Introduzione
Nella vasta biblioteca delle opere letterarie, alcune storie si ergono come imponenti torri ; tra queste, il capolavoro di Italo Calvino, Il cavaliere inesistente, si distingue per densità simbolica e forza immaginativa. Ho scelto di analizzare questa epopea narrativa non solo per la sua eccellenza letteraria, ma anche per la profonda saggezza che nasconde tra le righe, come un antico manoscritto che richiede una decifrazione attenta e appassionata.
L’arte della scrittura si manifesta in molte forme, ma è in opere come questa che troviamo una combinazione rara di stile, significato e profondità. Calvino, virtuoso della parola e dell’allegoria, trasforma le pagine in un teatro dove onore, cavalleria, identità e realtà si confrontano in un duello complesso, capace di mettere alla prova le convenzioni e di interrogare il lettore. In particolare, l’opera problematizza la relazione tra “essere” e “apparire”, tra soggettività e norma, tra pieno e vuoto dell’identità.
Nell’analizzare Il cavaliere inesistente, ci immergeremo in un mondo in cui il visibile e l’invisibile si sfiorano, dove l’essere e il non-essere danzano in una coreografia di senso. Questa è un’opera che sfida i confini tra realtà e illusione, spingendoci a riflettere sulla natura mutevole della percezione umana. La domanda che guida questo studio è la seguente : in che modo la figura del cavaliere “senza corpo” diventa un dispositivo narrativo per pensare l’identità, l’azione e la legittimità (morale e sociale) del soggetto ?
Attraverso una prosa incantevole e una trama articolata, Calvino costruisce un testo che non è soltanto narrazione, ma invito a esplorare le profondità della condizione umana. In questo articolo, immergeremo le nostre menti nell’universo di Il cavaliere inesistente alla ricerca di significati impliciti e riflessioni durevoli. È un viaggio che richiede un occhio attento e un cuore aperto ; le ricompense, tuttavia, sono un tesoro di comprensione e ispirazione che un autore come Calvino sa offrire. Dal punto di vista metodologico, l’analisi si appoggia a una lettura tematica e narratologica (struttura del racconto, costruzione dei personaggi, valori e opposizioni), con attenzione al lessico dell’onore e della cavalleria, e ai suoi effetti ideologici sulla rappresentazione del soggetto.
Sia questo articolo un omaggio al potere della scrittura e un invito a condividere il nostro affetto per un’opera che risplende come una stella nel firmamento letterario. Per chiarezza espositiva, la trattazione procederà
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dalla contestualizzazione dell’opera e dei suoi nuclei tematici,
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(ii) all’analisi delle figure identitarie e dei loro paradossi,
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(iii) fino alla discussione interpretativa dei risultati.
1. Italo Calvino : riferimenti biobibliografici
In questa sezione si forniscono alcuni riferimenti essenziali per collocare l’autore e la trilogia I nostri antenati, evitando generalità non documentate. In particolare, si richiamano dati biografici minimi, snodi poetici e coordinate bibliografiche utili a situare Il cavaliere inesistente nel progetto complessivo dell’autore.
Italo Calvino (1923–1985), nato a Santiago de Las Vegas (Cuba) e cresciuto a Sanremo, è una delle voci centrali della narrativa italiana ed europea del secondo Novecento. Formatosi nel clima del neorealismo, ha progressivamente elaborato una poetica che unisce invenzione, ironia e rigore costruttivo, interrogando le forme del raccontare e i modi in cui la letteratura pensa il reale. Dopo la stagione dell’impegno e della scrittura “d’esperienza”, l’autore orienta la propria ricerca verso strutture narrative sempre più consapevoli e sperimentali, in cui l’immaginazione agisce come strumento di conoscenza.
Nel suo percorso, Calvino sperimenta generi e registri diversi, mantenendo costante l’attenzione per le strutture narrative e per il rapporto tra immaginazione e conoscenza. I suoi testi, spesso costruiti come dispositivi combinatori, fanno dialogare avventura, allegoria e riflessione, aprendo a una lettura insieme ludica e critica dell’esperienza umana. Questa tensione tra leggerezza formale e densità concettuale costituisce uno dei tratti più riconoscibili della sua poetica.
La sua produzione letteraria spazia dal neorealismo degli esordi, con opere come Il sentiero dei nidi di ragno, all’esplorazione di nuove forme narrative e concettuali, come Le città invisibili e Se una notte d’inverno un viaggiatore. In queste opere, Calvino sfida le convenzioni letterarie tradizionali e apre le porte a mondi immaginari e riflessioni filosofiche. All’interno di questo percorso, la trilogia I nostri antenati si colloca come laboratorio allegorico e identitario : Il visconte dimezzato (1952), Il barone rampante (1957) e Il cavaliere inesistente (1959) mettono in scena, in forme diverse, la frattura del soggetto moderno e le sue modalità di ricomposizione (o di impossibile ricomposizione).
La sua scrittura si caratterizza per la profondità dei temi trattati, l’uso sapiente del simbolismo e la sua capacità di trasportare il lettore in un viaggio attraverso la complessità dell’esistenza umana. Attraverso le sue parole, Calvino riesce a dipingere un quadro affascinante e in continua evoluzione dell’animo umano. In termini più analitici, tale scrittura opera mediante opposizioni strutturanti (pieno/vuoto, corpo/norma, identità/ruolo, visibile/invisibile) che funzionano come motori dell’interpretazione, e che risultano decisive per leggere Il cavaliere inesistente.
Italo Calvino, scomparso nel 1985, continua a esercitare un’influenza duratura sulla letteratura mondiale, e le sue opere rimangono un punto di riferimento per chiunque sia alla ricerca di una lettura avvincente e intellettualmente riflessiva. La sua eredità letteraria è spesso considerata un invito a esplorare mondi nuovi e a interrogarsi sul significato della vita attraverso la bellezza delle parole scritte. Nel quadro di questo studio, tali coordinate biobibliografiche servono soprattutto a comprendere perché Il cavaliere inesistente possa essere letto come una parabola sull’identità e sull’azione, costruita con rigorosa economia narrativa e forte potenza simbolica.
2. Il cavaliere inesistente : contesto e sintesi dell’opera
Si propone una sintesi orientata dell’opera, finalizzata a mettere in luce la trasformazione dell’epica in allegoria moderna ; la semplice narrazione degli eventi è qui subordinata alla tesi interpretativa.
“La guerra la combatti bene soltanto dove tra le punte delle lance intravedi una bocca di donna, e tutto, le ferite il polverone l’odore dei cavalli, non ha sapore che di quel sorriso.” (Calvino, 2013, p. 77).
Il cavaliere inesistente di Italo Calvino è un romanzo breve (1959) che, attraverso il filtro dell’ironia e del fantastico, interroga la tenuta dei codici cavallereschi e, più in profondità, la consistenza dell’identità. La narrazione mette in scena la figura paradossale di Agilulfo, cavaliere ‘perfetto’ e insieme privo di corpo : una presenza fatta di dovere, linguaggio e rito.
« Il cavaliere inesistente » ruota attorno a un personaggio affascinante, Agilulfo Emo Bertrandino , noto semplicemente come Agilulfo. Agilulfo è un cavaliere virtuoso che serve la corte di Carlo Magno, ma con una caratteristica insolita : è completamente inesistente. La sua armatura è vuota, ma la sua determinazione e il suo codice d’onore sono più solidi di qualsiasi armatura fisica.
Calvino utilizza questa struttura concettuale per esplorare temi profondi, tra cui l’identità, la moralità, la ricerca di significato e l’importanza delle illusioni nella vita umana. Il personaggio di Agilulfo incarna la lotta umana per trovare un senso nella realtà, nonostante la sua stessa esistenza sia una contraddizione. Il suo desiderio di essere un vero cavaliere e di rispettare il codice cavalleresco diventa un simbolo della perseveranza umana di fronte alla precarietà dell’esistenza.
La prosa di Calvino è cristallina e incisiva, con una precisione che riflette l’armatura vuota di Agilulfo. L’autore utilizza il linguaggio in modo magistrale per esplorare il conflitto interiore del protagonista e per gettare luce su questioni filosofiche complesse. La sua scrittura è densa di significato, ma allo stesso tempo leggera e accessibile, invitando i lettori a riflettere su questioni profonde in modo coinvolgente.
Inoltre, « Il cavaliere inesistente » è un’opera satirica che mette in discussione i valori della nobiltà e della cavalleria dell’epoca medievale, attraverso il personaggio paradossale di Agilulfo. Agilulfo faceva tutto con rigore così ossessivo che perfino la disposizione delle stoviglie a tavola doveva seguire regole che nessuno riusciva a capire.(Calvino, 2013, p. 45). Calvino usa l’ironia e l’umorismo per sottolineare le assurdità della società dell’epoca e, in un certo senso, anche della condizione umana.
3. Sogni di cavalleria : tra illusione e realtà
L’espressione “sogni di cavalleria” viene usata come categoria critica : indica sia il fascino del mito cavalleresco sia il modo in cui Calvino lo mette in discussione nel suo romanzo. In pratica, per “sogno” intendiamo l’idealizzazione, l’autoinganno o il modo in cui ci si giustifica, mentre per “realtà” intendiamo ciò che incontra il corpo, gli imprevisti della vita, i desideri concreti e il ridicolo che nasce quando i sogni cavallereschi si scontrano con la vita vera.
Nel contesto dell’accampamento imperiale presso Parigi, Carlo Magno passa in rassegna le truppe ; al suo fianco si distingue Agilulfo, cavaliere irreprensibile e, al tempo stesso, privo di corpo. Egli “esiste” soltanto nella sua armatura, sostenuta dalla forza di volontà e dall’adesione rigorosa alla regola cavalleresca : la cavalleria, qui, non è soltanto un codice morale, ma un principio formale che pretende di garantire l’identità.
Durante una notte di veglia perpetua, Agilulfo vegliava senza sosta, con il respiro uniforme e il corpo immobile, pronto a intervenire al minimo segnale (Calvino, 2013, p. 42), e incontra Rambaldo di Rossiglione, giovane cavaliere animato da un desiderio di vendetta filiale e di riconoscimento : la sua aspirazione a diventare paladino configura un “sogno di cavalleria” nella forma più immediata, cioè come ideale di compimento e di gloria (Calvino, 2013, p. 46).
Il mattino successivo, nel movimento dell’esercito attraverso diverse contrade, appare Gurdulù, figura eccentrica priva di volontà e di coscienza stabile, che funziona come controparte di Agilulfo : se Agilulfo è pura forma e pura norma, Gurdulù è puro essere immediato, quasi materia senza identità riflessa (Calvino, 2013, p. 48).
Carlo Magno, divertito dal comportamento di Gurdulù, lo associa ad Agilulfo come scudiero ; tuttavia, il personaggio scompare più volte, sottraendosi a ogni tentativo di controllo e di “incasellamento” identitario. La narrazione, affidata a suor Teodora, organizza gli eventi secondo un ritmo che alterna epica e anti-epica, eroismo e comicità, facendo emergere una tensione decisiva : la cavalleria è desiderata come ordine e garanzia, ma continuamente disarticolata dall’imprevisto, dal corpo e dal ridicolo.
Nel corso della vicenda, Rambaldo vendica la morte del padre uccidendo Isoarre ; tuttavia, la logica dell’impresa eroica si complica quando incontra Bradamante, cavallerizza che lo salva da un’imboscata e diventa oggetto di desiderio e idealizzazione. Da questo momento, il “sogno di cavalleria” di Rambaldo si trasforma : non riguarda più soltanto l’onore, ma anche la costruzione di sé come figura degna d’amore, cioè come identità narrativamente “compiuta”. A questo proposito, Calvino scrive che Rambaldo, osservando Bradamante allontanarsi tra le tende, già immaginava le battaglie future, dove la sua forza e il suo coraggio avrebbero dovuto proteggere non solo l’onore, ma anche il cuore di colei che ormai occupava ogni suo pensiero (Calvino, 2013, p. 53).
La trama si intensifica quando la nobiltà di Agilulfo viene messa in dubbio durante un banchetto d’onore. Torrismondo, provocato o offeso, insinua che l’impresa che ha fondato la cavalleria di Agilulfo sarebbe “nulla”, poiché la dama salvata era Sofronia, madre di Torrismondo. La questione della legittimità cavalleresca diventa allora una questione ontologica : se l’identità di Agilulfo è interamente fondata sul titolo e sul rito, che cosa accade quando il fondamento storico-giuridico del titolo vacilla ? Qui Calvino rovescia l’epica : non è la forza a decidere, ma un dettaglio “archivistico” — la prova, il racconto, la testimonianza — che può svuotare il cavaliere della sua esistenza simbolica (Calvino, 2013, p. 55).
Agilulfo e Torrismondo partono quindi per verificare e riscattare la loro nobiltà ; le traiettorie si separano, tra erranza, equivoci e riconfigurazioni del desiderio. Agilulfo si dirige verso il Marocco, mentre Torrismondo, a sua volta, resta catturato da Bradamante, segno che il “sogno di cavalleria” non è mai soltanto ideale morale, ma anche economia del desiderio e della proiezione. Nel corso degli eventi, Sofronia viene rivelata come moglie del sultano, imponendo ad Agilulfo un compito delicato e paradossale : difendere con la massima rigidità un codice che la realtà sociale e affettiva rende continuamente instabile.(Calvino.2013, p. 55).
Infine, attraverso una serie di colpi di scena e rivelazioni, suor Teodora si rivela essere Bradamante. La voce narrante coincide così con uno dei personaggi centrali della vicenda, e il racconto assume retroattivamente un valore di costruzione identitaria, non soltanto di cronaca degli eventi. La narrazione si configura come un dispositivo che produce identità, mostrando come esse nascano dal racconto, dalla memoria e dalla rielaborazione del vissuto, più che da un’essenza stabile (Calvino, 2013, 96).
Rambaldo, ignaro fino all’ultimo, giunge a trovare l’armatura vuota di Agilulfo, ormai priva di quella volontà che la teneva in vita. L’armatura passa a lui, come se la cavalleria fosse una forma trasmissibile, un involucro simbolico pronto a essere abitato da un nuovo soggetto e da un nuovo “sogno”. L’assenza del corpo di Agilulfo rende evidente la natura puramente formale dell’ideale cavalleresco, fondato su norme, titoli e riconoscimenti più che su una realtà ontologicamente consistente (Calvino, 2013, p 99).
Il romanzo si chiude con Bradamante che perdona Rambaldo e fugge con lui dal convento, sciogliendo definitivamente la tensione tra norma e desiderio. L’ideale cavalleresco sopravvive come aspirazione e come racconto, ma la sua realtà resta fragile, dipendente da finzioni condivise e da dispositivi simbolici di legittimazione. La cavalleria non è più una verità assoluta, bensì una costruzione narrativa continuamente esposta al fallimento.
Dal punto di vista teorico, questo epilogo rende esplicita la dialettica che attraversa l’intero romanzo : illusione e realtà si confrontano come forma e corpo, norma e desiderio, racconto e identità. Il cavaliere inesistente mostra come l’identità cavalleresca possa esistere solo come racconto e proiezione simbolica, mentre la realtà, fatta di corpo, caso e desiderio, ne mette costantemente in crisi la pretesa di assolutezza.
4. Figure fondamentali nell’intreccio narrativo
L’analisi delle figure principali non si limita al loro ruolo nella trama : ogni personaggio viene considerato come una funzione simbolica all’interno dell’economia allegorica del romanzo. Il cavaliere inesistente costruisce infatti un sistema coerente di opposizioni — forma e materia, norma e desiderio, identità e ruolo, presenza e assenza — che si distribuisce tra i personaggi e permette di leggere la cavalleria non come semplice valore storico, ma come un dispositivo moderno di legittimazione del soggetto. Agilulfo incarna la pura forma normativa, un’identità fondata esclusivamente sul ruolo e sul rispetto della regola ; Gurdulù rappresenta invece l’essere senza forma, la presenza corporea priva di coscienza riflessa ; Rambaldo e Bradamante si collocano in una posizione intermedia, dove l’identità si costruisce attraverso il desiderio, il racconto e l’esperienza. Come osserva Di Carlo, i personaggi dei Nostri antenati non vanno letti come individui realistici, ma come figure emblematiche che rendono visibili conflitti astratti e strutture simboliche della modernità, trasformando il romanzo in una vera e propria allegoria dell’identità contemporanea (Di Carlo, 1978). In questa prospettiva, la cavalleria appare come una forma vuota che può essere indossata, trasmessa o abbandonata, rivelando la fragilità di ogni identità fondata unicamente su norme, titoli e riconoscimenti.
4.1. Agilulfo Emo Bertrandino
Agilulfo emerge come una contraddizione strutturale : cavaliere perfetto sul piano della regola e, al tempo stesso, privo di corpo. La sua armatura, scintillante e impenetrabile, non protegge una carne, ma custodisce una forma : un insieme di doveri, formule, rituali e prescrizioni che, nel romanzo, costituiscono il fondamento dell’identità. In questo senso, Agilulfo non è soltanto un personaggio, ma una funzione simbolica : rappresenta l’idea che l’esistenza possa essere garantita da titoli, disciplina e linguaggio (Calvino, 2013, p. 77).
Agilulfo è il prototipo del cavaliere “irreprensibile” : valoroso, leale, custode dei codici d’onore e della giustizia cavalleresca. Tuttavia, dietro questa maschera impeccabile, si manifesta il paradosso decisivo dell’opera : l’identità come pura conformità. La sua “inesistenza” fisica non è un semplice elemento fantastico, ma uno strumento per interrogare l’essenza stessa del soggetto : che cosa resta dell’“io” quando è ridotto a ruolo, protocollo, funzione sociale ? La vacuità del corpo è emblematica del conflitto che attraversa il romanzo : Agilulfo lotta per mantenere intatta la propria legittimità, cercando di colmare lo scarto tra assenza materiale e forza normativa. Il suo desiderio di essere “veramente” cavaliere, nonostante la mancanza di presenza tangibile, diventa un’indagine sull’identità come costruzione : ciò che appare pieno e solido (l’onore) può rivelarsi dipendente da una prova, da un racconto, da un riconoscimento esterno.
Inoltre, Agilulfo può essere letto come figura della finzione produttiva : la sua coerenza, pur paradossale, influenza e organizza il mondo circostante, mostrando come le finzioni sociali e simboliche possano dare forma alla realtà. Un esempio testuale esplicito è la scena in cui Agilulfo marcia con l’armatura vuota tra le truppe, e le sue parole, il linguaggio del dovere e del codice cavalleresco, determinano l’ordine e il comportamento dei soldati circostanti (Calvino, 2013, p. 78).
La scrittura di Calvino conferisce al personaggio un’aura di nobiltà e ambiguità, ma l’interesse principale di Agilulfo risiede nel suo funzionamento allegorico : mostra la fragilità dei fondamenti identitari e illustra come l’identità possa essere costruita attraverso norme, riconoscimenti e finzioni simboliche, più che attraverso la realtà corporea. L’eroe è dunque un cavaliere maschile, coerente con la struttura narrativa del romanzo, e non un’eroina, come a volte erroneamente riportato.
4.2. Rambaldo, Bradamante e Sofronia
Rambaldo è un giovane cavaliere che entra nella vicenda animato da un impulso primario : vendicare la morte del padre e costruirsi un nome. La sua giovinezza si manifesta come inquietudine, impulsività e impazienza ; egli incarna la dimensione del desiderio — di gloria, di riconoscimento, di appartenenza — che alimenta i “sogni di cavalleria”. Tuttavia, la sua determinazione incontra ostacoli imprevisti : non solo la distanza “metallica” di Agilulfo, ma anche l’attrito con un ordine gerarchico e rituale che, invece di facilitare l’impresa, la rende complicata e rigida, quasi burocratica.
Compiuta la vendetta, Rambaldo sperimenta una forma di vuoto : l’obiettivo che sosteneva il suo percorso si esaurisce e il personaggio appare in cerca di un nuovo senso. È qui che interviene Bradamante, cavallerizza e figura di rovesciamento : ella non è una dama passiva, ma un soggetto armato e desiderante, capace di mettere in crisi la scenografia tradizionale della cavalleria. Rambaldo si innamora di Bradamante e tenta di diventare paladino per meritare il suo sguardo ; l’amore diventa così un secondo motore identitario, non meno idealizzato della vendetta.
La ricerca dell’affetto di Bradamante prende talvolta una piega ambigua, poiché Rambaldo ricorre all’inganno ; qui l’allegoria si fa più sottile : la cavalleria, intesa come ideale di sincerità e valore, entra in contraddizione con le strategie concrete del desiderio.
In parallelo, Sofronia svolge una funzione fondamentale come nodo “giuridico-narrativo” : la sua storia è decisiva perché mette in gioco la prova, la testimonianza e la legittimità dei titoli. È infatti attraverso Sofronia — e la verità sulla “dama salvata” — che la nobiltà di Agilulfo viene contestata, mostrando come l’identità cavalleresca possa dipendere da un dettaglio narrativo o documentale. Per rafforzare questa dimostrazione.
Questa sezione unisce quindi le figure di Bradamante e Sofronia in un’unica analisi coerente, evidenziando come desiderio, regole cavalleresche e legittimazione narrativa interagiscano per costruire e mettere in crisi l’identità dei personaggi.
4.3. Gurdulù
Gurdulù costituisce la controfigura radicale di Agilulfo. Se quest’ultimo rappresenta la “pura forma”, Gurdulù incarna la “pura immanenza” : un essere senza progetto, senza volontà stabile, che si confonde con le cose e con le situazioni circostanti. La sua funzione allegorica è mostrare l’altra polarità dell’identità : l’esistenza come presenza immediata e non riflessa, che sfugge a ogni definizione e a ogni ritualizzazione.
L’inserimento di Gurdulù accanto ad Agilulfo (come scudiero) intensifica l’effetto satirico del romanzo : la cavalleria appare simultaneamente come forma vuota e come vita senza forma, e il lettore è posto davanti a un paradosso moderno—non si “è” mai del tutto, ma si oscilla tra ruoli imposti e dispersione del sé. Gurdulù seguiva il tamburo cadente, rotolando tra gli scudi e le lance, senza sapere se era lui a muoversi o erano gli oggetti attorno a lui a guidarlo.(Calvino, 2013, p. 81). Questa scena mostra concretamente la sua “confusione con le cose” e mette in evidenza la polarità opposta ad Agilulfo : la vita vissuta come presenza immediata, senza norme né progetto, che sfugge a ogni definizione e ritualizzazione.
5. La società cavalleresca : oltre i riti e le maschere
La “società cavalleresca” è letta come un sistema di riti e di maschere : Calvino ne mostra l’efficacia normativa ma anche il carattere artificiale, esposto al paradosso e alla satira. In questa prospettiva, la cavalleria non coincide con un semplice scenario storico, bensì con un dispositivo simbolico che organizza comportamenti, linguaggi e gerarchie, producendo identità riconoscibili e legittime.
Questo emerge chiaramente nella scena in cui Carlo Magno passa in rassegna le truppe e i cavalieri devono rispettare rigidi protocolli di posizione, movimento e saluto. Agilulfo, come cavaliere “irreprensibile”, rispetta ogni formalità : solleva la celata senza mai mostrare il volto e mantiene la postura perfetta, mettendo in scena i rituali di riconoscimento del corpo cavalleresco (Calvino, 2013, p. 77).
Allo stesso modo, Agilulfo controlla e organizza i compiti dell’accampamento con precisione quasi burocratica : ispeziona i cavalli, distribuisce le guardie, assegna le pattuglie e corregge le negligenze degli altri cavalieri, seguendo regole prestabilite e rituali di comando (Calvino, 2013, p. 85). Questi episodi mostrano come la cavalleria regoli i comportamenti, produca gerarchie e determini la legittimazione sociale dei personaggi, sostituendo spesso l’autenticità dell’azione con la conformità ai protocolli.
Perciò , il romanzo costruisce un sistema di opposizioni che organizza i personaggi in funzione allegorica : Agilulfo rappresenta la forma, la norma e la disciplina ; Gurdulù incarna la materia, la volontà immediata e la confusione con le cose ; Rambaldo porta la dimensione del desiderio e dell’idealizzazione ; Sofronia e Bradamante introducono elementi di prova, legittimazione e inversione dei ruoli tradizionali.
Questa struttura consente di leggere la cavalleria come un dispositivo simbolico moderno che produce identità riconoscibili, ma sempre fragili e contingenti. I rituali, i protocolli e le cerimonie sono la cornice entro cui le identità vengono costruite, mantenute o messe in discussione, mostrando come norme, desideri e finzioni si intreccino in un processo di legittimazione narrativa.
Per esplorare la società cavalleresca, Calvino mette in evidenza la tensione tra forma e vita : da un lato l’ordine dei riti, delle regole e delle formule, e dall’altro la resistenza del desiderio, dell’imprevisto e del corpo. La prosa, sostenuta dall’ironia, rende visibile la dimensione “teatrale” di questo mondo : la cavalleria funziona come un palcoscenico in cui i personaggi recitano ruoli codificati, ma in cui le maschere possono incrinarsi, lasciando emergere l’ambivalenza dell’essere.
Una scena significativa che mostra questo contrasto è quella del banchetto in cui viene messa in discussione l’onore di Agilulfo. Nel corso della cena, Torrismondo accusa Agilulfo di non aver realmente salvato la donna di cui il cavaliere rivendicava il merito, sostenendo che la “dama salvata” fosse in realtà la madre di Torrismondo. In questo momento il cerimoniale cavalleresco, fatto di parole di elogio e formule di riconoscimento, si incrina : ciò che doveva essere conferma di valore si trasforma in motivo di disistima, e la forma perde la sua efficacia performativa (Calvino, 2013, p. 91).
Questa scena mostra chiaramente come l’apparato rituale della cavalleria — con le sue lodi, i suoi onori e i suoi protocolli — possa rivelarsi vuoto o inadeguato quando entra in contatto con i fatti e con la testimonianza diretta. È in questi momenti che il desiderio, l’imprevisto e la concretezza del corpo interrompono la recita, facendo emergere l’incompletezza delle forme e la fragilità delle identità costruite esclusivamente sulla regola.
Il dualismo si configura come tema chiave, soprattutto nella coppia Agilulfo/Gurdulù, che rappresenta due estremi complementari : ordine e caos, norma e dispersione, identità come ruolo e identità come pura presenza. Agilulfo, cavaliere senza corpo, incarna l’efficacia normativa del rito : “esiste” in quanto riconosciuto, nominato, investito — la sua armatura è lucida, bianca e il suo comportamento è dettato dal rispetto rigoroso delle regole cavalleresche e dei protocolli (Calvino, 2013, p. 45).
Al contrario, Gurdulù sfugge alla logica dell’investitura e dell’autodefinizione : è un essere che tende a confondersi con ciò che lo circonda, che non ha coscienza di sé e si immedesima nelle situazioni e negli oggetti senza mai assumere una posizione stabile. In certi momenti del racconto, egli si lascia trascinare dall’ambiente in modo così totale da perdere ogni distinzione tra sé e il mondo — incarnando così l’opposto dell’identità controllata e formale di Agilulfo (Calvino, 2013, p. 44).
Questa contrapposizione mostra come Calvino utilizzi i due personaggi per esplorare la tensione tra forma e vita : Agilulfo rappresenta il sistema di norme e ruoli che pretendono di dare ordine al mondo, mentre Gurdulù rappresenta la spontaneità, l’istinto e l’essere senza progetto. Insieme essi rendono visibile come l’identità possa oscillare tra controllo e dispersione, e come né la forma né la semplice presenza siano sufficienti da soli a garantire un’esistenza pienamente riconosciuta.
Da qui emerge un conflitto strutturale : la razionalità dei riti cavallereschi pretende di disciplinare l’esperienza, mentre la “natura umana” (desiderio, paura, caso, pulsione) eccede continuamente tale disciplina. Calvino mostra che la società cavalleresca può essere al tempo stesso efficace e fragile : efficace, perché produce appartenenza e ordine ; fragile, perché si fonda su una finzione condivisa, facilmente smentibile da un dettaglio, da una rivelazione o da una contraddizione interna.
Un esempio chiave è il banchetto in cui Torrismondo contesta la nobiltà di Agilulfo, insinuando che la dama salvata fosse sua madre Sofronia : questo episodio dimostra come il prestigio cavalleresco, pur sostenuto da regole e cerimonie, possa crollare di fronte a una prova documentale o narrativa (Calvino, 2013, p. 77).
In questo senso, la satira non è solo un modo per far ridere : è un modo per capire la realtà. L’ironia mostra chiaramente i limiti e le contraddizioni del sistema cavalleresco, facendo vedere come le maschere sociali possano sembrare più “reali” dei corpi stessi e come l’onore possa trasformarsi in una vera e propria burocrazia dell’identità. Il romanzo ci invita a guardare oltre i rituali e le apparenze, e a capire che ciò che conta davvero nella vita collettiva non è tanto la sostanza, ma il riconoscimento, la storia che ci raccontiamo, le prove e le forme che seguiamo.
Questa tensione tra illusione e realtà attraversa tutto il libro : le regole della cavalleria (la forma) si scontrano spesso con la vita concreta dei personaggi (il corpo). Le norme e i desideri possono entrare in conflitto o mescolarsi tra loro. Anche i rituali e le cerimonie non sono neutri : servono a mettere alla prova l’ideale cavalleresco contro la realtà quotidiana, mostrando quanto siano fragili le costruzioni dell’identità e quanto invece potente possa essere la finzione narrativa nel dare forma alla vita dei personaggi.
In conclusione, la “società cavalleresca” descritta da Calvino appare come un laboratorio allegorico : attraverso regole, cerimonie e maschere, il testo mostra come l’ordine sociale si fondi su dispositivi simbolici che possono sostenere o svuotare l’identità. L’equilibrio tra ordine e caos—messo in scena soprattutto attraverso Agilulfo e Gurdulù—diventa allora una lente per leggere la condizione umana come oscillazione continua tra necessità di forma e irriducibile eccedenza del reale.
Questa lettura apre alla sezione successiva, dove analizzeremo lo stile di Calvino, la funzione della satira e dell’ironia, e il ruolo della narratrice, suor Teodora, come strumento di costruzione identitaria. In particolare, ci concentreremo su come l’illusione e la realtà, la norma e il desiderio, la forma e il corpo si intrecciano nel racconto, mostrando il legame tra struttura narrativa e tematizzazione dell’identità.
6. Il campo sociale
Il campo sociale viene qui inteso come spazio di posizioni e di relazioni : la cavalleria, più che un semplice sfondo storico, diventa un dispositivo che ordina i ruoli e distribuisce legittimità.
Nel romanzo« Il cavaliere inesistente »di Italo Calvino, il campo sociale riveste un ruolo importante in quanto il libro esplora le dinamiche sociali e le convenzioni dell’epoca medievale, offrendo una critica implicita alla società aristocratica dell’epoca. Sebbene il tema sociale sia intrecciato con la trama generale del romanzo, è evidente in vari aspetti della storia.
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La nobiltà e il potere aristocratico : Il romanzo si svolge in un contesto feudale, in cui la nobiltà detiene il potere e la ricchezza. Il protagonista, Agilulfo, è un cavaliere al servizio di Carlo Magno, e gran parte delle vicende ruota attorno alle corti nobiliari e ai valori aristocratici. Calvino mette in evidenza le gerarchie sociali dell’epoca, mostrando le sfide e le aspettative imposte ai membri della nobiltà.
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Le convenzioni sociali e il codice cavalleresco : Il romanzo esplora le aspettative e le norme sociali dell’epoca, in particolare attraverso il personaggio di Agilulfo. Nonostante la sua esistenza inesistente, Agilulfo è determinato a seguire il codice cavalleresco e a rispettare gli ideali di onore e virtù. Questo mette in luce la rigidità delle convenzioni sociali e l’importanza del rispetto delle tradizioni e dei valori aristocratici.
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La ribellione e la ricerca di identità : All’interno del contesto sociale dell’epoca, il personaggio di Agilulfo rappresenta una forma di ribellione contro le aspettative sociali. La sua decisione di vivere come un cavaliere inesistente, lontano dal potere e dalla famiglia aristocratica, simboleggia la lotta per l’identità individuale e l’indipendenza dalle strutture sociali rigide.
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La critica sociale implicita : Sebbene il romanzo non fornisca una critica sociale diretta, le contraddizioni e le ambiguità dei personaggi e delle situazioni mettono in discussione le convenzioni sociali dell’epoca. L’ironia e l’umorismo di Calvino emergono attraverso il modo in cui i personaggi si scontrano con le aspettative sociali e le regole cavalleresche.
7. Il campo culturale
Nel campo culturale, la cavalleria è messa in rapporto con pratiche, valori e credenze ; l’opera gioca, in modo programmatico, sulla distanza fra tradizione e modernità.
Il campo culturale è una componente fondamentale che permea l’intera narrazione del “cavaliere inesistente”. Questo aspetto culturale si estende a diverse sfaccettature :
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Cultura Cavalleresca : Il romanzo è ambientato in un’epoca medievale, ed è immerso nella cultura cavalleresca dell’Europa feudale. La storia ruota attorno ai valori cavallereschi di onore, coraggio, lealtà e nobiltà d’animo. Questi ideali culturali sono incarnati dai personaggi del romanzo, compreso il protagonista Agilulfo, e influenzano le loro azioni e le loro scelte.
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Tradizioni e Costumi Medievali : Calvino dipinge un quadro dettagliato delle tradizioni e dei costumi dell’epoca medievale, inclusi tornei, giostre, duelli e cerimonie di corte. La vita nella corte di Carlo Magno è descritta con ricchezza di dettagli culturali, offrendo al lettore un’immersione completa in questo periodo storico.
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Il Codice Cavalleresco : Il romanzo esplora in dettaglio il codice cavalleresco, che stabilisce le regole e i comportamenti ideali per i cavalieri. Questo codice influenza profondamente il personaggio di Agilulfo, che cerca costantemente di seguire gli ideali di giustizia, onore e lealtà, nonostante la sua esistenza paradossale.
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La Ricerca di Significato : Oltre alla cultura cavalleresca, il romanzo tratta temi culturali più ampi, tra cui la ricerca di significato nell’assurdità dell’esistenza umana. La lotta di Agilulfo per affermare la sua identità e il suo ruolo nella società riflette il desiderio umano di dare un senso alla propria vita, anche quando le circostanze sembrano paradossali o illusorie.
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Critica Sociale e Filosofia : Attraverso le interazioni e le sfide che i personaggi affrontano nel contesto culturale dell’epoca, il romanzo pone domande filosofiche più ampie sulla natura dell’identità, dell’illusione e della realtà. Calvino utilizza l’ironia e l’umorismo per mettere in discussione le convenzioni sociali e culturali, evidenziando le contraddizioni e le ambiguità presenti in esse.
8. La donna nel romanzo
La rappresentazione del femminile non è un “tema” aggiunto, ma un punto di crisi del sistema cavalleresco : desiderio, scelta e riconoscimento rimettono in gioco l’ordine dei ruoli. In particolare, Il cavaliere inesistente mostra come l’ideale cavalleresco—fondato su prova, disciplina e legittimità—si incontri con un campo affettivo che eccede la norma e costringe i personaggi a ridefinire identità e valore.
“Così sempre corre il giovane verso la donna, ma davvero amore per lei a spingerlo ? O non è amore soprattutto di sé, ricerca di una certezza d’esserci che solo la donna gli può dare ? …
… corre e s’innamora il giovane, insicuro di sé, felice e disperato, e per lui la donna è quella che certamente c’è, e lei solo può dargli quella prova. Ma la donna anche lei c’è e non c’è : eccola di fronte a lui, trepidante anch’essa, insicura, come fa il giovane a non capirlo ? …” (Calvino,2013,p. 57)
Questo passaggio esplicita una dinamica decisiva : nel “sogno di cavalleria”, la donna rischia di funzionare come una prova di realtà per l’uomo, cioè come una garanzia esterna dell’esserci. Tuttavia, Calvino rovescia subito tale schema : anche la donna “c’è e non c’è”, non come vuoto ontologico (alla maniera di Agilulfo), bensì come soggetto attraversato da incertezza, desiderio e ambivalenza. Il femminile diventa così un punto di frattura nel dispositivo cavalleresco : mette in luce che la legittimità non può ridursi a titolo e rito, perché dipende anche da riconoscimenti affettivi e dalla libertà di scelta.
In questo quadro, Bradamante si distingue come figura di rovesciamento : non è soltanto oggetto di conquista, ma una cavallerizza armata e desiderante, capace di orientare l’azione degli altri personaggi e di incidere sulle motivazioni stesse del racconto. La sua presenza destabilizza il modello tradizionale della cavalleria, attribuendo al femminile agentività e iniziativa nel determinare il corso degli eventi.
La relazione con Rambaldo mostra come l’ideale eroico possa trasformarsi in strategia di seduzione e in costruzione di sé : il giovane tenta di “diventare” cavaliere perfetto per meritare lo sguardo di Bradamante, e in questo tentativo si rivela la natura performativa della cavalleria — l’identità come ruolo da incarnare piuttosto che come essenza data.
Un esempio testuale significativo si trova nella scena in cui Bradamante entra in combattimento e impugna le armi con determinazione, dimostrando chiaramente la sua competenza cavalleresca, Bradamante strinse la spada, avanzando con passo deciso, non come dama protetta, ma come guerriera in proprio diritto (Calvino, 2013, p. 68).
Allo stesso modo, l’idealizzazione di Rambaldo nei confronti di Bradamante emerge in vari momenti del romanzo, tra cui quello in cui egli osserva la cavallerizza con ammirazione e desiderio, cercando di modellare le proprie azioni sui suoi sguardi e sulle sue reazioni (Calvino, 2013, p. 51).
Il nodo dell’armatura di Agilulfo ritorna come elemento simbolico anche in relazione a Bradamante e Rambaldo : l’armatura vuota, che Agilulfo indossa senza corpo, diventa un modello da imitare per Rambaldo e uno specchio critico per Bradamante, segnalando quanto l’ideale cavalleresco sia dipendente da performance, percezione sociale e riconoscimento esterno (Calvino, 2013, p. 74).
Accanto a Bradamante, la vicenda di Sofronia introduce un asse differente : quello della prova e della legittimità. Il suo ruolo narrativo è cruciale, perché la verità sulla “dama salvata” diventa l’elemento che mette in discussione l’investitura di Agilulfo e, quindi, la possibilità stessa della sua esistenza simbolica. In questo senso, Sofronia non è solo una figura femminile “romanzesca”, ma un nodo giuridico-narrativo : attraverso di lei il romanzo mostra quanto l’onore e la nobiltà possano dipendere da testimonianze, racconti e prove esteriori, più che da virtù intrinseche.
Nella narrazione, infatti, Sofronia non è la figlia di sovrani scozzesi : è una donna il cui salvataggio da parte di Agilulfo viene messo in discussione proprio da Torrismondo, che sostiene che la “dama salvata” sia sua madre, e non una sconosciuta. Questo episodio — spesso collocato nella scena del banchetto in cui si dibatte la legittimità cavalleresca di Agilulfo — mostra come la prova narrativa (la storia di Sofronia) e la testimonianza diretta siano l’unico fondamento di un titolo e di un onore che, senza di essi, rischiano di svuotarsi di significato (Calvino, 2013, p. 83).
È attraverso questa dinamica, in cui il racconto e la verifica diventano strumenti di legittimazione o di privazione di status, che il romanzo problematizza il rapporto tra identità simbolica e realtà fattuale. Sofronia, quindi, non è semplicemente un personaggio secondario, ma la figura che mostra quanto il sistema cavalleresco sia costruito su narrazioni sociali e testimonianze piuttosto che su qualità “naturali”.
Le donne emergono come figure di scelta, resistenza e negoziazione : non si lasciano ridurre a ruoli passivi nel mito cavalleresco, ma intervengono attivamente nella costruzione delle identità e nella definizione dei destini dei cavalieri. Bradamante non è semplicemente l’oggetto del desiderio di Rambaldo, ma una cavallerizza capace di seguire Agilulfo nei suoi spostamenti e di prendere decisioni autonome, mostrando che la visione tradizionale della donna medievale viene messa in crisi nel romanzo e riformulata secondo un modello di agentività significativa (la guerriera bradamante che si unisce alla ricerca di Agilulfo).
Allo stesso modo, Sofronia non rimane un semplice elemento narrativo secondario : la sua identità e la sua storia — in particolare la rivelazione secondo cui non è legata biologicamente a Torrismondo e può quindi sposarsi con lui — giocano un ruolo fondamentale nel mettere in discussione le legittimazioni dei titoli e dei ruoli cavallereschi, rivelando come la nobiltà possa dipendere più da rapporti narrativi che da ascendenze fisse.
Calvino intreccia così desiderio e riconoscimento con i dispositivi della norma, mostrando che l’identità — maschile come femminile — non può mai stabilizzarsi una volta per tutte, ma resta esposta a cambiamenti, contraddizioni e riformulazioni. La presenza operante delle figure femminili nel movimento narrativo conferma che il “sogno di cavalleria” non è solo un ideale astratto, ma anche un campo di trasformazioni e negoziazioni identitarie.
Conclusioni
In una danza elegante tra l’illusione e la realtà, Italo Calvino ci trasporta in un mondo dove l’identità è sfumata e i codici cavallereschi si scontrano con la condizione umana. « Il cavaliere inesistente » è molto più di una storia di cavalieri e tornei ; è un’esplorazione profonda delle domande esistenziali che affliggono l’animo umano.
Agilulfo Emo Bertrandino dei Guildiverni e degli Altri di Corbentraz e Sura, il cavaliere inesistente, incarna la lotta per trovare significato in un mondo che spesso sembra paradossale e fuggevole. La sua dedizione al codice cavalleresco e la sua ricerca di un’identità autentica risuonano come un richiamo universale alla perseveranza umana di fronte alle sfide dell’esistenza.
La prosa di Calvino, cristallina e incisiva, ci guida attraverso questo labirinto di domande filosofiche, esplorando la tensione tra apparenza e realtà, tra la forma e il contenuto. La critica implicita alle convenzioni sociali e culturali dell’epoca medievale aggiunge un ulteriore strato di profondità al romanzo.
In definitiva,« Il cavaliere inesistente »ci invita a riflettere sulla natura stessa dell’identità, dell’illusione e del significato nella vita umana. Calvino ci offre un capolavoro letterario che continua a risplendere attraverso le ere, ricordandoci che, anche quando l’esistenza può sembrare inafferrabile come l’armatura vuota di Agilulfo, la ricerca di significato e di verità è un viaggio eterno che ci definisce come individui e come esseri umani.
