Introduzione
Tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta l’Italia ha conosciuto un periodo molto controverso, nominato gli anni di piombo che ha accolto gli eventi più atroci della violenza politica. La guerriglia è stata scoppiata tra le forze dell’ordine ed i gruppi terroristici tale le brigate rosse e la Prima Linea che sono due organizzazioni che hanno scelto la via della militanza armata nello scopo di cambiare la realtà del paese in un mondo dinamico di continuo mutamento.
Gli anni di piombo hanno avuto un fortissimo impatto sulla società, e in conseguenza ha messo i letterati davanti a questo prova difficile, la prova di riflettere questa nuova realtà tramite la loro letteratura, certamente il letterato si sentiva sempre l’esigenza di esprimersi usando la letteratura, di sicuro un periodo così toccante non poteva lasciare dietro uno scrittore muto e taciuto dall’immensità dal fatto e delle vicende dalle quali si poteva estrarre migliaia di opere.
Il letterato in conseguenza agli eventi degli anni di piombo ha trovato molti ostacoli, non è stato facile scrivere degli anni di piombo, la realtà era complessa e mascherata, gli eventi non sono stati divulgati in un modo che potesse offrire le trace di una trama letteraria, anzi scrivendo degli anni di piombo avrebbe messo in rischio lo schieramento sociale, e anche quello politico dell’autore, tutti questi fattori hanno spinto qualche autore a tacere e di rimanere nell’angolo morto della letteratura che narra la violenza politica.
In questo articolo trattiamo gli scrittori e le loro opere, sicuramente quelli che hanno avuto il coraggio di scrivere e di riflettere la realtà degli anni di piombo e della violenza politica con la loro letteratura. Gli autori che abbiamo scelto sono quelli che hanno avuto l’originalità dello stile e la forza espressiva che gli permetteva di fare questo genere di letteratura difficile complicata.
Per quanto riguarda il tema del giovane terrorista abbiamo l’intenzione di trattare le opere degli scrittori : Marco Baliani, Fernando Ambruru e Giorgio bocca che hanno dimostrato una forte bravura in questo genere di narrativa. Nella seconda parte intendiamo analizzare il tema della fuga letteraria nella rappresentazione letteraria della violenza politica nelle cinque opere di Antonio Tabucchi, nelle quali senza dubbio ha dimostrato un’abilità nella rottura degli schemi di blocco della narrativa degli anni di piombo, al contrario degli scrittori che hanno scelto di tacere.
1. La figura del militante
La violenza politica che l’Italia ha conosciuto tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta ha provocato un forte impatto sul letterato italiano. Il letterato che per professione o per abitudine aveva il mestiere di riflettere la società tramite la sua letteratura, ma per la prima volta nella storia italiana contemporanea incontra una società estremamente complicata con dei nodi intrecciati.
Gli anni di piombo che si sono scatenati nella fine degli anni Sessanta hanno partorito un nuovo individuo, un individuo che è stato categorizzato da terrorista dalle forze dell’ordine, ma come un militante per la causa giusta da quelli che possedevano una fiamma accesa per il combattimento, l’autore Marco Baliani scrive delle frasi molto significative al riguardo :
A volte mi sembra che questa storia si potrebbe raccontare anche […] come uno scontro tra padri e figli. Leggendo con attenzione la biografia dei terroristi, si scopre che soprattutto all’inizio della lotta armata, la maggior parte di loro proviene dalla tradizione comunista di fabbrica, dalle sezioni di partito, da famiglie antifasciste, partigiane. Oppure dal cattolicesimo estremo, dal cristianesimo militante1.
Le parole dello scrittore di Verbania si fanno molto chiare, il terrorista che adotta la violenza politica non nasce estremista, ma maggiormente ha un background sociale tra di lui, dalla citazione sopra possiamo dedurre che diventare estremista è molto probabile per quelli che hanno una tradizione politica di natura rivoluzionaria tale il comunismo, oppure per quelli che hanno abbracciato un cattolicesimo di natura estrema. Dall’altro lato possiamo concentrarsi sulla constatazione che Marco Baliani ha fatto sullo scontro tra figli e padri, qui riduce volutamente lo scontro violento a uno scontro tra figli e padri, certamente vuole comunicare l’idea che la guerriglia è tra i giovani di oggi e il vecchio sistema che reggeva l’Italia per molti anni.
Dunque la figura paterna non ha più lo stesso significato di un giovane estremista. Giorgio Bocca trova che la figura del padre ha un profondo paradosso, perché egli ha a che fare con entrambi : la società e il figlio, infatti egli scrive « non è padre solo per quello che fa con il figlio, ma anche per quello che fa con la società : e le leggi che regolano questi due spazi di azione non sono le stesse2 » dunque tutti questi fattori hanno attribuito a una profonda fessura nelle relazioni sociali, soprattutto tra il vecchio e il nuovo : il vecchio che s’è ritenuto più esperto e che possedeva i previlegi di regnare, e il nuovo ribelle, incarnato nel giovane estremista che si sente previlegiato e che ha il dovere di cambiare l’ordine delle cose e far ruotare gli ingranaggi nel senso opposto.
2. La figura del giovane estremista nella letteratura
La storia dell’itala, le vicende politiche e le relazioni sociali hanno fatto nascere la figura del giovane estremista, questa nuova figura è stata molto trattata dalla letteratura italiana, almeno per i letterati che hanno scelto di esprimersi.
Fernando Ambruru, nel suo romanzo intitolato Patria, pubblicato nel settembre del 2016, tratta il fenomeno dell’aderire dei giovani al sistema terroristico durante gli anni di piombo, l’opera mette in evidenza la figura del giovane terrorista, anzi mette più in evidenza quel sortilegio che il lavoro armato getta sui giovani, il fatto che li attira alla devastazione, alla violenza, al disordine e al male, non solo fare del male agli altri, ma anche farsi del male.
In Patria, lo scrittore lascia una frase moto profonda, una frase che fa sentire l’anima del giovane terrorista : « Bittori, per l’amor di dio, perché scavi in quella ferita ? « E allora gli ho risposto : » Per tirare fuori tutto il pus che c’è ancora dentro. Altrimenti non si chiuderà mai. Non ne parliamo più3 », infatti questa citazione riflette perfettamente il modo di pensare degli estremisti, si doveva fare del male, non perché gli piaceva farlo, ma perché era necessario, lo scrittore paragona il pus della ferita al vecchio sistema che non faceva che peggiorare le cose in Italia, mentre per sistemare le cose, si doveva scavare nelle profondità, in conseguenza farsi del male, ma come esito il risultato sarebbe soddisfacente. La citazione si chiude con il fatto che il giovane non vuole più parlarsene, qui lo scrittore allude al fatto che sul livello mentale non era una cosa piacevole per il terrorista di parlare delle sue azioni, ma certamente soffriva di un certo disturbo psichico al riguardo. La figura del giovane terrorista viene rappresentata nello stesso modo da molti letterati sia stranieri che italiani.
2.1. Difficoltà nella narrazione del giovane terrorista
Senza pensarci due volte possiamo dedurre che la forma scritta che voleva raccontare, o per lo meno rappresentare la figura del giovane estremista ha incontrato delle difficoltà, questo è senza dubbio dovuto alla complicazione della figura in sé stessa, da un lato abbiamo la forma complessa dell’anima del giovane terrorista, d’all’altra la sua storia oscura e difficile da trascinarne le verità delle vicende, soggiunge a questo la natura dello scrittore sé stesso :
all’inizio degli anni Settanta fino ai primi anni Ottanta, la narrazione scritta della lotta armata è costituita soprattutto da spiegazioni esterne sia al terrorismo che alla letteratura : parlano dell’argomento perlopiù i giornalisti, gli storici, i sociologi – e, al cinema, soprattutto (anche se non esclusivamente) i registi di genere : con film polizieschi, perlopiù considerati di destra, o di denuncia, quasi sempre di sinistra – con alcuni singolari e a volte interessanti incroci.4
dunque il campo della letteratura negli anni di piombo ha lasciato un grande spazio per la produzione scritta che non attribuiva fortemente all’arricchimento della letteratura riguardante il terrorismo in generale, e la figura del giovane estremista, dunque ci permettiamo di dire che le spiegazioni che andavano di moda sono quelli esterni al campo letterario e alle vere vicende degli anni di piombo, mettiamo in eccezione grandi autori come Leonardo Sciascia, e Nanni Balestrini che hanno prodotto delle opere eccezionali che riguardano gli anni di piombo.
2.2. Timidezze letterarie di Antonio Tabucchi
Anche i letterati che hanno voluto rischiare e prendere l’impresa di riflettere il terrorismo giovanile nel romanzo, notiamo la timida rappresentazione di questa figura, per dare un esempio inseriamo la seguente citazione dello scrittore Tabucchi :
Ma non è mai stato così radicale, il Leo, lo faceva per farmi fare brutta figura con Maddalena, ad ogni modo un po’per convinzione o un po’per caso si trovò a ricoprire un ruolo di primo piano, diventò così il più importante del gruppo, ma anche per lui fu un piccolo equivoco che lui credeva senza importanza. E poi sapete com’è, succede che la parte che uno si assume diventa vera davvero, la vita è così brava a sclerotizzare le cose, e gli atteggiamenti diventano scelte.5
Antonio Tabucchi riduce l’immensità dell’evento, e la gravità della situazione, dato che il terrorista è un giovane ragazzo, a un semplice equivoco, cioè il terrorismo stesso è un mero equivoco. Qui il giovane terrorista non dimostra nessun dei valori che abbiamo già trattato, egli non vuole liberare il paese o affrontare la vecchia figura del padre rappresentata dal vecchio corpo politico, con questa timidezza letteraria, lo scrittore riduce la volontà del militante a una semplice volontà di essere in primo piano e attirare più attenzione con le sue azioni. Il tema non è più forte, anzi non rilascia quasi nessun sentimento negativo e si appiatta al livello di un semplice equivoco.
Antonio Tabucchi ha avuto quasi lo stesso atteggiamento letterario precedentemente quando ha scritto il suo romanzo il gioco del rovescio dal quale abbiamo estratto la citazione seguente che mette in prima linea la figura del figlio terrorista : « ecco, così era mio figlio. cosa gli hanno fatto ? ho visto la foto sui giornali, lo hanno trucidato, e io non ho potuto neanche vederlo, hanno scritto che ha fatto cose… non ho il coraggio di dirlo… atroci6 ». Tabucchi quasi discrimina il giovane ragazzo che ha scelto la violenza politica come via di cambiamento, egli gioca chiaramente sui sentimenti emessi dalla mamma che ha perso il figlio, infatti si concentra sul malore della mamma in dolore per la sua perdita.
Il lettore del Gioco del Rovescio dunque si trova davanti a situazioni narrative come quella della mamma che piange la morte di suo figlio, queste situazioni si focalizzano sull’estremista come una vittima, notiamo bene l’uso del verbo ‘trucidare’dunque il figlio non è stato giustiziato, ma massacrato barbaramente dalle forze dell’ordine, tutto ciò squilibra la bilancia del lettore che possiede un pregiudizio sul fenomeno della violenza politica. Questa rappresentazione del giovane brigatista è molto timida, e rappresenta un’ovvia timidezza nella rappresentazione degli eventi della violenza politica.
Nonostante il romanzo di Tabucchi, il gioco del rovescio sia scritto dopo l’evento che ha segnato gli anni di piombo, qui si allude al sequestro del segretario generale della Democrazia Cristiana dai gruppi armati delle brigate rosse, lo scrittore non dà nessuna retta nel suo romanzo che avrebbe trattato il tema dei giovani terroristi nel racconto Dolores. Possiamo dare un altro esempio nella stessa raccolta di Tabucchi, e precisamente nel racconto intitolato eponimo, lo scrittore non parla affatto del terrorismo nonostante il protagonista che fa parte di un gruppo terroristico, e nonostante il quadro storico nel quale il romanzo di Tabucchi è stato scritto, tutto ciò rappresenta una fuga dal reale e mimetizzazione nella prospettiva.
3. Letteraria di Tabucchi
3.1. Una fuga letteraria
« I terroristi che appaiono negli scritti di questo autore antifascista sono sempre presentati con delle sfumature psicologiche e etiche che mettono in rilievo la loro complessità umana7 » infatti la fuga letteraria che abbiamo già analizzato risiede in un itinerario surreale che si trova tra la realtà e la percezione del fenomeno, invece di darci la realtà cruda, l’autore ha scelto volutamente la presentazione psichica e etica, tramite le quali mette in evidenza la complessità della formula umana.
Nel 1978, Tabucchi scrive il suo primo romanzo che tratta la situazione politica italiana degli anni di piombo, ma anche è considerato il primo romanzo che rappresenta la fuga letteraria di Antonio Tabucchi davanti alla situazione violenta, infatti il romanzo tratta la storia di arresti politici e di una sentenza buffa di un tale Sesto che ha perso la moglie a causa delle forze dell’ordine, la sentenza viene ridicolizzata trasformando la scena dallo scrittore a una sentenza nella quale il protagonista è stato processato da una gorilla e dei cani come gendarmi. Sesto definisce la le legge come una legge « subdola e asinina che non riconosco, ma che disprezzo e derido8 ».
L’andamento del romanzo del Piccolo Naviglio va quasi contro il contesto storico del paese che stava affrontando l’apice del terrorismo, il personaggio Sesto perde la funzione di terrorista e assume la funzione di una vittima della legge e delle forze dell’ordine, questa constatazione ci porta a una riflessione sul pensiero di Tabucchi e sul suo schieramento politico, certamente lo scrittore non era affatto a favore del militanza terroristica, anzi rappresenta il suo protagonista come un personaggio di certa negatività, ma il nostro scrittore rimane sempre nella timidezza di divulgare la verità com’è senza ricorrere agli schemi psicologici del suo personaggio, in altre parole : lascia il compito di capire quello che si trova tra le lettere al lettore.
Un altro volume tabucchiano che dimostra chiaramente quello abbiamo chiamato una fuga letteraria, è il romanzo intitolato Il battere d’ali di una farfalla a New York può provocare un tifone a Pechino ? È una raccolta di racconti pubblicati nel 1991, dunque dopo la fine del periodo chiamato gli anni di piombo, in questa raccolta Tabucchi narra la storia dell’interrogatorio di ex-brigatista, ossia un pentito che ha mollato il lavoro armato e gli attentati terroristici. Il poliziotto usa dei metodi di interrogazione che non sono molto comuni dalla polizia, cioè egli sorpassa i metodi abituali per usare la violenza contro un terrorista pentito.
In seguito a questo interrogatorio l’ex-brigatista confessa di essere coinvolto nell’omicidio di un diplomatico straniero, o lo inventa semplicemente, certamente non lo inventa per capriccio, ma perché voleva liberarsi dalla miseria che subiva, questo è un colpo di scena offerto da Tabucchi, come un terrorista fosse in grado di inventare un omicidio che non ha commesso per evadere l’atrocità del poliziotto. Dunque la fuga letteraria qui consiste nel fatto di rinversare i ruoli, o meglio dire la funzione del personaggio. Giocando sul lato psichico e sul colpo della scena trascina il lettore nel suo mondo, appunto, anche sapendo le atrocità commesse dai terroristi, il lettore si trova perplesso davanti alla complessità della situazione. Dunque di nuovo Antonio Tabucchi, commette la sua fuga letteraria, non comunicando le verità come sono, ma mettere il suo tocco per fuggire nella sua prospettiva letteraria.
Quello che rende la fuga letteraria di Tabucchi in Il battere d’ali di una farfalla a New York può provocare un tifone a Pechino ? È la somiglianza delle vicende del romanzo a una storia vera di brigatista di nome Adriano Sofri che è stato accusato di essere un mandato per eseguire l’assassino del commissario Luigi Calabrese nel maggio del 1972.
Antonio Tabucchi nega che il suo personaggio Leonardo Marino sia lo stesso Sofri, l’ha negato pure davanti al giudice che ha interpellato lo scrittore, che a suo turno e con un gioco di parole ha negato fino in fondo l’accusa : « ha fatto di tutto per assomigliare al mio personaggio. È diventato il mio personaggio. Mi ha copiato9 ».
Nel 1991 Tabucchi pubblica un romanzo intitolato L’Angelo Nero, anche in questo romanzo lo scrittore trasmette la realtà nella sua maniera, questa volta rappresenta un nuovo genere di violenza, il romanzo tratta la storia di un giovane ragazzo incarcerato per la sua militanza armata, questo terrorista subisce una violenza perché ha rifiutato di collaborare con le forze dell’ordine. Qui Tabucchi ritorna con l’elemento della coercizione mentale che ha integrato più di una volta nei suoi scritti, dato che s’è basato principalmente sul lato psicologico dei personaggi per costruire le vicende secondo la sua prospettiva e la sua percezione del fenomeno.
Nel 2004, Tabucchi pubblica una nuova opera nella quale si esprime sugli anni di piombo tramite la sua letteratura, appunto pubblica Tristano Muore. Questa opera è considerata dai critici una delle opere più complesse di Antonio Tabucchi. Il suo protagonista Tristano un ex-partigiano che adotta un ragazzo e che gli insegna la sua politica di militanza, invece il figlio diventa un terrorista nero, spietato e pericoloso. Dunque come nel caso del Gioco del Rovescio anche in questo romanzo abbiamo un genitore che piange il figlio perduto nelle braccia delle forze del male :
Usciva nell’orto di notte, errava per i campi e per la vigna, si sdraiava sulla nuda terra, con le zolle si copriva la fronte in un segno di lutto tutto suo, e un po’di terra la metteva anche in bocca […] era un bambinetto allegro che portavo a cavalcioni giocando sotto la pergola, e lui coglieva l’uva ridendo, come lo amavo, come un figlio […] avrebbe continuato il mio sguardo, sarebbe stato un po’di me, era tutto quello che mi era rimasto per quello che avevo combattuto […] neanche sepoltura ho potuto dargli, il suo corpo è disperso in pezzi chissà dove, lacerato dalle furie10.
Parlando di un terrorista nero, si aspetta che lo scrittore scrisse delle sue atrocità e dei suoi attentati, invece Tabucchi insiste sulla sua fuga letteraria fino in fine, qui abbiamo la storia che si concentra sul padre che piange il terrorista e che si dà la colpa della degenerazione del figlio. Una notevole espressione che ci attira l’attenzione è quella nella quale il padre ammette l’impossibilità di vedere il corpo del figlio perché è disperso in pezzi da qualche parte, dunque anche qui c’è un tipo di compassione con il terrorista che fi dimenticare la sua vera natura.
3.2. Ostacoli letterarie nella narrazione degli anni di piombo
Quello che abbiamo ritenuto dalla narrazione letteraria degli anni di piombo, è il fatto che il letterato ha incontrato degli ostacoli nella sua produzione, certamente il lettore non avrebbe aspettato una letteratura simile per un periodo così sanguinario della storia italiana contemporanea.
Il problema è più profondo da quello che si pensa, lo scrittore deve comunicare al lettore la sua visione, ma possiamo dire che il suo lettore è pronto per ricevere questo genere di letteratura ? in effetti, gli anni di piombo hanno lasciato una cicatrice molto profonda nella società italiana, questa ferita ha creato a suo turno una fessura tra il lettore e il letterato, appunto, gli anni di piombo hanno suscitata sentimenti differenti e ambigui dall’individui, questo è dovuto agli sentimenti di angoscia, di paura e la voglia della rimozione psichica, ma il lato contradittorio è l’esistenza di un altro ceto che vede nel periodo un momento di memoria, anzi un momento nostalgico attraente e fascinante : tutto ciò ha messo il letterato in difficoltà serie, a quale lettore deve indirizzare ? In che maniera ? E con quali stile ? Tutte queste domande hanno creato il blocco letterario.
le parole di Giovanni Moro riassumono la situazione « a proposito degli anni Settanta abbiamo un linguaggio difettoso, fatto di parole ed espressioni che per lo più mancano di una sintassi che le connetta e le doti di significato. Costruire una sintassi del decennio mi sembra il compito a cui, come Paese, non abbiamo ancora atteso11 » dunque la profondità del problema va oltre la letteratura, appunto, è il problema consiste nelle divergenze che ci sono tra la lingua che va essere usata e la storia che l’autore deve narrare.
Oltre alla lingua che va usata il letterato ha incontrato altri problemi, perché gli anni di piombo si sono riassunti da molte personaggi, anche della politica soltanto sulla violenza, dunque hanno oscurato i meccanismi per parlare degli esiti della violenza politica, secondo Giovanni De Luna « tutto è stato appiattito su quella definizione, tutto è precipitato nel vortice del terrorismo, tutta la memoria di quegli anni si è raccolta intorno alla figura carica di sofferenza e di dolore di Aldo Moro12 ». La letteratura rischiava questo appiattimento che possiamo considerare negativo, la letteratura rischiava di essere piatta e di sbarazzarsi di ogni responsabilità politica o storica. Come possiamo il compito degli scrittori che hanno scelto di raccontare gli anni di piombo tale Antonio Tabucchi, ma il letterato doveva prendere in considerazione molti lati, prendendo tutte le responsabilità che gli spettavano.
Conclusione
Partendo dalle constatazioni che abbiamo fatto, possiamo capire quanto il periodo degli anni di piombo è stato difficile a raccontare. Nemmeno per la storia è stato facile, dunque è un tema tosto che non ha offerto molta libertà e molte scelte allo scrittore. Il livello della complessità era altissimo, il fenomeno aveva radici intrecciati e derivati da molti settori : politica, società, e anche religione.
Possiamo dire che il tema del terrorismo supera ogni autore, la sua complessità e il suo lato oscuro ha creato molti ostacoli per lo scrittore. Scrivere sugli anni di piombo mette in rischio addirittura lo schieramento dello scrittore, è quasi impossibile fare il fautore neutro di un’opera letteraria che tratta questo tema. Da un altro lato era molto rischioso sentire la voce del lettore prima di scrivere, fare una letteratura della violenza politica secondo le aspettative del lettore non era una scelta possibile, tutti questi fattori hanno messo lo scrittore in clima letterario molto intense, con delle scelte letterarie molto strette.
Queste constatazioni giustificano le scelte letterarie di scrittori che hanno trattato il tema del giovane terrorista tale Marco Baliani, Fernando Ambruru e Giorgio bocca, che hanno scelto di trattare il tema da un punto di vista di uno scontro generazionale, questo atto letterario ha servito da mimetizzante per la loro propria letteratura.
Il caso che ha fatto il colmo dell’intelligenza letteraria, è quello di Antonio Tabucchi che ha avuto la produzione letteraria più ricca per quanto riguarda il tema della violenza politica. Tabucchi ha scritto cinque opere narrative : « il romanzo Il piccolo naviglio del 1978 ; i tre racconti Piccoli equivoci senza importanza e Cambio di mano del 1985e Il battere d’ali di una farfalla a New York può provocare un tifone a Pechino ? del 1991 ; e il romanzo Tristano muore del 200413 ». nella sua produzione notiamo la timidezza nel trattare il tema e una fuga letteraria nella prospettiva e nel lato psicologico del suo protagonista. Tabucchi mette sempre in evidenza l’aspetto psichico che lo usa per fare un colpo di scena, il suo romanzo non va nella stessa linea delle aspettative del suo lettore, egli invece fa quello che trova più pertinente per una rappresentazione conveniente degli anni di piombo.
Anche Tabucchi ricorre alla figura del giovane militante, ossia terrorista, ma usando il suo tocco psicologico e attirando il lettore nella sua dimensione prospettica cambia questa figura a favore della sua letteratura. Il giovane terrorista per lui non è il male assoluto.