L’incontro con l’Altro tartarico : prima, durante e dopo nell’opera Il Milione di Marco Polo

اللقاء مع الطرطر : قبل، أثناء و بعد في كتاب « المليون » لمركو بولو

La rencontre avec l'Autre Tartare : avant, pendant et après dans Le Million de Marco Polo

The meeting with the Tartaric Other : before, during and after in Marco Polo’s Il Milione

Smaili Amar

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Référence électronique

Smaili Amar, « L’incontro con l’Altro tartarico : prima, durante e dopo nell’opera Il Milione di Marco Polo », Aleph [En ligne], 9 (2) | 2022, mis en ligne le 12 mai 2022, consulté le 31 octobre 2024. URL : https://aleph.edinum.org/5983

Prima che il veneziano Marco Polo intraprendesse il suo viaggio, ascoltò diverse storie sui Tartari che l’hanno portato ad avere uno sguardo disforico (negativo) e uno euforico (positivo) dato che erano sconosciuti in Occidente fino all’anno 1221, in cui invasero l’Europa. L’occasione di viaggiare si presenta con suo padre Niccolò e suo zio Matteo – che c’erano stati prima di lui – verso l’Impero dei Tartari che era sotto la guida dell’imperatore Kubilai Khan. Questa sua esperienza durò circa 17 anni, e questo periodo gli permise di conoscere il mondo mongolico nei diversi piani.
Con il presente articolo accompagnamo Marco Polo nel suo viaggio verso l’Impero mongolico, focalizzandoci sul suo incontro con l’Altro tartarico prima (i pregiudizi su di loro), durante (il vissuto nel loro impero) e dopo (le conclusioni su di loro), cercando di vedere se i pregiudizi di Marco Polo sono mutati dopo aver vissuto presso l’Impero mongolico, oppure se sono rimasti gli stessi.

Before the Venetian Marco Polo embarked on his journey, he listened to several stories about the Tartars that led him to have a dysphoric (negative) and euphoric (positive) gaze since they were unknown in the West until the year 1221, in which they invaded Europe. The opportunity of traveling presents itself with his father Niccolò and his uncle Matteo - who had been there before him - to the Empire of the Tartars which was under the rule of the emperor Kubilai Khan. This experience lasted about 17 years, and this period allowed him to get to know the Mongolian world on different aspects.
With this article we accompany Marco Polo on his journey to the Mongolian Empire, focusing on his encounter with the Other Tartaric before (the prejudices about them), during (the lived in their empire) and after (the conclusions about them ), trying to see if Marco Polo’s prejudices changed after living in the Mongolian Empire, or if they remained the same.

قبل السفر إلى بلاد الطرطر، سمع ماركو بولو قصص عنهم التي زرعت في نفسه بعض الأحكام السلبية و لكن أيضا الإيجابية و ذلك لعدم معرفة الغرب لهذا الشعب الي غاية 1221، العام الذي غزو فيهاالغرب.
اتحيت الفرصة للرحالة ماركو بولو للسفر مع أبيه نيكولو و عمه ماتيو للسفر إلى بلاد الطرطر اللذين كان عند الإمبراطور قوبلاي خان. المدة التي قضاها ماركو بولو هي 17 سنة و التي سمحت له بالتعرف على هذا العالم الغير المعروف في مستوى المجالات.
نرافق في مقالنا هذا ماركو بولو إلى بلاد الطرطر لمعرفة كيف كان لقاءه معهم قبل الرحلة(الأحكام المسبقة)، أثناء(الفترة التي قضاها بينهم) و بعد، أي الأحكام المستنتجة بعد هذه الفترة.
سنحاول معرفة إذا كانت الأحكام المسبقة لماركو بولو قد تغيرت بعد الفترة التي قضاها بينهم أو بقيت كما كانت؟

Avant que le Vénitien Marco Polo n'entreprenne son voyage, il a entendu plusieurs histoires sur les Tartares qui l'ont amené à avoir une vision dysphorique (négative) et euphorique (positive) car ils étaient inconnus en Occident jusqu'en 1221, année où ils ont envahi l'Europe. L'occasion lui est donnée de voyager avec son père Niccolò et son oncle Matteo - qui l'avait précédé - dans l'empire tatar qui était dirigé par l'empereur Kubilai Khan. Cette expérience a duré environ 17 ans, et cette période lui a permis d'apprendre à connaître le monde mongol à différents niveaux.

Introduzione

La letteratura di viaggio viene considerata come una produzione letteraria riguardante le esperienze vissute dai viaggiatori, come nel caso di Marco Polo con Il Milione e di Ibn Battuta con la Rihla, oppure immaginarie, come nel caso della Divina Commedia di Dante Alighieri. Il primo carattere della letteratura di viaggio è quello di varcare una frontiera ; cioè : « la letteratura di viaggio è per sua natura abituata a valicare i confini. Anzi, è proprio questo il suo primo carattere : attraversare la frontiera per vedere cosa c’è oltre ». (Nucera, 2002, p. 128), e andare al di là del conosciuto.

Si potrebbe dunque affermare che « la letteratura di viaggio è una letteratura internazionale » (Nucera, 2002, p. 128), dato che il viaggiatore si sposta da un luogo ad un altro per chiarire le idee sui diversi popoli.

La narrativa di viaggio ha conosciuto inoltre un notevole sviluppo durante il Medioevo, grazie al pellegrinaggio che « costiuisce un atto importante della vita religiosa in tutti monoteismi (pensiamo al ruolo fondamentale occupato ad esempio dal pellegrinaggio alla Mecca per l’islamismo) ; ma anche in molte religioni politeistiche dell’antichità : la sua pratica era diffusa in Egitto ; nella Grecia classica ; lo si trovava poi nelle civiltà americane precolombiane, fortissimamente nell’induismo, e persino in quella specie di religione senza divinità che è il buddismo » (Ciocca, 2006, p. 98), perciò troviamo che i cristiani si spostano verso i luoghi santi come il Sepolcro di Giacomo, mentre i musulmani viaggiano verso la Mecca e la Medina. Oltre ai pellegrini, ci sono i missionari, inviati dalla Chiesa o dai Re per stabilire dei rapporti, soprattutto, con l’Impero mongolico, come nel caso di Giovanni da Pian del Carpine e Guglielmo di Rubruck o da Rubruck.

Oltre al motivo religioso, anche quello commerciale (che ha giocato un ruolo fondamentale per la letteratura odeporica), ha spinto i mercanti a spostarsi verso le diverse città.

Inoltre, alcune città erano divenute veri e propri centri di commercio, come Venezia che era considerata come un punto d’incontro e di scambio fra i mercanti occidentali e quelli orientali, dal momento che « Venezia, indipendente da secoli, da secoli fungeva da intermediario tra gli Stati Orientali e quelli Occidentali » (Blunck, 1982, p. 5). Il commercio di quel periodo era in mano alle grandi famiglie, come quella dei Polo che esercitava questo mestiere dalla notte dei tempi. Questa famiglia diede i natali al grande viaggiatore Marco Polo1 che percorrerà l’itinerario verso l’Impero dei Tartari con suo padre Niccolò e suo zio paterno Matteo.

I Polo viaggiarono verso l’Impero mongolico che in quel periodo stava vivendo la Pax mongolica2, un trattato che permetteva ai viaggiatori di esercitare il loro commercio e di spostarsi liberamente all’interno dell’impero.

Al suo ritorno a Venezia, Marco Polo venne incarcerato a causa del conflitto tra la Repubblica di Pisa e quella di Genova, e condivise la prigionia con Rustichello da Pisa – scrittore italiano divenuto famoso grazie alla stesura del racconto di viaggio di Marco Polo – al quale dettò l’esperienza vissuta durante il soggiorno presso l’Impero dei Tartari, perché « il viaggio, in quanto esperienza dell’ “altro”, del diverso, può essere conosciuto solo attraverso la sua “presentazione letteraria » (Fasano, 1999, p. 14).

Tuttavia, il suo racconto venne scritto in lingua d’oïl (francese). Il titolo originario dell’opera fu Le divesement dou monde, o Le livre des merveilles, e successivamente in italiano viene chiamata Il Milione probabilmente perché Marco Polo paralava spesso dei milioni che l’imperatore dei Tartari Kubilai Khan possedeva. Marco Polo mise in scritto la sua esperienza, il suo incontro con l’Altro, e precisamente l’Altro tartarico, popolo presso il quale ha soggiornato per diciassette anni.

La tematica dell’Altro è stata trattata da diversi teorici, tra cui Emmanuel Lévinas, uno dei filosofi dialogici che hanno focalizzato il loro pensiero sulla filosofia dell’incontro tra l’Io e l’Altro e che ritiene che quest’incontro sia significativo, dato che porta qualcosa di positivo e di autentico per l’uomo che si rispecchia nell’altro (Lévinas, 2002, pp. 63-68).

Inoltre, nel suo libro Totalità e infinito, Emmanuel Lévinas sostiene che l’Altro è problematico, strano, complicato, dato che è diverso dall’Io.

Ci focalizzeremo qui sull’incontro di Marco Polo con il non-cristiano e non europeo, cioè con il Tartaro, perché « è la nozione di diverso che ci fa prendere coscienza che “c’è qualcosa che non è il medesimo” e che ci dà “il potere di concepire l’altro” » (Segalen, 1978, p. 25).

Marco Polo incontra un Altro che è diverso da lui perciò l’Io si trova davanti a tre scelte : la prima, è il rifiuto dell’Altro con violenza ; la seconda, è far i limiti, nel senso di mettere una barriera davanti all’Altro ; infine la terza scelta è quella di stabilire un dialogo, cercare di capire e conoscere l’Altro, come espone il giornalista polacco Kapuściński : « Ogni volta che l’uomo si è incontrato con l’altro, ha sempre avuto davanti a sé tre possibilità di scelta : fargli guerra, isolarsi dietro a un muro o stabilire un dialogo » (Kapuściński, 2006, p. 67).

Dall’altra parte è da considerare che « prima ancora d’essere scoperto, l’altro è stato sognato o immaginato », (Kilani, 2004, p. 89) come ritiene Mondher Kilani.

Infatti, la prima scelta, cioè il rifiuto dell’Altro, è dovuta ai pregiudizi e agli stereotipi che il viaggiatore ha sull’Altro, che però potrebbero cambiare dopo il contatto, oppure essere confermati.

In questo articolo quindi si cercherà di evidenziare l’immagine data all’Altro prima dell’incontro, durante e dopo questa esperienza, e di verificare se i pregiudizi e gli stereotipi mutano. In altre parole si esaminerà come fu l’incontro con l’Altro tartarico prima, durante e dopo.

1. L’incontro con l’Altro : prima

Prima di viaggiare verso l’Impero dei Tartari, Marco Polo riteneva che l’Altro fosse diverso da lui per la cultura, la religione, il modo di pensare, dato che « l’Autre est d’abord quelqu’un qui n’est pas moi » (Charlier-Visuvalingam, 1996, p. 134).

Quindi, fin da piccolo aveva ovviamente incontrato un Altro diverso da lui.

Innanzitutto, il primo incontro con l’Altro fu quello con gli schiavi, dato che Marco Polo viveva a Venezia, città che era considerata come il centro del commercio, dove anche il commercio degli schiavi era particolarmente intenso, e questi venivano anche condotti nelle case per il lavoro.

Gli schiavi provenivano da diversi territori, e perciò avevano varietà di volti, di costumi e di lingue, ed erano concentrati soprattutto nella zona veneziana di Rialto. Quindi, il primo contatto di Marco Polo con l’Altro avvenne a Venezia grazie agli schiavi che venivano da diversi paesi, come sostiene Alvise Zorzi : « la vita del ragazzo possiamo immaginarla, come più di uno scrittore ha fatto nel quadro di una Venezia tutta tesa ai commerci ed alla navigazione, dove la presenza di schiavi di provenienze diverse portava anche nelle loro case private una nota di esotismo e dove la folla dei mercanti forestieri introduceva una grande varietà di volti, di costumi e di lingue, soprattutto nella zona di Rialto » (Zorzi, 1981, p. 14).

Oltre agli schiavi, si può aggiungere l’incontro con i mercanti e con le loro testimonianze di storie, di avventure ed di esperienze vissute, ovvero ascoltate da altri viaggiatori, dato che Venezia era considerata come una città di scambio tra l’Occidente e l’Oriente. Quindi, è probabile che Marco Polo avesse sentito delle storie dei paesi lontani da parte dei viaggiatori.

Inoltre era probabile che Marco Polo avesse ricevuto una certa formazione relativa alla conoscenza della scrittura, dei pesi e delle misure e forse conobbe anche quei testi di viaggio che erano correnti a Venezia in quel periodo, come afferma Alvise Zorzi « Quanto all’educazione, è probabile che a Marco, figlio e nipote di mercanti, l’insegnamento dell’abaco, dell’alfabeto dei pesi e delle misure non sia mancato ; probabilmente non gli mancarono nemmeno letture di racconti di viaggi favolosi o romanzeschi, allora diffusi a Venezia » (Zorzi, 1981, p. 14).

Oltre a ciò, l’immagine dei Tartari nell’Occidente – dopo 1221 – era euforica, cioè negativa per motivo delle loro invasioni sull’Occidente sotto la guida di Gengis Khan che aveva provocato distruzione e morte, come ritiene Hildegard Blunck : « il popolo nomade dei Mongoli, dei Tartari come era più comunemente chiamato, non era conosciuto nell’Occidente fino all’anno 1221, quando invase improvvisamente l’Europa con le sue orde ».(Blunck, 1982, p. 8).

I Tartari hanno invaso l’Europa grazie alla potenza del loro esercito e alla loro organizzazione, come ricorda Pietro d’Abano nel suo dialogo con Marco Polo, e aggiunge che non esiste un paese che possa affrontarli da solo : « il francescano trovò che i Tartari mettono spavento, e affermò che ogni paese da solo, sarebbe perduto di fronte a loro : tutti dovrebbero, quindi unirsi per tenere testa ai Tartari » (Blunck, 1982, p. 10). Infatti, in quel periodo l’Impero mongolico si estendeva dall’Est di Cina al Mar Nero all’Oriente.

Inoltre, l’immagine negativa del Tartaro in Occidente era cosi diffusa che Marco Polo la mise in evidenza nella sua conversazione con il suo amico Pietro d’Abano, dichiarando che « “Dai Tartari non c’è da aspettarsi. Niente di buono”, continuerò Pietro ».(Blunck, 1982, p. 10).

Spostando l’attenzione verso l’aspetto fisico, quando il padre e lo zio fecero ritorno a Venezia, Marco Polo li paragonò fisicamente ai Tartari. Infatti Marco Polo dimostra di avere alcune informazioni sull’aspetto fisico dei Tartari quando accenna alla caratteristica dei loro occhi, parlando del padre e dello zio : « Non avevano davvero l’aspetto di Tartari : i loro occhi non erano né piccoli, né obliqui ». (Blunck, 1982, p. 16).

Marco Polo conobbe infatti il padre e lo zio solo dopo il ritorno dal loro viaggio presso i Tartari, un incontro che permise al viaggiatore veneziano di esser più motivato per il viaggio e di avere un’altra visione e immagine dei Tartari grazie ai racconti del padre e dello zio che vennero ben ospitati : « dato che presso i Tartari i mercanti sono rispettati e il Khan li accoglie volentieri ».(Blunck, 1982, p. 21). I due viaggiatori sono ospitati dal Berke Khan – il nipote di Gengis Khan – in modo piacevole.

Prima di viaggiare Marco Polo aveva un’immagine negativa dei Tartari che durò però solo fino al ritorno del padre e dello zio dall’Impero dei Mongoli, e cioè fino a quando questi raccontarono la loro esperienza presso i Tartari e di come vennero accolti con onore e con festeggiamenti dai loro imperatori.

Quindi, i pregiudizi che aveva il viaggiatore veneziano sui Tartari sono cambiati dopo il ritorno del padre e dello zio a Venezia.

Tuttavia rimane a Marco Polo confermare o cambiare i suoi pregiudizi e stereotipi, perché, come segnala Ryszard Kapuściński, « non solo bisogna andare da loro, ma anche vivere tra e con loro » (Kapuściński, 2006, p. 25).

Due preposizioni (tra e con) che permettono all’Io di stabilire un vero rapporto per conoscere e capire bene l’Altro. Per Ryszard Kapuściński la parola indù upanishada, cioè ‘sedere vicini’, ‘stare vicini’, è uno dei migliori esempi per stabilire un vero rapporto con l’Altro.

Un rapporto che vuole anche un mezzo di communicazione perché « ogni mondo aveva il proprio segreto e che la sola chiave per accedervi era la lingua » (Kapuściński, 2004, p. 27). e come questi ultimi, cioè Marco Polo, suo padre e suo zio conobbero la lingua dell’Altro, non incontrarono nessuna difficoltà per accedere al mondo tartarico.

2. L’incontro con l’Altro : durante

Il viaggiatore si mise in viaggio verso il mondo tartarico in cui soggiornerà per una durata di diciassette anni. Un soggiorno che gli permise di essere in contatto in modo diretto con il mondo tartarico. La lunga permanenza inoltre permise a Marco Polo di mettere alla prova i suoi pregiudizi e le prime idee sui Tartari.

Il primo contatto con l’Altro tartarico è quello del padre e dello zio. Un incontro che testimonia la vista del tipo latino da parte del tartarico. Dopo che i viaggiatori arrivarono nella città di Baccara, i Tartari li accolsero in modo meraviglioso perché nessuno di loro aveva mai visto un latino e per questo fecero una grande festa e li inviarono al Signore del Levante – ambasciatore del Grande Cane – e anche al Gran Khan, l’imperatore dei Tartari perché anche lui non aveva mai visto un latino.

Da questo fatto si può dire che lo sguardo dei Tartari verso l’Io sia positivo, dal momento che i tre viaggiatori vennero accolti con meraviglia e con festeggiamenti, come afferma Marco Polo nel suo libro : « quando vidono in questa città i due frategli, fecionsi grande maraviglia perché mai none aveano veduto niuno latino ; e˖ffecionne gran festa e dissono loro, s’eglino voleano venire co˖lloro al Gran de Signore e Gran Cane , egli gli potrebbe in grande istato, perché il Gran Cane none avea mai veduto nessuno latino » (Polo, 1975, p. 8).

All’arrivo alla corte dell’imperatore dei Tartari, Kubilai Khan accolse i tre viaggiatori con ammirazione, sorpresa, gioia e festeggiò il loro arrivo perché non aveva mai visto un latino, come racconta Marco Polo : « quando li due frategli vennero al Grande Kane, egli ne fece grande festa e grande gioia, siccome persona che mai non avea veduto latino niuno » (Polo, 1975, p. 9).

I due viaggiatori (il padre di Marco Polo e lo zio) furono considerati dell’imperatore dei Tartari Kubilai Khan come rappresentanti del mondo occidentale, soprattutto perché i due viaggiatori veneziani parlavano il tartarico e perciò l’imperatore poté fargli qualsiasi domanda, come qui si evidenzia : « li due frategli rispuosero bene ‹e saviamente›, siccome savi uomini ch’egli erano ; e bene sapéno parlare tartaresco » (Polo, 1975, p. 9).

Il primo contatto di Marco Polo con l’imperatore dei Tartari Kubilai Khan – assieme a suo padre e a suo zio – fu euforico, cioè positivo, dato che Kubilai Khan gli diede il benvenuto : « demandò chi era quello giovane ch’era co˖lloro. Disse Messer Niccolò : “Egli è vostro uomo e mio figliuolo”. Disse il Grande Cane : “Egli sia il benvenuto, e molto mi piace” » (Polo, 1975, pp. 18-19).

All’imperatore dei Tartari piacque Marco Polo che venne onorato con suo padre e suo zio, e nessun’altro venne mai onorato come loro « Quivi fu grande alegrezza della ro venuta ; e de quanto istettero re la corte ebbero onore più di niùno altro barone » (Polo, 1975, p. 19).

Dopo il contatto di Marco Polo con l’imperatore dei Tartari Kubilai Khan, quest’ultimo gli affidò una missione, e solamente dopo sei mesi gli assegnò anche altre missioni, come l’autore stesso racconta : « dopo non molto, infatti, il sovrano gli affida una missione ; e nel corso di sei mesi egli la compie tanto soddisfacentemente da ricevere altre notevoli incombenze » (Polo, 1975, p. 8).

Inoltre, il viaggiatore veneziano ottenne a tal punto la fiducia dei Tartari che gli venne offerta l’opportunità di governare una città per una durata di tre anni, come si legge nel suo libro : « e in questa città à uno de’ .xij. baroni del Signore ; e messer Marco Polo signoregiò questa città .iij. anni » (Polo, 1975, p. 211).

Oltre all’accoglienza dei Tartari per i tre uomini latini, l’Altro tartarico manifesta la sua generosità verso i tre viaggiatori dopo il periodo vissuto insieme, come narra Marco Polo circa le cose offerte loro dall’imperatore dei Tartari prima della loro partenza e del ritorno alle loro famiglie : « quando lo Grande Cane vide che messer Niccolao e messer Mafeo e messer Marco si doveano partire, egli li fece chiamare a˙ssé, e˙ssì li fece dare due tavole d’oro, e comandò che fossero franchi per tutte sue terre e fosseli fatte tutte le spese a loro e a tutta loro famiglia in tutte parti » (Polo, 1975, p. 23).

Inoltre Marco Polo descrisse anche la generosità che Kubilai Khan aveva verso il suo popolo, come, ad esempio, quando offrì da mangiare fino alla stagione successiva e bloccò il pagamento delle tasse a quelle province dell’impero che erano soggette a carestie, a siccità e al flagello delle locuste. Marco Polo raconta che « questo è grande fatto d’un signore a farlo » (Polo, 1975, p. 159).

Il Grande Khan « è adorato come idio dal popolo » grazie alla sua generosità per i poveri, dato che assicura da mangiare a più di 30.000 famiglie all’anno e aiuta i poveri. (Polo, 1975, p. 163).

L’idea che Marco Polo aveva sulla potenza dei Tartari venne confermata durante il suo soggiorno presso la corte del Grande Khan, considerato da lui il più potente fra i suoi fratelli, e il paragone non si limita solamente ai suoi fratelli, ma include anche gli altri popoli : « e dicovi più, ché se tutti li signori del mondo, e saracini e cristiani, ‹fossero insieme›, non potrebbero fare tanto tra tutti come farebbe Coblam Kane » (Polo, 1975, p. 91). L’Altro tartarico viene rappresentato come un uomo guerriero che può resistere a tutto rispetto agli altri uomini, per esempio quando è necessario può rimanere un mese senza bevanda, a condizione che prenda il latte di giumenta e la carne che portano con loro. (Polo, 1975, p. 95).

Inoltre, Marco Polo descrive l’imperatore dei Tartari Kubilai Khan, « lo signore degli signori », come l’uomo più potente che governa un grande regno e possiede una ricchezza e tesori che nessun uomo ha mai posseduto da Adamo fino ad oggi. (Polo, 1975, p. 113).

Oltre alla potenza, Marco Polo evidenzia anche la ferocia dei Tartari e li descrive come conquistatori. Infatti Marco Polo rappresenta l’Altro tartarico come un conquistatore che vuole soltanto impadronirsi di terre senza una giustificazione, come nel caso della conquista della terra dei Mangi. (Polo, 1975, pp. 206-207-208).

Inoltre, il viaggiatore veneziano descrive il Grande Khan come un conquistatore : « e ’l Grande Kane che oggi regna, per questa grande ricchezza ch’è in quest’isola, la volle fare pigliare, e mandòvi due baroni co molte navi e gente assai a piede ed a cavallo ».(Polo, 1975, p. 235).

3. L’incontro con l’Altro : dopo

Dopo il lungo soggiorno presso il mondo tartarico, Marco Polo mise in confronto le idee che aveva su di loro.

Alcune idee e pregiudizi che aveva prima sono cambiati, come la difesa verso l’Altro dato che i tre viaggiatori vengono ben accolti dall’imperatore dei Tartari, Kubilai Khan, che ha onorato la presenza dei latini nella sua corte. Inoltre, il Grande Khan affidò a Marco Polo la funzione di ambasciatore presso il territorio grazie alla fiducia che Marco Polo fece sentire all’imperatore.

Dopo che i viaggiatori (il padre, lo zio e Marco) decisero di tornare, Kubilai Khan gli diede due tavole d’oro, che permisero ai veneziani di viaggiare con sicurezza nel suo impero, e poterono anche fare spese per loro e per le loro famiglie, come scrive Marco Polo : « Quando lo Grande Cane vide che Messer Niccolao e Messer Mafeo e Messer Marco si doveano partire, egli li fece chiamare a˖ssé, e˖ssì li fece dare due tavole d’oro, e comandò che fossero franchi per tutte sue terre e fosse li fatte tutte le spese a loro e a tutta loro famiglia in tutte parti » (Polo, 1975, p. 23).

Infine, nella conclusione del Milione, Marco Polo ricorda la difficoltà di lasciare il Gran Khan per poter ritornare ai loro paesi : « della nostra partita, come noi ci partimmo dal Gran Cane, avete inteso nel cominciamento del libro, inn-uno capitolo ove parla della briga e fatica ch’ebbe messer Matteo e messer Niccolò e messer Marco in domandare commiato dal Gran Kane ; e in quello capitolo conta l’aventura ch’avemmo nella nostra partita. E sappiate, se quella aventura non fosse istata, a gran fatica e con molta pena saremo mai partiti, sicché a˙ppena saremo mai tornati in nostro paese » (Polo, 1975, p. 321).

Conclusioni

L’obiettivo di questo articolo era quello di analizzare l’incontro di Marco Polo con l’Altro tartarico, prima, durante e dopo.

Prima del viaggio, Marco Polo aveva sul mondo tartarico idee trasmesse sia dal padre e dallo zio, dopo aver sentito raccontare da loro tante e varie storie sui Mongoli dovute all’esperienza da loro vissuta presso i Tartari., sia quelle ascoltate nell’ambiente in cui era cresciuto, come i racconti dei viaggiatori all’interno del contesto storico di quel periodo – con l’invasione dei Tartari in l’Occidente – e sia dovute alle proprie letture.

La permanenza di Marco Polo presso la corte del Grande Khan gli ha permesso di mettere alla prova i suoi pregiudizi. Alcuni di questi infatti sono cambiati in seguito al suo soggiorno presso questa popolazione, mentre altri no, come ad esempio l’opinione sulla potenza e sulla ferocità dei Tartari, considerati un popolo di sterminatori.

Per quanto riguarda invece l’accoglienza e la generosità, il veneziano introdusse fin dall’inizio del racconto l’immagine del latino visto attraverso lo sguardo dei Tartari. Questa è un’immagine che contribuisce a modificare anche lo sguardo di Marco Polo verso questo popolo, dal momento che venne accolto con grande ospitalità da parte del Grande Khan, e questo renderà difficile anche richiedere all’imperatore il permesso di ritornare in patria.

Marco Polo nel suo racconto conferma quindi l’immagine che aveva prima della partenza sull’accoglienza dei Tartari nei confronti dei viaggiatori.

Dopo la sua esperienza presso la corte del Grande Khan, il viaggiatore veneziano mise inoltre in evidenza la generosità dei Tartari, ricordando le donazioni offerte da parte dell’imperatore dei Tartari.

Ci sono tuttavia alcuni pregiudizi, come la potenza e la ferocia del popolo mongolico, che sono rimasti tali. Marco Polo conferma lo stereotipo circa la natura di questo popolo, visto in Occidente come un popolo distruttore e devastatore, e anche quello relativo alla sua potenza, offrendo ai lettori la descrizione dell’organizzazione dell’esercito tartarico. Inoltre, Marco Polo evidenzia nel suo racconto la ferocia del popolo mongolico durante le guerre, e lo descrive come un popolo conquistatore. In altri termini, i pregiudizi che aveva Marco Polo sulla potenza e la ferocia dei Tartari sono stati avvalorati dopo il suo lungo soggiorno presso la corte del loro imperatore.

Si può affermare che i pregiudizi di Marco Polo sono quindi confermati dopo la sua esperienza presso l’Impero mongolico, dal momento che, da una parte, venne accolto festosamente in quanto mercante e soprattutto in quanto latino, e ciò gli fa mettere in evidenza la generosità di questo popolo, dall’altra, conferma l’immagine negativa che circolava in Occidente circa la ferocia di questo popolo.

1 Marco Polo fu un viaggiatore veneziano. L’esploratore nacque il 15 settembre 1254 a Venezia. Fu il figlio del grande viaggiatore Niccolò Polo, che

2 S’intende cioè la condizione di pace all’interno dell’Impero mongolico.

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1 Marco Polo fu un viaggiatore veneziano. L’esploratore nacque il 15 settembre 1254 a Venezia. Fu il figlio del grande viaggiatore Niccolò Polo, che si spostò con suo fratello Matteo in Asia centrale per il commercio. Marco Polo visse orfano dal momento che perse la madre durante la sua nascita e non conobbe il padre fino all’età di quindici anni, cioè dopo il suo ritorno dal viaggio in Asia centrale. Il viaggiatore veneziano viaggiò all’età di 17 anni con suo padre e suo zio fino alla corte dell’imperatore dei Tartari Kubilai Khan dove rimase circa 17 anni, come ambasciatore presso la sua corte. Marco Polo morì l’8 gennaio 1324 a casa sua e venne tumulato nella chiesa di San Lorenzo a Venezia.

2 S’intende cioè la condizione di pace all’interno dell’Impero mongolico.

Smaili Amar

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