l’emigrazione verso Nord ma anche verso l’estero.
Tale situazione è chiamata storicamente ʺQuestione meridionaleʺ, espressione usata per la prima volta nel 1 873 dal deputato Antonio Billia. Giuseppe Massari, in quanto deputato, condusse una commissione d’inchiesta parlamentare sulle condizioni del Sud, dall’inchiesta risulta chiaramente la gravità della situazione. Il Massari riconosce :
« Nel Mezzogiorno lo sviluppo economico che si sperava non c’è stato… Risalta dappertutto l’assenza dei lavori pubblici, il mancato ammodernamento delle tecniche agricole, l’assenza di vie di comunicazione, la mancanza di scuole, la cui conseguenza è, ovviamente, una profonda ignoranza che è forse la piaga più grave del mondo contadino. » (Catapano. 2018 : 42)
Infatti, negli anni che seguirono l’Unità, nacque il Brigantaggio come risposta violenta da parte dei meridionali alla politica dello Stato. La reazione dei Savoia fu durissima, dopo l’approvazione della Legge Pica proposta dal deputato Giuseppe Pica nel 1863, la quale stabilì lo stato d’assedio nel Sud, l’esercito piemontese intervenne in modo sanguinario contro chiunque prendesse le armi contro il Governo. La popolazione fu considerata complice del Brigantaggio. Il Tribunale speciale giudicava i sospettati e molti di loro vennero fucilati. Tra quelli che si opponevano a tale legge si colloca il senatore Giuseppe Ferrari che rivela :
« Non potete negare che intere famiglie vengono arrestate senza il minimo pretesto ; che vi sono, in quelle province, degli uomini assolti dai giudici e che sono ancora in carcere. Si è introdotta una nuova legge in base alla quale ogni uomo preso con le armi in pugno viene fucilato. Questa si chiama guerra barbarica, guerra senza quartiere. Se la vostra coscienza non vi dice che state sguazzando nel sangue, non so più come esprimermi. » (Catapano. 2018 : 74)
Il Brigantaggio finì in pochi anni con migliaia di vittime (tra i Meridionali) ma la frattura tra le due parti della Penisola divenne più profonda. Il Mezzogiorno rimase così ancora povero e privo di infrastrutture ; la primitiva agricoltura non riusciva a soddisfare i bisogni elementari della gente. La disuguaglianza tra Nord e Sud toccava diversi settori : economico, sociale, culturale… ecc. I governi italiani (dai liberali ai socialisti) non riuscirono a rilanciare il Meridione. Il carattere agricolo del Sud fu contrapposto dall’indutrializzazione del Nord.
La ʺQuestione meridionaleʺ conosce in tutta la sua storia molti dibattiti fatti da politici, giornalisti, storici, intellettuali e letterati. Per molti di loro, le origini dello squilibrio risalgono agli anni dell’Unità anche se la miseria ci fu anche prima. Infatti, la povertà delle regioni meridionali è dovuta alle politiche sbagliate dei governi postunitari che non hanno affrontato i problemi del Sud con interesse ricorrendo spesso a metodi violenti o non adeguati.
Il Novecento non portava buone novità al Sud che giaceva ancora sotto i problemi ottocenteschi. Dopo la parentesi della Grande Guerra, l’Italia passò sotto il dominio fascista di cui la politica agraria non ebbe ripercussioni positive sul Sud. Piani come la ʺbattaglia del granoʺ, la ʺbonifica integraleʺ, la ʺsbracciantizzazioneʺ e i cosiddetti ʺConsorziʺ portarono qualche successo economico alle classi ricche a danno dei contadini meridionali.
Nelle province meridionali, il Fascismo creò, al posto del sindaco, la figura del Podestà che non veniva eletto ma nominato dalle autorità superiori. I podestà venivano posti a capo dei comuni svolgendo una funzione di controllo per conto del regime. Tuttavia, la ʺQuestione meridionaleʺ rimasta senza risoluzione divenne fonte d’ispirazione per molti intellettuali antifascisti che fecero del Mezzogiorno una tematica principale dei loro scritti.
2.1. La letteratura meridionale
Dall’Italia post-risorgimentale all’Italia fascista, la voce dolorosa del Sud si fa sentire grazie agli scritti di quel gruppo di letterati che per mezzo della letteratura essi parteciparono attivamente alla realtà sociale della parte più arrettrata della Penisola. Leonardo Sciascia riconosce il merito dei letterati meridionali nel far conoscere al mondo la vera situazione del Mezzogiorno, egli dice : « Sappiamo bene che c’era già una questione meridionale, ma sarebbe rimasta come una vaga ‘leggenda nera’ dello Stato italiano senza l’apporto degli scrittori meridionali. » (Catapano. 2018 : 64)
La ʺQuestione meridionaleʺ sin dalla sua nascita ha coinvolto non solo la classe politica ma anche e soprattutto intellettuali e scrittori. Le discussioni socio-storiche sul Meridionalismo sono ricercate in diversi scritti : dagli articoli ai saggi, dai diari ai racconti, dalle novelle ai romanzi. Gran parte della letteratura italiana è così dedicata al Meridione, è la cosiddetta ʺLetteratura meridionaleʺ.
A partire dalla metà dell’Ottocento, quasi tutti gli scrittori del Sud operavano intorno al Verismo che si occupava di raccontare la realtà sociale della povera gente delle province meridionali. I veristi, seguendo il pensiero positivistico, descrivono quasi scientificamente la vita dei poveri del Mezzogiorno.
L’esempio più noto del Verismo è senz’altro il catanese Giovanni Verga che presenta i suoi personaggi come ‘vinti’ perché falliscono nel tentativo di qualsiasi miglioramento. L’era versita del Verga comincia dalla novella Nedda pubblicata nel 1874, e narra la storia di una sfortunata ragazza, Nedda appunto, che vive in un villaggio catanese. Costretta a mantenere la mamma gravemente malata, ella fa la contadina insieme a un certo Jano. La madre poi muore e non le resta che l’amore del giovane che, in seguito ad un incidente di lavoro, muore anche lui lasciandole una bambina. La povera Nedda rimane sola dopo la morte della neonata, e non riesce ad uscire dalla miseria e raggiungere la felicità.
Nella novella Rosso Malpelo pubblicata nel 1 878 l’autore narra dello sfruttamento dei lavoratori siciliani. Il protagonista è un giovane con capelli rossi che lavora in una miniera dopo la morte del padre. Egli viene trattato male dai concittadini per il colore dei capelli che, all’epoca, sono considerati simbolo di cattiveria. Malpelo lavora in condizioni difficili e rischiose. Il difficile rapporto con gli altri lo porta a comportarsi in modo ostile e vendicativo. Alla fine, Rosso Malpelo che vive isolato ed emarginato dalla società muore nella cava dove ha già perso il padre ed altri lavoratori.
In una novella come Libertà pubblicata nel 1882, Verga ambienta la storia nei tempi della Spedizione di Garibaldi quando il desiderio del possesso della terra spinge i contadini meridionali a combattere a fianco dei ʺMilleʺ. Le rivolte contadine contro i proprietari si scatenano presto, ma vengono soffocate dalle truppe di Nino Bixio, braccio destro di Garibaldi. La vicenda si svolge nel paese di Bronte dove arriva il generale in camicia rossa e reprime la rivolta. Dopo la creazione di un tribunale speciale, alcuni contadini rivoltosi vengono fucilati, altri continuano a gridare ‘Viva la libertà’. Per il contadino siciliano la parola ‘libertà’ significa avere un pezzo di terra.
Tuttavia, il capolavoro vergiano è sicuramente I Malavoglia, un romanzo pubblicato nel 1881. La vicenda è ambientata ad Aci Trezza e narra la storia di una famiglia di pescatori siciliani che possiedono la barca Provvidenza e la casa del Nespolo. Lungo la trama, la famiglia di Padron ‘Ntoni’ subisce una serie di crisi e sconfitte. Dal naufragio della barca e la perdita dei Lupini comprati a credito alla morte del figlio Bastianazzo e la vendita della casa ; dalla fuga della figlia Lia alla morte in guerra (Battaglia di Lissa) del nipote Luca.
Nel 1894, Federico De Roberto pubblica I viceré in cui racconta dei nobili siciliani ovvero gli Uzeda che riescono a mantenere il proprio potere pure nel periodo post-unitario. Il drammaturgo e scrittore siciliano Luigi Pirandello pubblica poco prima della Grande Guerra I vecchi e i giovani, un romanzo ambientato verso la fine dell’Ottocento. L’autore fa una forte accusa contro la politica del governo nel Mezzogiorno dove la gente è delusa per il fallimento degli ideali risorgimentali. Caterina, uno dei personaggi della storia, si oppone così alla candidatura del figlio alle elezioni del Governo che, a suo parere, è causa della loro miseria. Con l’avvento del Fascismo, la ʺLetteratura meridionaleʺ viene fortemente influenzata dal clima politico-culturale che caratterizza il periodo fascista.
In Tre operai romanzo pubblicato nel 1934, Carlo Bernari (1909-1992) descrive le sofferenze degli operai meridionali nel periodo compreso tra 1910e 1920. L’opera chiarisce la crisi del Movimento operaio nell’Italia del Sud negli anni in cui nasce il Fascismo. Il fallimento del Proletariato è rappresentato dal dramma di due uomini e una donna che lavorano in una lavanderia e che non hanno la speranza di un miglioramento delle loro condizioni di vita.
2.2. Gli scrittori antifascisti e l’impegno per il Sud
Di fronte alla dittatura del Duce, ci sono intellettuali ed in particolare scrittori nella maggioranza meridionalisti che denunciano apertamente la politica fascista nel Sud. Essi prendono parte di una lotta contro l’ingiustizia e lo sfruttamento tramite la scrittura. Infatti, molti sono i letterati antifascisti che sentono un certo dovere morale e civile di impegnarsi in nome del Mezzogiorno.
La ʺletteratura d’opposizioneʺ è ricca di opere che raccontano l’agressività fascista. Molti sono i romanzi antifascisti che narrano diverse forme e casi di violenza. Le vittime sono molto spesso uomini impegnati nella lotta antifascista, operai e contadini.
Tutti gli scrittori che si schierano in tale direzione fanno della narrativa uno strumento di lotta, raccontando storie diverse ma tutte ambientate nei paesini agricoli del Sud. I fatti ed i personaggi raccontati hanno spesso un valore simbolico, e possiamo con molta evidenza avvertire la denuncia delle pratiche fasciste da parte degli autori. Gli intellettuali impegnati nella causa Meridionale si trovano così costretti a subire le diverse reazioni del regime.
In realtà, sotto ogni dittatura, gli intellettuali finiscono, come tutte le classi della società, con l’essere coinvolti nel clima politico creato dal regime di fronte al quale essi sono costretti a scegliere tra obbedire o ribellarsi È proprio ciò che è accaduto agli scrittori italiani che andarono contro il Regime e ne subirono le conseguenze. Per approfondire l’impegno civile nella causa Meridionale tramite la letteratura, cerchiamo di citare alcuni grandi scrittori antifascisti, di spirito meridionalista, trattando i loro scritti ed i loro atteggiamenti riguardo il Sud.
2.2.1. Ignazio Silone (1900-1978)
Pseudonimo di Secondo Tranquilli, è una delle figure politiche e letterarie che si oppongono al Fascismo sin dalla sua nascista. Egli nasce a Pescina dei Marsi in provincia dell’Aquila dove frequenta a lungo i contadini. In seguito al terremoto che colpisce la Marsica nel 1915 in cui Silone perde la madre e cinque fratelli, egli inizia, tramite scritti ed articoli, a denunciare l’ingiustizia e la corruzione del Governo, e le frodi degli ingegnieri incaricati della ricostruzione della città. La sfiducia dell’autore nel governo aumenta, per lui « Lo Stato è sempre ruberia, camorra, privilegio, e non può essere altro ». (Aliberti. 2004 : 15)
Con la salita di Mussolini al potere, Silone prende posizione antifascista tramite la militanza nel Partito Comunista Italiano (PCI) da cui esce nel 1928 a causa di problemi avvenuti con il partito dirigente sovietico. L’impegno politico dell’autore nel PCI provoca la persecuzione fascista, così Silone, dopo la prigionia e la morte del fratello, è costretto all’esilio in Svizzera dove inizia una un nuovo impegno letterario.
Durante l’esilio e fino alla caduta del Regime, Silone pubblica diversi scritti nella maggioranza romanzi che trattano principalmente la tematica meridionale con una traccia autobiografica. Tra tutte le sue opere pubblicate all’estero, va ricordata la trilogia che comprende Fontamara (1930), Vino e pane (1936) e Il seme sotto la neve (1941). Tutti e tre romanzi sono legati dallo stesso filo narrativo con qualche particolarità per ciascuna storia. I fatti descritti in tutta la trilogia girano attorno alle condizioni di miseria dei cafoni, l’ingiustizia fascista e la lotta contadina.
Per Silone, l’impegno non è un concetto obbligatorio come lo pensa lo scrittore francese Jean Paul Sartre, ma una ‘vocazione personale’ dell’autore che fa riferimento alle condizioni sociali della sua epoca.
« Personalmente – dice Silone- io mi sono sempre sentito impegnato… uno scrittore, come ogni altro cittadino, avrebbe il dovere morale di conoscere i problemi della propria epoca e di farsene un’opinione. Ma, ovviamente, non può essere costretto […] gli scrittori hanno non l’obbligo, ma il dovere morale di contribuire ad illuminare l’opinione pubblica sulle questioni da essi studiate e approfondite. » (Virdia. 1985 : 3.4)
La fama letteraria di Silone è dovuta particolarmente a Fontamara, un romanzo che racconta i fatti accaduti nel 1929 in un paesino della Marsica dove i poveri contadini vivono in condizioni durissime. Si tratta di una lotta di classi : da una parte, troviamo cafoni poveri ; dall’altra, ricchi e potenti padroni. Lo sfruttamento è mascherato dalle leggi fatte ovviamente dalle autorità fasciste che stanno sempre a fianco dei maggiorenti proprietari terrieri.
Silone descrive il paesino come ʺun antico e oscuro luogo di contadini poveriʺ. Per l’autore, Fontamara rappresenta tutti i villaggi del Sud. Tramite la storia dei Fontamaresi, egli fa riferimento ai contadini di tutto il mondo. La novità letteraria del Silone è l’uso del termine cafone nell’ambito letterario.
« Io so bene -spiega Silone- che il nome cafone, nel linguaggio corrente del mio paese, sia della montagna che della città, è ora termine di offesa e dileggio ; ma io l’adopero in questo libro nella certezza che quando nel mio paese il dolore non sarà più vergogna, esso diventerà nome di rispetto, e forse anche di onore. » (Silone. 2010 : 5)
I Fontamaresi che tentano di ribellarsi contro le prepotenze vengono raggirati dall’avvocato don Circostanza e dal nuovo podestà l’Impresario. Il corso d’acqua che irrigava i piccoli campi dei contadini viene così deviato verso le terre del podestà. Nel corso del racconto, per la mancata istruzione, essi cadono in una serie di inganni e soprusi, e sono perfino presi in giro dai cittadini.
La lotta contro l’ingiustizia è rappresentata da Berardo Viola, un cafone poverissimo ma forte e coraggioso. Egli va a Roma in cerca di lavoro ma viene sospettato ed arrestato dai Fascisti ; si autoaccusa di antifascismo per salvare il vero antifascista il Solito Sconosciuto. Berardo muore per le torture ma diventa simbolo di lotta contadina contro l’ingiustizia. Il suo sacrificio porta al risveglio dei cafoni Fontamaresi.
Oltre ad argomenti come lo sfruttamento e l’inganno, nell’opera sono raccontati diversi episodi di violenza fatta ai cafoni : dall’attacco fisico e armato allo stupro, dalla tortura all’uccisione. Per più volte, le Camicie nere attaccano violentemente il villaggio dei Fontamaresi. Armati di moschetti e coltelli, i Fascisti aggrediscono i poveri cafoni che, oltre alla violenza fisica, vengono anche umiliati e maltrattati con insulti e prese in giro.
In uno dei capitoli del romanzo, Silone ci racconta un episodio che rappresenta chiaramente la violenza fascista contro la classe contadina. La scena si svolge quando Fontamara subisce un assalto improvviso da parte delle Camicie nere che, approfittando del fatto che gli uomini si trovano nei campi, arrivono in tanti ad aggredire donne, vecchi e bambini.
Infatti, dopo il ritorno degli uomini dal lavoro, il capo della milizia fascista sottomette i cafoni ad un certo interrogatorio. I contadini interrogati vengono offesi e schiaffeggiati in presenza di tutti. Durante lo stesso attacco, i Fascisti arrivono perfino a stuprare la povera Maria Grazia. Una delle donne racconta :
« Maria Grazia, sotto di noi, urlava come un animale che sta per essere sgozzato. Attraverso la porta spalancata vedemmo confusamente la zuffa canesca di cinque uomini contro la poveraccia donna : varie volte essa riuscì a divincolarsi e una volta arrivò fino alla porta, ma fu ritratta a tempo, e afferrata per le gambe e le spalle, fu gettata per terra e, immobilizzata, spogliata di tutto quello che aveva indosso e tenuta da quattro uomini con le braccia aperte e le gambe divaricate, in modo che il quinto poté insozzarla… Quando il primo ebbe usato di lei, il suo posto fu preso da un altro e ricominciò il martirio. » (Silone. 2010 : 95)
Un altro caso di violenza si verifica nel carcere fascista dove Berardo Viola viene torturato poi ucciso. In carcere Berardo subisce violenze fisiche durante gli interrogatori. Tramite la tortura, i Fascisti cercano di avere informazioni riguardo la stampa clandestina antifascista. Nel romanzo si legge :
« Berardo si difendeva. Berardo non poteva ricevere un colpo senza renderlo. Per legargli le mani e i piedi ci volevano otto o nove poliziotti. Quella sera egli aveva finito di essersi rassegnato a lasciarsi torturare senza reagire, ma, mentre un agente gli stava legando una corda attorno ai ginocchi, gli cadde sopra e con i denti l’afferrò alla nuca, tenendolo così fortemente, che gli altri poliziotti dovettero dargli delle martellate alle mascelle per fargli lasciar la presa. E alla fine lo condussero in cella, tirandolo per le gambe e le spalle, come Cristo quando fu deposto dalla Croce. » (Silone. 2010 : 155. 156)
L’ultima scena di violenza fatta contro il villaggio è descritta nel capitolo finale. Dopo la morte in carcere dell’eroe Berardo Viola e la creazione di un giornale clandestino ʺChe fare ?ʺ i Fascisti attaccano nuovamente Fontamara sparando contro gli abitanti, alcuni cafoni sono uccisi, altri riescono a scappare. Alla fine, i cafoni non riescono ad affrontare gli sfruttatori recuperando l’acqua rubata ma prendono almeno coscienza di come lottare per i loro diritti.
L’antifascismo dell’autore attraverso la ʺLetteratura d’opposizioneʺ fa sì che i suoi libri non vengono pubblicati in Italia per opera della censura del Regime. Infatti, Silone subisce l’azione censoria sui scritti e perfino la persecuzione in esilio a causa non solo delle sue posizioni politiche antifasciste ma anche e soprattutto per il suo l’impegno nella la difesa dei cafoni, lo schieramento a fianco dei poveri e la denuncia delle violenze fasciste. L’impegnato Silone viene così apprezzato da molti scrittori e critici come Luce D’Eramo e Goffredo Bellonci. Interi brani della sua narrativa vengono inseriti in diverse antologie straniere soprattutto americane. (Annoni. 1974 : 134)
2.2.2. Antonio Gramsci (1891-1937)
È un intellettuale, politico e scrittore italiano di spirito marxista, aderisce al Partito Socialista Italiano poi al Partito Comunista d’Italia e ne diventa segretario. Deputato comunista dal 1922 al 1926, viene arrestato e condannato dal Tribunale fascista a vent’anni di carcere a Turi dove scrive i Quaderni del carcere. Muore poco dopo la sua liberazione dalla prigionia da cui esce gravemente malato per le violenze subite.
Il meridionalista Antonio Gramsci, autore del volume Alcuni temi della questione meridionale, accusa apertamente lo stato liberale di aver adottato metodi violenti nei confronti del Meridione. Infatti, la popolazione del Sud è vittima non solo della miseria ma anche delle azioni criminali commesse dal governo Sabaudo. Gramsci osserva : « Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo, vivi i contadini infamati col marchio di briganti. » (Catapano. 2018 : 17)
Riguardo la struttura sociale del Sud, Gramsci analizza le classi meridionali in rapporto al ruolo degli intellettuali ai quali appartiene anche il clero. Egli vede così nel prete meridionale la corruzione e la sottomissione al potere politico in quanto si comporta da amministratore statale. Infatti, nel Sud i dominanti sono i grandi proprietari di terre, i poveri sono i contadini, e quelli che fanno l’intermediario tra di loro sono gli intellettuali.
« Il Mezzogiorno -dice Gramsci- può essere definito una grande disgregazione sociale ; i contadini che costituiscono la maggioranza della sua popolazione, non hanno alcuna coesione tra loro. La società meridionale è un grande blocco agrario costituito di tre strati sociali : la grande massa contadina amorfa e disgregata, gli intellettuali della piccola e della media borghesia rurale, i grandi proprietari terrieri e i grandi intellettuali. » (Borzomati. 1996 : 140)
Gramsci richiama ad una rivoluzione proletaria attraverso un’alleanza tra gli operai del Nord e i contadini del Sud. A suo parere, l’Italia meridionale è danneggiata e sfruttata per opera della borghesia del Nord. Per questo, gli operai settentrionali dovrebbero riprendere il controllo sull’industria e sulle banche per aiutare i contadini meridionali nella lotta contro l’oppressione e lo sfruttamento. Tan’è vero che essi sempre più uniti e solidari hanno interessi comuni a livello socio-economico.
2.2.3. Francesco Jovine (1902-1950)
È un altro autore antifascista che vede uno stretto legame tra letteratura e società, e la società dalla quale è ispirata la sua letteratura è proprio quella contadina. Egli prende subito posizione contro il Regime, e va ad insegnare all’estero, a Tunisi poi al Cairo. Rientra poco prima della seconda guerra e partecipa alla Resistenza.
Nel capolavoro Le terre del Sacramento, Jovine descrive la lotta dei contadini molisani allo scopo di possedere un pezzo di terra che potrebbero coltivare. Jovine ci racconta delle terre che furono a lungo abbandonate poi diventate proprietà in mano dell’avvocato Enrico Cannavale che incarna la figura del Signore del Sud. La nobile Laura riuscendo a farsi sposare da Enrico progetta il possesso di quelle terre che vanno bonificate prima di essere vendute. Per convincere i contadini della bonifica, la donna ricorre al giovane studente Luca Marano che gode del rispetto dei cafoni.
Su richiesta di Laura Cannavale, Luca convince i contadini a lavorare le terrre. Essi sono promessi che un giorno saranno pagati e che avranno pure una parte di quei campi. Tuttavia, Luca e i cafoni capiscono alla fine di essere ingannati. Appena si ribellano, vengono attaccati dai Fascisti che uccidono alcuni di loro tra cui lo stesso Luca, altri vengono arrestati, e con le mani incatenate sono condotti in prigione.
In questo romanzo Francesco Jovine racconta alcuni casi di violenza fascista fatta ai poveri cafoni molisani. Nell’opera che gira principalmente attorno alla lotta tra contadini e galantuomini, lo scontro con i Fascisti è sempre frequente. Infatti, i contadini vengono spesso arrestati, convocati o condotti con le manette. Inoltre, essi subiscono violenze fisiche e minacce da parte dei carabinieri armati che ogni tanto si fanno vedere nel paese o nei campi. « … uno racconta che erano arrivati a Calena rinforzi di carabinieri ; c’erano due camion di fascisti alla stazione di Pesco che si avviavano verso Morutri. » (Jovine. 2012 : 253)
Nelle terre conquistate da parte del prepotente galantuomo si svolge l’ultima scena di violenza quando i carabinieri e i Fascisti intervengono violentemente contro gli umili cafoni che, guidati dal giovane Luca Marano, si scontrano con i Fascisti e si difendono anche con attrezzi agricoli e pietre.
« Quando raggiunsero Cecanibbio videro, a un centinaio di passi, gruppetti di sparsi di fascisti e di donne e di contadini che si azzuffavano. Le donne indietreggiavano lentamente difendendosi, come iene, a colpi di zappa. Un gruppo di uomini, a destra, e un altro a sinistra, si erano appiattati dietro una trincea di pietre scavate nell’estate e facevano piovere una gragnuola di sassi sugli assalitori. » (Jovine. 2012 : 255)
La rivendicazione dei cafoni molisani riguardo la terra finisce quindi in un dramma comune. I Fascisti usando le armi da fuoco sparano contro i rivoltosi. La dura repressione fascista provoca la morte di Luca Marano e alcuni cafoni che sono rimasti uccisi sui campi sognati, altri vengono arrestati : « Arrivarono i carabinieri e i soldati. Incatenarono tutti gli uomini che venivano con le mani nude… Davanti alla maceria c’era la pozza del loro sangue che la terra fradicia non riusciva a bere. » (Jovine. 2012 : 256)
2.2.4. Carlo Levi (1902-1975)
È un pittore, giornalista, saggista, scrittore e medico torinese. Pur essendo autore non meridionale, egli tratta la tematica contadina nei suoi scritti. Levi si schiera subito contro il Fascismo, aderisce al movimento antifascista Giustizia e Libertà fondato a Parigi dai fratelli Rosselli, ma viene arrestato nel 1935e condannato al confino in Lucania prima a Grassano poi ad Aliano per le sue posizioni antifasciste. Appena rimesso in libertà, Levi si rifiugia in Francia poi torna a partecipare alla Resistenza partigiana mettendosi nel frattempo a scrivere il romanzo autobiografico Cristo si è fermato a Eboli pubblicato nel 1945.
Questo capolavoro è ambientato ad Aliano (Gagliano secondo la pronuncia locale) un paesino situato in Lucania dove l’autore è confinato. Egli descrive le dure condizioni di vita dei contadini lucanesi e la loro disperazione, essi non possono neanche sognare nessun miglioramento della loro vita. Nel paesino ci sono Signori che formano la piccola borghesia e i contadini che sono vittime non solo dei soprusi statali ma anche dello sfruttamento dei prepotenti. L’autore spiega la responsabilità dell’autorità fascista nell’aggravamento della sofferenza contadina :
« Nessuno dei contadini, per la ragione opposta, era iscritto, come del resto non sarebbero stati iscritti a nessun altro partito politico che potesse per avventura esistere. Non erano fascisti, come non sarebbero stati liberali o socialisti o che so io, perché queste faccende non li riguardavano, appartenevano a un altro mondo, e non avevano senso. Che cosa avevano essi a che fare con il governo, con il Potere, con lo Stato ? Lo Stato, qualunque sia, sono « quelli di Roma », e quelli di Roma, si sa, non vogliono che noi si viva da cristiani. C’è la grandine, le frane, la siccità, la malaria, e c’è lo Stato. Sono dei mali inevitabili, ci sono sempre stati e ci saranno sempre. Ci fanno ammazzare le capre, ci portano via i mobili di casa, e adesso ci manderanno a fare la guerra. Pazienza ! Per il contadino lo Stato è più lontano del cielo, e più maligno, perché sta sempre dall’altra parte… » (Coletti. 1977 : 125)
Infatti, Levi prova un forte sentimento di pietà e di compassione nei confronti dei sofferenti ed infelici contadini che egli aiuta contro le malattie visto che essi sono privi di un moderno servizio medicale. La miseria spinge molti di loro ad emigrare. Essi sono costretti perfino ad ammazzare le capre perché una legge statale impone una tassa su chi le alleva. Egli è stupito dal fatto che il Governo rifiuta di aiutare i poveri contro la malaria. Infatti, Levi confronta i Gaglianesi che respingono l’autorità statale con i popoli primitivi della Penisola i quali rifiutarono Enea (figura mitologica Greco-romana).
2.2.5. Corrado Alvaro (1895-1956)
È un giornalista, saggista e romanziere antifascista, nato a San Luca in Calabria. Dopo aver collaborato con diversi giornali come il Corriere della Sera e il Resto del Carlino, Alvaro è fra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti. Una buona parte della letteratura alvariana è dedicata al mondo contadino calabrese raccontato con realismo pessimistico non solo per le condizioni di vita ma anche per tradizioni e costumi. Infatti, essendo strettamente legato all’ambiente calabrese, Alvaro ambienta i suoi racconti nella sua terra d’origine dove pastori e cafoni vivono nella misera e nell’ingiustizia fascista. Essi sono costretti perfino a camminare per ore allo scopo di portare l’acqua. Nel suo capolavoro Gente in Aspromonte l’autore descrive le difficoltà della vita dei pastori :
« Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d’inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque. I pastori stanno nelle case costruite di frasche e di fango, e dormono con gli animali. Vanno in giro coi lunghi cappucci attaccati ad una mantelletta triangolare che protegge le spalle, come si vede talvolta raffigurato qualche dio greco pellegrino e invernale. I torrenti hanno una voce assordante. » (Alvaro 1995 : incipit)
In questa opera pubblicata nel 1930, l’autore tramite un occhio autobiografico, racconta la vita dei pastori descrivendo la povertà della campagna calabrese in contrapposizione alla modernità delle città. Nel primo racconto dell’opera, Alvaro narra di una famiglia di pastori che va in rovina economica in seguito alla perdita del bestiame che il padre Argirò sorveglia per conto di un signore. Nonostante tanti tentativi, il padre non riesce a superare le difficoltà che gravitano intorno alla famiglia.
Conclusioni
Nel periodo interbellico, il Fascismo in quanto regime dittatoriale, totalitario e autoritario, ha marcato la storia italiana non solo per l’aspetto politico-sociale ma per aver esercitato una forte influenza anche sulla produzione culturale. La letteratura non poteva così non essere condizionata dal controllo del Fascismo che operava contro ogni voce contraria. Molte sono le opere letterarie che vennero colpite dalla censura del Regime.
Infatti, tra gli argomenti proibiti di cui non si poteva parlare o scrivere ci sono quelle tematiche legate alle questioni sociali, particolarmente i problemi del Mezzogiorno. Mussolini si serviva di grandi ed efficaci strumenti di propaganda per portare sotto controllo diversi settori della vita pubblica. I Fascisti erano ben consapevoli della necessità del controllo culturale nel progetto di fascistizzazione. « Il fascismo creò un’efficace macchina propagandistica, utilizzando la stampa, la radio e il cinema, per la valorizzazione spettacolare dei successi del regime. » (Gentile. 2002 : 23)
Tra gli intellettuali antifascisti ci sono autori che, per mezzo della scrittura, si sono impegnati in nome di quella classe contadina emarginata in tutta la sua storia. Grandi letterati come Ignazio Silone, Antonio Gramsci, Corrado Alvaro, Francesco Jovine e Carlo Levi si sono occupati di raccontare storie contadine ambientate durante il ʺVentennioʺ. Essi hanno scelto per convinzione di mettersi a fianco dei poveri cafoni denunciando l’ingiustizia, la violenza delle autorità fasciste e lo sfruttamento dei ricchi proprietari terrieri.
Gli scrittori imegnati hanno così dimostrato una forte resistenza contro ogni forma di ingiustizia rischiando perfino la propria vita. A causa del loro impegno, oltre alla proibizione dei loro scritti per opera della censura, hanno patito la fuga, il carcere, l’esilio e il confino nonché persecuzioni e maltrattamenti. Il loro ruolo sta nel far conoscere al mondo la vera realtà delle province meridionali. Le loro opere sono delle testimonianze letterarie che servono da fonti storiche per gli studi sul Mezzogiorno.