Introduzione
Nel presente articolo tentiamo ad indagare il tema del male di vivere nella letteratura e nella poesia italiana in particolare, prestando attenzione all’opera di Eugenio Montale1, Gli ossi di seppia. Abbiamo scelto particolarmente questo tema perché esso ha rivestito il mondo, ha toccato tutte le generazioni, e ha accompagnato l’uomo fin da tempi più remoti, e poi perché Engenio Montale si considera, da tanti letterati, l’autore delle poesie che narrano il male di vivere che però non lasciano spazio allo sconforto.
La nostra scelta della raccolta di poesie gli Ossi di seppia è basato sulla novità e sulla modernità della poetica e del linguaggio poetico che è capace di palare agli uomini dell’epoca scorsa, e allo stesso tempo dell’epoca attuale.
Attraverso l’analisi di poesie, proveremo a mostrare come il Poeta della Disperazione ha potuto improntare la sua visione del mondo, attraverso una solida combinazione tra la letteratura e il quotidiano vissuto con un sereno distacco lontano dei turbamenti esterni e del senso introvabile dell’esistenza.
L’articolo, infatti, mira a risolvere le seguenti problematiche : cosa rappresenta il male di vivere per Montale ? In quali immagini è stato incarnato ? E quali sono le cause capitali della sofferenza umana ?
1. La dipartita di persone care
Nella sua opera gli Ossi di seppia, Montale rispecchia l’immagine infauste del male di vivere, ed esporre i ceneri sui quali nasce l’amarezza di vivere. Le sue liriche permettono alla nostra anima di viaggiare e spostarsi da un verso ad un altro per essere in grado di spiegare a quale punto è tragica la separazione dai cari, per illustrare le diverse reazioni associate a tale esperienza, e per mostrare il processo con cui si può mandare giù questa pena.
Montale, attraverso la poesia caffé a Rapallo2 è riuscito ad esprimere quanto è dolorosissima la separazione dei cari, dolorosa nel fatto di mancare qualcuno che è lontano, che non può essere affiancato per ricevere i sentimenti dall’altra persona, è dolorosa anche perché non si potrebbe cancellare l’immagine del mancante, e poiché tutte le sue memorie vengono ricordate in dettaglio, in ciascuno minuto che passa,
codesto è il mio ricordo ; non saprei dire, o lontano,
se dal tuo volto s’esprime libera un’anima ingenua,
o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano3
È ancora dolorosa perché colui che aveva l’abitudine di condividere con noi le feste, i guai, i problemi, la tristezza, la gioia e tutte le scene della vita, non è più così vicino come prima, è la nostalgia di questa persona invece che è vicina a noi, e tutte quelle sensazioni luttuose che fanno vibrare il cuore e che fanno sì perché tutto sembri finto ; poiché in ogni occasione ricordiamo ancora quell’anima che ci ha lasciato, con la quale, come afferma Montale, si vorrebbe condividere la gioia :
e qui manchi
Camillo, amico, tu storico
di cupidige e di brividi.
Montale è un’immagine del perdente della vita che continua a rivangare il suo amico, sembra rimpiangere un altro Natale, quello che sta passando fuori, quello innocente dei fanciulli, della gioia, della musica che inonde le strade
E' passata di fuori
l'indicibile musica
delle trombe di lama
e dei piattini arguti dei fanciulli :
è passata la musica innocente.
Il mondo che descrive se ne sta andando e non può tornare : “Un mondo gnomo ne andava”, i ragazzi diventeranno uomini e la loro allegrezza si trasformerà in una sofferenza.
Dunque, l’immagine di rimpiangere un altro Natale cioè rimpiangere un’altra occasione che necessita la presenza dei nostri cari, non è che una della migliaia di sofferenze che trovano nelle breve occasioni il significato della contraddizione del mondo, e Montale spera di aver accanto a sé un’altra anima che lo capisce e che condivida assieme a lui la modernità che traveste l’universo.
l’immagine dell’amico non declina mai dalla nostra memoria, e così iniziamo a raccontare ciò che ci accade ogni giorno ( giornali personali) , qualche volte scriviamo delle lettere che non le invieremo a nessuno, è morto il nostro destinatario, quindi le salvaguardiamo e le leggeremo ogni tanto, le frase scritte descrivono ciò che ci circonda, rivelono il non senso della vita e quindi la negatività del mondo come lo vede ance Montale. E un'esperienza difficilissima e insopportabile che ci sembra impossibile da addattarci, è un'amarezza, ma in realtà sono reazioni normali in seguito ad una perdità ed è importante accettarli, nel senso che ciascuno di noi dovrebbe essere consapevole di ciò che gli succede e alle reazioni legati a tale separazione, è necessario quindi essere convinti che il dolore non andrà via se lo ignoriamo : in realtà cercare di ignorare il dolore non farà che peggiorarlo nel lungo periodo.
2. La fine dell'infanzia
Un’altro punto importantissimo rilevato da Montale è la fine dell’età infantile, un’altra esperienza che talmente è dolorosa da non sopportare, da non dimenticarne mai. E si vede l’integrazione di quest’età nella precedente poesia, insistendo sul punto dell’innocenza dei fanciulli che passano i loro tempi divertendosi perché non esiste ciò che li disturba, perché non sono costretti a comprendere la vita e le sue contraddizioni, e così devono comportarsi gli adulti.
Un’altra sfaccettatura del male di vivere viene mostrata da Montale negli ultimi versi della lirica, e che esibiscono chiaramente il rimpianto per la fine d’infanzia e il dolore causato dal distacco da essa, come lo conferma Montale :
l’accolse la pastur
che per noi più non verdeggia.
Il gruppo dei fanciulli che si sta girando per le strade, alla fine della girata si dirige verso la ricompensa, è un’immagine eccezionale che per noi più non verdeggia, non la possiamo incontrare visto che non siamo più bambini, e la ricompensa qui si assomiglia alla felicità.
Questo argomento, il rimpianto per l’età infantile, predomina la raccolta degli Ossi di seppia, particolarmente nalla poesia intitolata fine dell’infanzia4 che si apre con una descrizione realistica : “un mare pulsante s’ingolfava, s’invischiava rimbombando all’interno dell’insenatura, esso diventava giallo di fronte alla foce di un torrente che sfociava impetuosamente” ; lungo la spiaggia c'erano delle antiche case, e vegetazioni poco folte di tamerici sempre più scolorite (per il caldo e la siccità). Per le esistenze perdute in mezzo a immagini che spaventavano (in un orrore di visioni”) sono delle rappresentazioni della realtà vista con gli occhi infantili, che tuttavia annuncia già le apparenze sofferte della poesia montaliana.
Montale prova a fotografare la condizione umana dipengendola in un ritratto pieno di elementi prestati dalla natura, mostrando al medesimo la precarietà e l’instabilità dell’esistenza, come lo confirmano i versi successivi :
Nella conca5 ospitale
della spiaggia
non erano che poche case
di annosi mattoni, scarlatte,
e scarse capellature
di tamerici pallide
Quindi sono delle circostanze piene di povertà e indigenza, e le creature che ne fanno parte non vedono che incertezze e instabilità,
più d'ora in ora6 ; stente creature
perdute in un orrore di visioni7.
Non era lieve guardarle
per chi leggeva in quelle
apparenze malfide
la musica dell'anima inquieta
che non si decide.
È un’esposizione ben descritta da parte dal poeta per metterci nei panni altrui, nei panni di coloro che soffrono a causa del non senso della vita e delle leggi della natura.
L’infanzia secondo Montale è un’esperienza fantastica ed eccezionale, visto che il ritmo che li governa ci sfuggiva8, cioè la fase infantile non è sottosta a nessuna legge della Natura ; al contrario sono gli adulti che si sentono costretti a seguire le norme naturali che li conducono per forza al male esistenziale. L’insieme delle difficoltà, delle insoddisfazioni, dei rimpianti affrontati nel processo infantile vengono , certamente, dimenticati camminando verso un futuro senza tracce, cioè i singoli momenti dell’esperienza vengono assorbiti dal procedere del tempo, senza lasciare nulla nella memoria. Si vive quindi in un presente senza pensare al futuro oscuro, si vive ora per ora, e anche gli eventi e le avventure ripetuti sembrano nuovi e mai sperimentati. Nell’età puerile9 quindi si vive giorno per giorno, non ci sono regole per la gioia o la tristezza, non si può nemmeno distinguere fra tristezza ee felicità.
Il nido fansciullesco, come lo descrive Montale, abbraccia una realtà diversa da quella vista dagli adulti, i bambini costruiscono rapporti felici con la natura al pari del rapporto con le nuvole10 che sembrano delle sorelle viaggiate. Nella natura, dunque, si trova ospitalità, in essa l’asilo e l’estatico affisare11, la natura per i fanciulli è il modello di equilibrio e di serenità inimitabile, è l’età illusa12.
Purtroppo la puerizia non dura tanto, e subito
Volarono anni corti come giorni,
sommerse ogni certezza un mare florido
Vuol dire che i giorni vissuti in modo immediato e problematico passano, ed il tempo si trascorre velocemente, e una volta finita l’infanzia, interviene subito il male di vivere per occupare suo posto, e nascono così le inquietudini e le illusioni.
Si afferma il turbamento per la fine d’infanzia nei successivi versi :
L'inganno ci fu palese.
Pesanti nubi sul torbato mare
che ci bolliva in faccia, tosto apparvero
I nubi che rappresentano prima il rapporto felice con realtà, nell’età adulta invece raffigurano un rapporto molto doloroso ed amaro ; le cose che erano comuni vengono percepite come estranee, ossia il il tempo dell’infanzia è diventato sconosciuto.
La realtà viene vista dagli adulti come un insieme di sofferenze e di anzie dato che il processo personale di maturazione e di crescita, sembra diventato particolarmente difficile, sempre più adulti, di fronte alla complessità, sembrano aver smarrito i loro riferimenti culturali, sociali, familiari ed affettivi ; con il tramonto dell’età infantile quindi si dovrebbe imparare che la responsabilità si aumenta, il che fa crescere la necessità delle punizioni legate agli errori che si ripetono tanto.
Se i fanciulli non pensano che a passare il tempo imparando i nomi delle cose : si vestivano di nomi le cose, il nostro mondo aveva un centro13e non gli importa nessun altro, gli adulti invece si preoccupano ad imparare tutto.
Un altro punto importante che disturba il periondo dell'adolescenza e lo rende un inferno è il fatto di ricordare l’infanzia e l’impossibilità di riviverla, qui interventa assolutamente la nostalgia per rimpiagere tutto ciò che è stato sperimentato nell’età fanciullesco, come lo descrive Montale :
Ah il giuoco dei cannibali nel canneto,
i mustacchi di palma, la raccolta
deliziosa dei bossoli sparati !
Il poeta dichiara affettuosamente la nostalgia ai giochi infantili, ma rimpiange il trascorrere rapido della bella età che viene assomogliata ai barchetti sul filo del mare a vele colme che la guardiamo in attesa al minuto violento cioè quello che segnerà il passaggio dall’infanzia alla vita adulta.
3. Il senso di estraneità e la ricerca della realtà
La poesia non chiedere la parola è senza dubbio una delle poesie più celebri e citate di Montale. Essa fa parte delle poesie montaliane antieloquenti cioè che non esprimono esplicitamente e chiaramente i concetti, e che non hanno verità da rivelare, hanno spesso una forma scarna ed essenziale.
In essa Montale instaura un dialogo con il lettore stesso - o meglio, quel lettore che esige verità assolute e definitive – considerandosi portavoce dei poeti ed invitandolo a non chiedergli alcuna definizione precisa ed assoluta, né su stesso né sull'uomo in generale ; e nemmeno sul significato del mondo e della vita.
Egli infatti, a differenza dell'uomo « che se ne va sicuro » perché ignaro, non ha alcuna « formula » risolutiva, ma solo dubbi e incertezze, o tutto al più una conoscenza negativa. Il poeta può soltanto rappresentare, con poche scarne parole, la precarietà della condizione umana.
Per ben precisare il tema della lirica siamo rivolti alla citazione seguente, è :
“l’incapacità dell’uomo di capire sé e il mondo. La poesia moderna non può essere più come era, o pretendeva di essere, una volta, spiegazione del mondo, e tanto meno può essere consolatoria ; essa può solo, con scabra durezza, comunicare la tragica impotente desolazione dell’uomo”14.
Questa citazione rispecchia il vero travaglio che investe l’uomo che soffre mentre prova ad adattarsi a una certa situazione o all’ambiente in cui vive, dato che spetta a lui di scegliere l’opportuna personalità, il che lo affatica perché le situazioni si cambiano e richiedono ogni volta un intervento dissimile a quello precedente.
Montale così vuole farci capire che ogni persona deve avere dentro sé questo sentimento di inappartenenza a questo mondo vano, e deve interessarsi a ciò che la circonda , e allo stesso tempo non deve fare mai fare fiducia nella realtà che non ha nessun significato.
Ecco un’altra faccia del male di vivere, è appunto sentirsi perduto in smarrito in un universo incomprensibile. Si vuole esattamente comportarsi un po’come i bambini, che spaventati nella notte dal buio e dai rumori, cominciano ad agitarsi e ad avere paura, quindi, secondo Montale quasi tutte le persone sperimentano nella loro vita dei momenti in cui tutto diventa minaccioso e triste, non trovano certezza né fuori casa -a causa di tutto quello che accade di brutto e di angosciante- né dentro sé stessi.
Ogni insicurezze e incertezze, per Montale, minacciano i nostri confini e dovrebbero suscitare in noi paura. Paura di essere invasi, di essere derubati. Paura di perderci da qualcosa o qualcuno, paura di essere dondolati tra tristezza e dolore . Se qualcuno non è dentro di noi, non è con noi, è fuori di noi, vuol dire che è contro di noi, sentiamo costretti di non dover farnee fiducia, di dover mandarlo via, di cacciarlo per proteggerci. Ciò che vive dentro di noi e ci scomoda viene tenuto fuori, è, per Montale, l’unica via di salvare se stessi.
Un’altra lirica che rispecchia la gravità del male causato della crisi dell’identità e il senso di smarrimento è stata scritta tra 1922-1924, il cui titolo è ciò che di me sapeste15. Il tema trattato nella lirica è dell’identità incerta e quello dello scambio fra ombra e corpo, sono infatti dei temi novecenteschi (per esempio più volte presenti in Pirandellonella sua famosa opera uno nessuno e cento mila).
In ciò che di me sapeste, il poeta ha prestato un elemento dalla natura, l’ombra (cioè l’apparenza) dell’io è tutto ciò che si può saperne, coincide dunque con la sostanza ; così che il mondo della verità profonda, a un passo appena dalle apparenze, forse in realtà non esiste o non ha più modo di essere raggiunto. Per questo donare la propria ombra vuol dire donare se stesso.
Montale vuol mostrarci che non esiste un’identità fissa o piuttosto non la possiamo raggiungere, invece tutto che si vede è l’ombra cioè l’apparenza e certo che questo ci fa male, perché da un lato non riusciamo a comportarsi liberamente, dall’altro lato la gente ci giudica negativamente ogni volta che tentiamo di mostrare la propria identità.
Potremmo sentire dunque il dolore causato dalla ricerca d’identità, che sembra un conflitto infinito, da una parte tra la persona e se stessa, e dall’altra tra la persona e la società, prima perché sentirsi in disordine con l’Io interno non fa che turbare l’aspetto esterno. Una volta disturbato questa apprenza esterna, gli altri coincaino a lanciare dei mezzi sguardi ; quindi iniziamo a dubitare in se stessi; ciò è stato rivelato chiaramente da Luigi Pirandello, e implicitamente da Montale, insistendo sulla necessità di non fare fiducia nella vita ossia accettare che ciò che siamo in realtà, non è che una riflessione e rispecchiamento di ciò che non vogliamo16.
Ancora una volta, il poeta sottopone alla nostra attenzione il dolore legato all’incapacità di conoscere la nostra vera sostanza, nel senso che è impossibile togliere al corpo ciò che lo copre e lo nasconde ; la nostra vera identità è come l’ombra, è una cosa astratta, probabilmente è ciò che ci spinge a soffrire, perché non ci sentiamo più autonomi e indipendenti ovvero ci sentiamo costretti a vivere come lo esige la condizione umana.
Dalle due poesie analizzatte deduciamo che l’unica realtà di cui possiamo essere convinti è ciò che non siamo e ciò che non vogliamo, vuol dire che non riusceremo mai ad identificare noi stessi in mezzo di questo mondo indecifrabile, e non siamo capaci di accentuare cosa vogliamo, visto che tutto ciò che esiste sembra finto, e richiede in ogni volta che cambi, una maschera che gli conviene.
Conclusione
In questo articolo abbiamo analizzato qualche poesia montaliana che rispecchia la negatività del mondo ed il non senso dell'esistenza cioè la mancanza degli stimoli per vivere e godersi.
Abbiamo messo sotto luce tanti motivi che, secondo la visione montaliana, fanno disturbare la nostra quiete, come la separazione dai cari che pare incomparabile a nessun altro motivo per la sua grave afflizione. Oltre alla fine dell’età infantile -che ad un certo punto dà inizio alla sorfferenza degli adulti- e il senso di smarrimento e di estraneità, i ricordi e l’irrecuperabilità del passato. Abbiamo potuto medesimamente estrarre alcune immagini che il nostro poeta ha prestato dalla natura, come l’ombra, il posso, i limoni, la strada, i bambini… ecc, e che hanno giocato un ruolo rilevante per approssimarci il vero senso di sofferenza che ci porta al pessimismo e al mal di vivere esistenziale.