Nella storia della letteratura, ci sono personaggi indimenticabili che hanno oltrepassato i limiti del tempo e dello spazio segnando così un nuovo tipo di letteratura innovativa e universale. Fra essi spiccano anche vari personaggi femminili che finora vengono ricordati per il loro coraggio e la loro audacia. Anna Karenina, Madame Bovary, ecc. Esse in realtà sono state raccontate da scrittori maschi dato che la scrittura è da sempre stata un’occupazione per lo più maschile. È il caso delle scrittrici italiane ed algerine il cui percorso verso l’asserzione della loro abilità in quanto scrittrici è stato troppo lento e faticoso rispetto a quello delle scrittrici inglesi per esempio. Solo nel Novecento e grazie ai movimenti di emancipazione femminile, nasce l’attenzione nei confronti della scrittura femminile. A partire della seconda metà del secolo, il ruolo delle scrittrici è radicalmente modificato perché sono diventate consapevoli della loro esistenza e della loro condizione in quanto cittadine e creatrici di cultura.
In “L’Écriture-femme” (1981) opera di riferimento sulla scrittura femminile, Béatrice Didier esamina ciò che distingue la scrittura femminile dalla scrittura maschile. Tra gli aspetti distintivi di quella femminile, enumera : l’oralità, la prolissità che determina la prosodia del testo e, più importantemente, secondo noi, la presenza del corpo. Il corpo come tema appare ovviamente in diverse opere composte da scrittori maschi ma la differenza sta nel fatto che non si tratta delle stesso corpo inserito nel testo. Il corpo scritto da una donna è un “corpo/soggetto” invece quello scritto da un uomo è definibile “corpo/oggetto”.
Riguardo alla scrittura del corpo, Guido Almansi scrive :
Il punto su cui voglio insistere è questo : bisogna rifiutare il vecchio pregiudizio idealista che vede nella scrittura carnalista uno scherzo, magari volgare ; e nella scrittura psicologica o intimista, o dichiaratamente filosofica, uno strumento intelettivo. La carne è istrumento di conoscenza tanto quanto gli anfratti della memoria o le angosce della psiche, e non è affatto certo che i reperti provenienti da uno scandaglio ‘fisiologico’ siano meno importanti o meno illuminanti di quelli cheemergono dal versante opposto. La chair oltre che essere triste, è anche estremamente comica ed estremamente seria, e seriamente deve essere considerata anche là dove l’autore si sbizzarrisce nelle più oltraggiose fantasie. (Almansi, 1986, p. 106)
Sia in Algeria che in Italia, le donne hanno intrapreso un cammino faticoso e lento verso la loro notorietà all’interno del panorama letterario contemporaneo. Solo ad autori uomini è riconosciuto il titolo onorifico di grande scrittore. Lo spazio dedicato, da parte della critica letteraria, alla letteratura femminile rimane ai margini di ciò che è considerato il vero patrimonio culturale e letterario.
In questo nostro lavoro in cui vorremmo dare risalto al condizionamento socioculturale del corpo femminile nella letteratura contemporanea mettendo a confronto la letteratura femminile algerina e quella italiana. La nostra problematica è quella di evidenziare la questione del corpo femminile e del genere in “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza e in “Bed Hopper” di Ahlam Mosteghanemi. Le due scrittrici hanno oltrepassato le barriere del silenzio diversamente usando due lingue diverse e descrivendo due contesti socioculturali diversi. Proviamo a rispondere a queste domande : Come viene rappresentato il corpo femminile in queste due opere ? Come si costruisce il gender in queste due contesti diversi ? Come si esprimono le scrittrici visto che appartengono a due culture diverse ? Quali sono le differenze e le somiglianze fra queste due scritture ? Ma prima di rispondere a queste domande, è idoneo mostrare il condizionamento socioculturale del corpo e della determinazione del gender e del suo ruolo parlando della concezione del corpo in chiave antropologica.
1. Corpo, sesso e ruolo di genere
Vivendo e interagendo con gli altri, ognuno di noi sente la sua presenza, scopre la propria singolarità e si rende conto di ciò che condivide con quelli che lo circondano. Noi ci riconosciamo quando ci troviamo in un contesto socioculturale ben preciso, nel senso che la “nostra essenza” dipende dalla “presenza dell’altro” che ci è diverso e simile nello stesso tempo. Appartenendo ad un gruppo significa adottare un certo modello culturale convenzionale e condiviso da tutti quelli che fanno parte di questo gruppo ovvero di questo ‘Sé collettivo’,come lo conferma Ugo Fabietti (2010) dicendo : “L’appartenenza di un individuo ad un gruppo è resa possibile dalla condivisione, almeno parziale, di determinati modelli culturali.” (p.149)
Una delle domande cruciali a cui i sociologi e soprattutto gli antropologi provarono di rispondere, poco prima dell’emergere dell’antropologia del corpo come nuovo campo di ricerca negli anni Settanta, era infatti : “Che cos’è il corpo ?”. L’idea di “avere un corpo” non significa “essere un corpo” perché il corpo che agisce in una comunità di appartenenza condividendone “i segni” è un costrutto socioculturale che evolve rapidamente e non è più lo stesso corpo biologico che abbiamo. Esiste infatti una continua intersezione tra la cultura e il corpo. Quest’ultimo può essere considerato come un mezzo attraverso cui la cultura veicola le sue idee sulle norme sociali, l’attrattiva, la sessualità, la bellezza, la malattia, le fasi della vita dalla nascita fino alla morte. A differenza dell’evoluzione biologica, quella culturale può progredire molto più rapidamente, per cui possiamo avere disgiunzioni tra evoluzione biologica o naturale e evoluzione culturale ovvero tra il corpo biologico che abbiamo e il nostro corpo che è disciplinato, plasmato culturalmente.
Il corpo è un mediatore tra noi e il mondo che ci circonda. Ci permette di venire a contatto con l’Altro che ci è diverso e simile allo stesso tempo. “Identità” e “Alterità” sono due concetti che pur sembrando diversi sono in realtà interrelati. Infatti, attorno al concetto “identità” orbitano altri concetti come alterità, identità sessuale, identità psicosessuale, gender e ruolo di genere.
Per molto tempo, quando si riferiva all’identità di genere, venivano usati termini come : identità sessuale o identità psicosessuale (come nel caso di Freud), conferendo tra l’aspetto legato all’identità e quello connesso alla sessualità. Inoltre, con il termine “sesso” si indicava, sia in campo biologico che medico, l’appartenenza degli individui ad un genere anatomico e ad una corrispondente morfologia maschile o femminile. In realtà, vi è una grande differenza tra “sesso” e “genere”.
1.1. Le teorie di genere
Nel Ventesimo secolo, è emerso in sociologia e in antropologia un nuovo tipo di riflessione che non lega l’identità sessuale al sesso anatomico bensì alla sua performance in un contesto socioculturale ben preciso. Quando lo studio dei ruoli di genere si è ufficializzato, sono emerse sei predominanti scuole di pensiero avendo come scopo quello di spiegare perché donne e uomini occupano ruoli diversi all’interno di una data cultura. Queste teorie si basano su diversi punti di vista sullo sviluppo umano e sulle pratiche culturali.
La prima teoria è quella biologica. Essa suggerisce che le differenze nei ruoli maschili e femminili derivano dalle differenze biologiche congenite in entrambi i sessi. Si concentra tradizionalmente su cromosomi, dimensione del cervello e ormoni. (Maccoby, 1966 ; Christen, 1995 ; Dobson, 1995).
La seconda teoria è quella strutturale-funzionale. Essa precisa che ogni sesso deve avere ruoli e lavori che perpetuano la società e la mantengono funzionante in modo efficiente affinché la società si mantenga. (Parsons & Bales, 1955 ; Eagly, 1987).
La terza teoria è quella dello sviluppo cognitivo (Kohlberg, 1966 ; Baldwin, 1971), che si concentra sullo sviluppo del bambino in diverse fasi. Questa teoria è modellata sul lavoro di Jean Piaget (1952, 1954) che si concentrava sulle fasi di apprendimento intellettuale e sociale nei bambini. Seguendo le fasi generali di apprendimento-contiguità, generalizzazione, rinforzo e ripetizione, la teoria dello sviluppo cognitivo presuppone che un bambino costruisca una “(...) rappresentazione cognitiva dell’ambiente distale.” (Baldwin, 1971, p. 328).
La quarta teoria è quella dell’apprendimento sociale. Essa spiega che il genere e il modo in cui i ruoli di genere sono formati utilizzando un orientamento al processo di sviluppo (Mischel, 1966 ; Bandura, 1971, 1977). Questi studiosi spiegano che i ruoli di genere sono appresi dai bambini a tappe e sono basati sulle ricompense per il corretto comportamento di genere ; tuttavia, le teorie differiscono nelle loro interpretazioni dei premi e dell’apprendimento.
La quinta teoria è quella dello schema di genere. Essa suggerisce che gli umani sviluppino schemi per l’apprendimento dei ruoli di genere e di genere (Bem, 1988). A differenza delle altre teorie sul genere -di cui abbiamo già parlato- che si concentrano sul contenuto delle differenze di genere, la teoria degli schemi di genere si concentra sul processo di come un individuo arriva a comprendere le differenze di genere (Hargreaves, 1987 ; Bem, 1988). In altre parole, la scissione tra maschio e femmina è la questione più importante, e non è quello che costituisce il maschio e la femmina. La teoria dello schema di genere si basa sulla premessa che gli esseri umani sviluppano schemi cognitivi, che stanno organizzando sistemi che memorizzano informazioni su particolari oggetti o concetti.
La sesta teoria è quella dell’interazione simbolica. Essa afferma che il genere è strettamente una costruzione sociale, e sulla base della definizione della società maschile e femminile, i ruoli distinti di genere sono trasmessi e rinforzati da diversi meccanismi all’interno della società (Mead, 1964 ; Blumer, 1969 ; Lipman-Blumer, 1984). L’interazione simbolica attribuisce lo sviluppo del ruolo di genere al processo di socializzazione che è “ il processo permanente attraverso il quale le persone imparano la loro cultura, sviluppano il loro potenziale e diventano membri funzionanti della società.” (Lindsey, 1997, p. 53). La base della teoria dell’interazione simbolica viene dal lavoro di George Herbert Mead (1964). A partire dagli scritti di Mead, si sono infatti sviluppati un numero differente di approcci teorici che hanno in comune il punto di vista secondo il quale l’identità dell’individuo è il prodotto del contesto socioculturale circostante. Secondo Mead, il Sé è il risultato dell’interazione dell’individuo con il gruppo a cui appartiene. Quest’interazione esiste in due forme : “interazione non simbolica” e “interazione simbolica”.
1.2. Femminilità e Mascolinità
Nella realtà intera tutto viene classificato a seconda delle leggi imposte dalla cultura dominante in un preciso contesto sociale. Questa classificazione si basa sulla differenza tra quello che è “maschile” o “femminile”. Questo “confine identitario” è presente quasi in tutte le società umane e ne rappresenta infatti i due “princìpi” a cui gli oggetti ed i fenomeni della realtà vengono sempre ricondotti (Ugo Fabietti, 2010, p. 163). Questa scissione, secondo l’antropologa francese Françoise Héritier, si trova infatti in tutti i sistemi di pensiero, tanto in quelli tradizionali “chiusi” che in quelli scientifici “moderni ed aperti”. Questa separazione costituisce una specie di “butoir ultime de la pensée” cioè “ultimo limite del pensiero” su cui l’umanità fonda un’irriducibile opposizione concettuale : quella che oppone l’identico al differente. (Françoise Héritier , 1996, p. 19). Seguendo Claude Lévi-Strauss, la studiosa sostiene che l’umanità abbia costruito tutte le opposizioni binarie su questo rapporto di opposizione tra rappresentazioni e valori sia concreti che astratti :
Support majeur des systèmes idéologiques, le rapport identique/différent est à la base des systèmes qui opposent deux à deux des valeurs abstraites ou concrètes (chaud/froid, sec/humide, haut/bas, inférieur/supérieur, clair/sombre, etc.) valeurs contrastées que l’on retrouve dans les grilles de classement du masculin et du féminin comme respectivement chaud et froid, animé et inerte, souffle et matière. (Françoise Héritier, 1996, p. 20)
Quello che sfugge a questa classificazione viene stigmatizzato : l’omosessualità, per esempio, viene biasimata e vista come “anomalia” e non più come orientamento sessuale proprio perché non rappresenta più questo principio di diversità. (Ugo Fabietti, 2010, p. 163).
Il termine “sesso” si riferisce alle differenze biologiche, ormonali e cromosomiche che determinano se una persona è maschio o femmina. Mentre il termine “genere” si definisce integrando aspetti biologici ed altri psicosociali oltre a vissuti interni legati all’essere maschio o femmina. Si può dire che diversamente dal termine “sesso” il termine “genere” indica un insieme di attributi psicologiche e socioculturali. Per chiarire la distinzione fra questi due concetti, i Tyson affermano :
Il termine sesso fa riferimento ad una definizione biologica di maschile e femminile, mentre l’identità di genere è un concetto più ampio. Esso definisce una configurazione psicologica che assomma ad integra identità personale e sesso biologico ed alla quale I rapporti oggettuali e gli influssi culturali offrono importanti contributi. (Tyson R., Tyson P., 1990, p. 323)
L’identità di ruolo di genere spiega Money (1994), è quindi, il risultato di un compromesso tra la personalità, mascolina e femminile, e lo stereotipo che viene offerto o imposto. In altre parole tra “chi siamo” e tra “chi è bene essere” :
Nel linguaggio teatrale un ruolo di genere non è solo un copione dato ad un attore, ma un ruolo incorporato nell’attore che lo trasforma e lo manifesta. Così come un attore, un bambino non impara semplicemente un ruolo, lo assimila e lo vive (p. 166).
Il ruolo di gender non è dunque innato ma viene culturalmente acquisito dall’uomo o dalla donna fin da giovane età. Si tratta quindi di un’educazione alla femminilità o alla mascolinità. Per definizione, il genere si riferisce a “significati che società e individui attribuiscono a categorie maschili e femminili.” (Eagly, 1987, p. 4) e il termine “ruolo di genere” definisce comportamenti prescritti che sono ritenuti appropriati per donne e uomini (Lipman-Blumer, 1984).
I ruoli di genere (femminile e maschile) si chiamano rispettivamente Femminilità e Mascolinità. Questi due attributi socioculturali si differiscono dai ruoli sessuali che sono differenze fisiologiche basate sui genitali sessuali, perché “contengono concetti di sé, tratti psicologici, ruoli familiari, occupazionali e politici assegnati dicotomicamente ai membri di ciascun sesso.” (Ivi, p. 2)
2. Corpo femminile e ruolo di genere in “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza
Goliarda Sapienza è una figura nuova nel panorama letterario italiano. Il 1969 è l’anno di inizio della scrittura de L’arte della gioia dopo aver pubblicato i suoi due maggiori romanzi autobiografici : Lettera aperta nel 1967 e Il filo di mezzogiorno nel 1969, entrambi per Garzanti editore. Come viene raccontato nella postfazione del romanzo da Domenico Scarpa, la storia editoriale del romanzo è molto complessa e ha durato venti anni. Nel 1994, viene pubblicata da Stampa Alternativa, soltanto la prima parte del romanzo. Dopo la morte improvvisa della scrittrice nel 1996, la responsabilità di far pubblicare l’intero romanzo viene affidata a suo marito Angelo Pellegrino.
In “L’arte della gioia”, ci narra la storia di una siciliana di umili origini chiamata Modesta. Nel corso della narrazione, la protagonista fronteggia varie esperienze drammatiche che ne segneranno la maturazione. Parlando della sua vita, la scrittrice mette in risalto la tematica del corpo femminile e soprattutto l’impatto socioculturale sullo sviluppo dell’identità di genere femminile.
2.1. La condizione della donna e lo stereotipo di genere
Ambientato in Sicilia, il romanzo ne smaschera usi, costumi e soprattutto pregiudizi nei confronti delle donne, spesso definite oscene e inutili. La protagonista mira a eliminare ostacoli che non le permettono più di andare avanti verso la realizzazione di sé stessa. Vuole appunto oltrepassare soprattutto i limiti sociali e culturali posti a lei fin da piccola.
Vivendo in un paesino poverissimo, Modesta trascorre la sua infanzia in una catapecchia di campagna, con una madre logorata dal lavoro e dalla miseria e con una sorella chiamata Tina che è affetta dalla sindrome di Down. “Mi trovo ora nel buio della stanza dove si dormiva, si mangiava pane e olive, pane e cipolla” (p.5). La madre non comunica più con Modesta, le preferisce infatti la sorella e perciò la ragazzina trascorre quasi tutte le sue giornate a parlare con Tuzzu, un ragazzo più grande di lei. “Non parla mai mia madre o urla o tace” (p.5) e anche “ come il vestito per la domenica che la mamma sta cucendo per Tina. Sempre vestiti a lei, e nastri ! Anche le scarpe bianche le ha comprato. A me niente” (p.6).
Attraverso la relazione tra Modesta e sua madre, la Sapienza mette in risalto quel rapporto donna-donna tipico di ogni società patriarcale caratterizzato dell’incomunicabilità e dell’antagonismo. La madre diventa un antagonista fin dalle primissime pagine del romanzo. Modesta si picca di liberarsi da lei, anche quando viene stuprata, non le ricorre perché non ha mai sentito il suo amore. Pure quando la sente gridare e piangere, non si prende pena per lei : “Anch’io avevo pianto tante volte così. Ora toccava a lei, non mi importava” (p.12).
Da bambina, soffre della mancanza di una madre al suo fianco che risponde alle sue prime curiosità sessuali tutto ciò a farla fuori per liberarsi sia da lei sia dal contesto barbarico che la circonda. La madre viene infatti descritta negativamente dalla protagonista e appare come un personaggio femminile nemico della donna attraverso la riproduzione dello stesso discorso del contesto socioculturale in cui vivono. Infatti, secondo Tuzzu : “le femmine, da quando mondo è mondo non capiscono niente” (p.8), oppure la mamma che dice : “è una disgrazia nascere femmine, ti viene il sangue e addio salute e pace” (p.15) e anche : “si dice che se una femmina per prima ti nasce, altri due o tre ne chiama : e per avere un maschio s’ha da penare” (p.246) finchè arrivi all’amara verità, cioè che la donna è nemica della donna come e quanto l’uomo. È evidente però che in queste condizioni è difficile affermare sé stessa e la propria indipendenza dato che questo contesto socioculturale non l’aiuta ad esprimere la propria femminilità. Si oppone pure ad un’altra figura materna nel romanzo “Madre Leonora”, la quale pensa che “la donna non può mai arrivare alla sapienza dell’uomo” (p.20) perché Modesta è certa che “i tempi cambiano, tante cose la scienza sta scoprendo. E questo, a favore di noi donne. Con l’aiuto dei medici e del sapere la donna presto si libererà di tante condanne che la natura e i padroni le hanno buttato addosso” (p.210).
L’uccisione della figura materna incarna l’eliminazione di un ordine patriarcale che mette la donna in una posizione di inferiorità rispetto all’uomo. La scrittrice mette in risalto la ribellione di una donna (Modesta) contro un ruolo di genere costruito socioculturalmenete, secondo cui la donna è inferiore e non deve fare altro che fa rimanere a casa, concepire figli con un uomo qualsiasi ed allevarli. Vuole sentirsi rispettata e soprattutto amata.
La Sapienza introduce un altro personaggio chiamato Carlo Civardi, con cui vuole mostrare il cambiamento voluto non solo dalle donne ma anche da parte di molti uomini colti. Infatti insegna a Modesta il socialismo e l’ideologia femminista e la spinge ad iscriversi all’università. Leggendo e documentandosi, Modesta trova chi dice che : “le donne sono pari agli uomini” (p.91) e spera che con l’aiuto degli autori e dei filosofi, possa liberarsi da quel contesto arretrato che la circonda. Oltre agli autori illuministi francesi tipo : Voltaire e Diderot, apprezza anche Augusto Babel (nome ricorrente nel romanzo) che è leader politico che mira al miglioramento della condizione della donna. Il suo libro “La donna e il socialismo” permette a Modesta di aprire la sua mente e di rendersi sempre conto che il futuro della nazione e particolarmente quello della donna, dipende dalle donne ambiziose e istruite come lei. Perciò, lo consiglia anche alle femmine della terza generazione dei personaggi : (Bambolina, Crispina e Mela) : “Ci vorranno cento anni perché la donna possa ascoltare la tua voce, vecchio Augusto” (p.91). Con lo studio, Modesta vuole smentire tutti coloro che non credono in lei e nelle capacità e l’intelligenza della donna.
2.2. Il corpo violentato
La Sapienza denuncia la violenza contro le donne attraverso due scene. La prima è quella dello stupro commesso da quell’uomo robusto che si spaccia per il padre di Modesta. La seconda è quella in cui Mattia spara Modesta con un colpo di rivoltella.
All’inizio, per sbarazzarsi dal paesino in cui viveva e dall’ignoranza di sua madre, Modesta appicca un incendio e così vengono uccisi sua madre, sua sorella ed anche l’uomo robusto che si dichiara per il suo padre biologico. Una tale decisione potrebbe essere anche considerata come vendetta diretta e sanguinosa per lo stupro subito da quell’uomo, oltre a quella del mancato amore della madre che le preferisce in realtà la sorella, la rimprovera e la punisce per tutto.
Leggendo le prime pagine del romanzo, si capisce che Modesta patisce la mancanza di un padre al suo fianco. Infatti, appena vede l’uomo robusto che si spaccia per suo padre biologico, va con lui ignorando gli avvertimenti della madre : “Il sangue mi rideva d’orgoglio per la sua forza” (p.12). L’assenza della figura paterna gioca un ruolo molto importante nell’acquisizione dell’identità soprattutto per le femmine. La sua vita affettiva ed il suo comportamento poi da adulta viene influenzata dalla madre più che da un padre. Infatti, dopo l’esperienza dello stupro, in ospedale non sembra terrorizzata da ciò che le è appena accaduto. Sembra che aspettava da tempo che si presentasse un uomo ovvero una figura paterna. Quando vede madre Leonora, si affeziona a lei come se niente succedesse. Quell’atto non è stato che un’esperienza che le permette di maturare sessualmente e di godere il corpo che le dà tante gioie.
2.3. La divisione di genere
La scrittrice mette in risalto il condizionamento socioculturale dei bambini “femmine e maschi” e la loro educazione fin da giovane età a dei ruoli di genere ben determinati :
Ecco come comincia la divisione. Secondo loro Bambolina, a soli cinque anni, dovrebbe già muoversi diversamente, stare composta, gli occhi bassi per coltivare in sé la signorina di domani. Oggi è con distacco e sicurezza che [Modesta] difende Bambolina dai maschi e dalle femmine, solo a lei tiene, in lei difende se stessa, il suo passato, una figlia che col tempo potrebbe nascere. (p. 319)
2.3.1. La costruzione del genere femminile attraverso la socializzazione e l’identificazione
Leggendo il romanzo , notiamo che Modesta attraversa diverse tappe nella sua vita. Per trovarsi, impara a socializzare ed essere influenzata da ogni ambiente socioculturale in cui si trova. Oltre a ciò impara anche ad identificarsi con ogni donna bella, istruita, che non assomiglia a sua madre, la segue e far propria il suo modo di parlare , comportarsi e soprattutto di pensare.
Nella prima parte del libro, Modesta sta alla ricerca della propria identità. Ogni volta che trova sulla propria strada una donna bella e istruita, che è in qualche modo l’opposto di sua madre, si identifica con lei arrivando fino a far propria anche il loro modo di parlare e quello di pensare. Infatti, Modesta si identifica poi con madre Leonora e la principessa Gaia che in realtà sono le due altre figure materne nel romanzo. Quando viene portata al convento, riesce a liberarsi dall’ignoranza di cui soffriva. Ma neppure in convento trova chi potesse rispondere alle sue curiosità perché deve per forza obbedire e pregare a Dio senza chiedere spiegazioni.
La prima persona con cui si identifica, dopo essersi liberata dal paese miserabile in cui viveva, è madre Leonora. La religiosa appare forte, istruita e fine. Per Modesta, questa è la prima volta che viene a contatto con una donna così dolce e gentile, dopo aver vissuto a lungo con una madre ignorante e grossolana. Si identifica con lei quando sta con Beatrice : “Non sapendo niente, risposi con le parole di madre Leonora” (p.70). Intanto, comincia a disprezzare anche il mondo monacale, perché al pari del paesino in cui viveva, anch’esso ostacola il suo cammino verso la libertà e l’emancipazione. Secondo le suore : “la donna non arriva mai alla sapienza di un uomo” (p.20)
Anche di nuovo, si trova in un altro contesto culturale che sottovaluta la sua intelligenza. Il suo odio cresce specie dopo la scoperta dell’ipocrisia delle suore e soprattutto quella di madre Leonora alla quale si affeziona. Quest’ultima, stando a Modesta, non è che una vigliacca che nascondendosi al convento racconta bugie sia agli altri che a se stessa : “Prima avevo creduto che madre Leonora non si accarezzasse perché era pura e santa come tutti ripetevano nel convento, ma adesso sapevo che anche lei di notte si accarezzava esattamente come facevo io” (p.27). Tutto ciò la spinge a liberarsi anche dal convento e così decide di uccidere madre Leonora.
Dopo averla fatta fuori, si trasferisce dalla famiglia Branciforti e di nuovo viene influenzata da un altro contesto principesco in cui riesce a cambiare completamente stile di vita. Diventa Mody, la donna chic e raffinata. Impara ad essere più fine e femminile. Si libera dalle parolacce, impara a studiare, a ballare e a vestirsi. Ora, impara anche ad essere prudente perché : “la meraviglia è nemica della prudenza” (p.62). Il suo soggiorno dai Brandiforti le permette di crescere. Modesta, che è curiosa, vivace e avida di cultura, non vuole essere pigra e lenta come Beatrice o forte e volitiva al pari di Gaia. Scopre così i tesori dei libri di zio Jacopo. Diventa così più astuta.
Decide di uccidere Gaia e accetta di sposare Ippolito non solo per farsi una famiglia, ma anche per essere anche lei una principessa e liberarsi definitivamente dal convento e dalla miseria. La figura di Gaia è molto importante ; Modesta si identifica con la principessa Gaia per farsi rispettare e per mostrare a Beatrice e ai servitori della villa Brandiforti, che anche lei ha la peculiarità di una principessa : “cercai un compromesso dentro di me fra Modesta e Gaia” (p.178).
2.3.2. La liberazione del corpo e del genere femminile : bisessualità e androginia
In questo romanzo, la Sapienza mette al centro della sua narrazione un personaggio femminile molto complesso, il cui gender viene stabilito soltanto nell’ultima parte del romanzo. Il suo orientamento sessuale cambia e modifica nel corso del tempo a seconda della fase che sta attraversando, leggendo questo romanzo si capisce che l’orientamento sessuale non è uno stato di natura bensì un ruolo artificiale né definitivo né determinato. Inoltre si nota la riscrittura del mito dell’androgino presentato non solo come simbolo di libertà ma anche come simbolo di esclusione dal maschile attraverso due personaggi : Modesta e Joyce.
Da fanciulla, la protagonista compie da sola una inconsueta iniziazione fisica, psicologica e sessuale alla vita. Fin dall’inizio, mostra curiosità ed interesse rigorosamente connessi alla sfera psicosessuale, Sentendo, appunto, i gridi della sorella mongoloide, comincia ad accarezzarsi :
Per anni l’avevo sentita urlare così senza badarci, sino al giorno che, stance di trascinare quel legno, buttata in terra, avvertii a sentirla gridare come una dolcezza in tutto il corpo (...) chiudevo gli occhi e immaginavo che si lacerasse la carne, si ferisse. E fu così che seguendo le mie mani spinte dagli urli scoprii, toccandomi là dove esce la pipì, che si provava un godimento. (p.5).
La masturbazione è la prima tappa verso l’eroticità. Infatti quando sta con Tuzzu, è lei ad eccitarlo : “Non dovevo lasciarlo andare via (...) e ora che tenevo il suo braccio- mi nasceva quel desiderio di accarezzarmi là dove…” (p.9). Non avendo una madre che potrebbe rispondere alle sue prime curiosità sessuali, Modesta inizia così a frequentare Tuzzu, che è più grande di lei, e gli chiede “che cos’è il mare ?” (p.8). Tuzzu l’inizia alla sua prima esperienza sessuale e dopo un incontro intimo con lui, dice : “Ora capisco che cos’è il mare !” (p.9). Il mare con la sua immensità simboleggia infatti, sia la libertà che la femminilità1 e questi due concetti sono strettamente interdipendenti. La libertà permette alla protagonista di godere la propria femminilità, il che ci spiega perché, secondo lei, il convento la priva non solo della sua libertà, ma anche della propria femminilità.
Modesta non vuole che l’autoerotismo ostacoli la sua ricerca di un rapporto con un partner del sesso opposto perché è disposta a sperimentare cose nuove e così si sente una femmina : “Le carezze di prima mi sembravano pane duro in confronto a quelle di Tuzzu. Avevo fatto bene a chiedere a Tuzzu” (p.10). Al convento si innamora con madre Leonora, prova per la prima volta nella sua vita l’amore per una donna. A lei non piace, infatti, il convento perché le impedisce di godere il proprio corpo e ostacola il processo della sua maturazione sessuale : “avevo dimenticato di avere il seno, il ventre, le gambe” (p.42). Non le è permesso né di sfiorare argomenti riguardanti l’amore o il sesso né di parlare con gli uomini. Ma la ribelle, all’insaputa delle suore, parla con il giardiniere Mimmo, verso il quale si sente qualche volta attratta sessualmente : “Alzandomi in punta di piedi, col viso verso di lui, avevo risposto chiudendo gli occhi : -Dai Mimmo, mettiti nei panni di quell’ape e posati sopra di me” (p.31).
Le relazioni amorose della protagonista sono estremamente intense. Ella prova amore sia per uomini sia per donne. Quelle omosessuali sono qualcosa che coinvolge invidia, gelosia, ossessione, paura oltre ai sentimenti di amore e ammirazione. Ciò che la caratterizza è la sua capacità di trarre vantaggio anche dai suoi rapporti per crescere. Desidera le donne pure durante la gravidanza perché : “avevo attrazione solo per le donne. Che fosse come una difesa dell’organismo sazio di umori maschili e bisognoso più di tenerezza che di una penetrazione” (p.183).
La sua complessa sessualità diventa inevitabile per la comprensione di se stessa, del proprio corpo e di quello degli altri. Ha una forte potenzialità di attrarre da uomini, poi da donne e risentirsi di nuovo attratta da persone del sesso opposto, il che non è del tutto anomalo, perché questa bisessualità è un periodo di incertezza e si risolve in maniera definitiva nel breve. Oltre a madre Leonora, inizia un rapporto sororale-amoroso con Beatrice. Non è un caso che le canta la ninna nanna in dialetto siciliano : il dialetto di Tuzzu, colui che l’ha iniziata al sesso. Non le dispiace neanche fare all’amore con un uomo senza amore. Un esempio illustre è la sua relazione carnale con Carmine. Scrutando a fondo nei dialoghi tra lei e Carmine, si capisce che la sua vecchiaia sostituisce il posto del padre mai conosciuto. Tutti i due non passano abbastanza tempo insieme, cercano solo di godere di quelle poche ore che hanno in disposizione. Da lui, impara a migliorare l’intesa sessuale con Beatrice. Cerca di insegnarle infatti, ciò che ha appreso nel passato sia da Tuzzu che da Carmine :
Quello che imparavo da Carmine, cercavo di comunicarlo a Beatrice. Le mie carezze si fecero più caute e più penetranti. Certo non ero un uomo, ma con la mano le entravo dentro più profondamente e lei più profondamente veniva. (p.111)
Oltre a Beatrice, cerca di insegnare come si fa all’amore anche con Carlo visto che quest’ultimo non ha mai amato nella sua vita, le uniche donne con cui ha fatto all’amore erano le mondane : “Allora hai fatto di me la tua pura e santa Laura. Poveri ragazzi ! A noi Madame Bovary e a voi Laura. Ma dài” (p.165).
La sua omosessualità può essere causata dal suo rapporto con la madre. Ella cerca di trovare in ognuna delle sue amanti o la madre o la bambina Modesta. Si affeziona a madre Leonora perché la vede come una donna istruita, dolce, fine che parla “a bassa voce” a differenza della madre che non faceva altro che gridare e lamentarsi. Con Joyce, si identifica con Beatrice o Modesta la bambina perché vuole comportarsi al pari di una bambina dato che le sembra più forte di lei. Stando con lei, si identifica anche con Tuzzu, il che compare quando, rivolgendosi a Joyce, dice : “Chissà con chi ti ha generato tua madre !” (p.354) (una frase detta per primo da Tuzzu alla bambina Modesta). Infatti, identifica Joyce con sua madre, in questo caso il loro amore è definibile un puro transfert. Avendola perduta a giovane età e per causa sua, la protagonista si sente in colpa e perciò ha sempre paura di perdere Joyce come ha perso sua madre. Quando incontra Nini, vede in lei una donna coraggiosa e spontanea, la identifica a volte con sua madre : “-No, Nina, parla, mi fa piacere. Mia madre non parlava mai !” (p.427). Con Beatrice, invece è proprio Modesta a prendere il posto della madre perché si sente più forte di lei. In questa relazione, gioca il ruolo dell’insegnante perché lo ama ma non lo desidera.
A volte si identifica anche con Carmine. Infatti, dice a Carlo : “Ma proprio non vi insegnano niente le vostre madri” (p.163) che è in realtà una frase venuta per primo pronunciata da Carmine quando faceva all’amore con lei. Durante la sua adolescenza, Modesta ha un maturo senso di femminilità. In questo periodo diventa infatti più sicura di se stessa e comincia a dare molta importanza al sesso perché il suo corpo è sessualmente attivo :
Ma non è amore il sesso ? L’amore e il sesso sono figli l’uno dell’altro. L’amore senza sesso che cos’è ? Una venerazione di statue, di madonne. Il sesso senza l’amore che cos’è ? Una battaglia di organi genitali e basta (p.168).
Joyce o Jò ; un altro personaggio femminile importantissimo attraverso cui la Sapienza mette in rilievo la tematica dell’androginia e del travestimento. La ragazza indossa abiti maschili ma rimane sempre una donna eterosessuale. La scrittrice vuole infatti mostrare le differenze che ci siano fra “sesso” e “genere”. Joyce ha degli attributi dell’altro sesso senza che ci sia in lei una doppia natura sessuale : “Tu vuoi essere come un uomo (...) Jò ! Jò ! non pronuncerò mai più questo nome mutilato. Joyce, tu sei intera e donna.” (p. 429).
2.3.3. I capelli sono simbolo di femminilità o di una sottomissione ad un ordine socioculturale ?
Oltre alla metafora del mare che simboleggia la femminilità e la libertà, di cui abbiamo già parlato, la scrittrice usa la metafora dei capelli per mostrare la loro rilevanza nella costruzione dell’identità di genere femminile.
Dopo aver frequentato Joyce, Modesta decide di tagliarsi i capelli facendo mostrare il suo collo. Si vede che mira a cambiare qualcosa nella sua vita. Tagliando i capelli per lei è un segno di emancipazione, significando anche la sua voglia di liberarsi dal passato con tutte le sue sofferenze. Vuole chiudere un capitolo che raffigura un periodo dal quale vuole rendersi libera. I capelli che sono simbolo di seduzione, quelle lunghe simboleggiano culturalmente il genere femminile. Prende una tale decisione solo dopo aver frequentato delle persone politicamente impegnate e ella non vuole essere sottovalutata per quanto riguarda il suo aspetto.
I capelli sono infatti molto significativi. Per Modesta, la conoscenza degli altri passa attraverso i capelli. Nella sua famiglia, la sorella Tina, “si strappa i capelli” “fili che la mamma allargava col pettine cercando di coprire la cima di quell’uovo” (p.6). L’uomo che si spaccia per suo padre è “un gigante con una massa di capelli arruffati sulla fronte” (p.11) ; Sua madre, i cui “capelli di velo nero pesante sono pieni di mosche” (p.5) ; vive in miseria insopportabile.
Anche madre Leonora fin dal primo incontro è raffigurata attraverso i suoi capelli “biondi ondulati lunghi (...) I seni piccoli, rosei, si intravedevano tra i capelli leggeri, trasparenti” (p.18). È chiaro che la descrizione di sua madre e quella di madre Leonora si contrappongono perché la religiosa conquista Modesta con la sua femminilità, pure quando parla, lo fa a bassa voce ; segno di signorilità. Invece, la madre non sa che urlare e rimproverarla. Nel suo rapporto con Beatrice, Modesta esprime il suo bisogno di essere accolta e accarezzata attraverso le azioni di coprire o pettinare : “Modesta ha freddo, ma Beatrice la copre coi suoi capelli di seta” (p.345) e pure la sua necessità tutta materna di protezione nei confronti dell’amica : “Mi dai il latte come la mia tata ? risponde- prima ti copro con i miei capelli” (p.80).
Quanto illustrato in precedenza vale anche per la protagonista, la quale ha dei capelli lucidi, vivi. Ha quindi una personalità vivace, il fatto di disfarsi i capelli cercando di non tenerli stretti rievoca il suo bisogno di liberarsi da pregiudizi e convenzioni. Disfarsi i capelli significa essere liberamente se stessi. In una discussione con Modesta, Timur dice di essere colpito dal taglio dei suoi capelli e dal mescolamento di antico e moderno nel suo carattere. Il suo taglio è determinato appunto dalla sua personalità :
(...) ispirato solo dal taglio dei suoi capelli così in contrasto col suo modo di muoversi, con la sua bellezza antica. Tutta la sua persona mi aveva tratto in inganno (...) psicologicamente i suoi capelli sacrificati alla libertà dei gesti mi spingono a illudermi che lei non è persa alla nostra causa. Noi abbiamo bisogno di donne come lei. (pp. 363-364).
Verso la fine del libro, Jacopo grida : “Oh mamma, vedo che non tagli più i capelli (...) Nel suo sguardo mi vidi rinascere insieme a lui” (p.401) Il verbo “tagliare” si accompagna all’espressione rinascere. Tagliare i capelli simboleggia la modernità, l’emancipazione femminile e l’inizio di una nuova vita.
3. Corpo femminile e ruolo di genere in “Bed Hopper”2 di Ahlam Mosteghanemi
La questione della scrittura femminile o quella della rappresentazione del corpo femminile occupa sempre un posto centrale nell’immaginario africano. A volte rappresentata come un oggetto, a volte come un personaggio attorno a cui (de)costruiscono gerarchie sociali e codici convenzionali, la donna rimane sempre centrale nella letteratura magrebina.
Il romanzo che vorremmo studiare s’intitola “Bed Hopper” in italiano “Passeggero di un letto”, in arabo “عابر سرير” scritto da Ahlam Mosteghanemi ; una scrittrice algerina nota per essere la prima donna ad usare la lingua araba nelle sue opere dopo la colonizzazione francese. Inoltre, è la scrittrice più letta del mondo arabo. Era l’unica autrice a scrivere su Shakespeare. Nelle sue opere più famose, cerca sempre di evidenziare l’identità e l’interiorità femminile. Il personaggio femminile occupa un posto rilevante e viene brevemente descritto.
Questo romanzo è scritto nel 2003 e pubblicato dalla casa editrice Dar Al Adab. Quest’opera completa la sua famosa trilogia dopo “La memoria del corpo” o in arabo “ذاكرة الجسد” e “Il caos dei sensi” o in arabo « فوضى الحواس ». I personaggi dei primi due romanzi si incontrano nell’ultimo romanzo per crearne altri nuovi. Il narratore della storia è Khaled Ben Toubal, questa volta, non è più Khaled Ben Toubal di “Memoria del corpo” ; il pittore che ha perso il braccio durante la guerra di liberazione algerina contro il colonialismo francese, ora è il nuovo Khaled ben Toubal ; un fotografo algerino che ha perso il braccio mentre voleva fotografare una dimostrazione. Il protagonista trascorre qualche anno da Françoise, una donna francese molto intelligente e attraente. Ma Khaled tiene ancora nel suo cuore Hayat, il suo primo vero amore in Algeria. Con il suo stile poetico e sensuale, la Mosteghanemi ci offre una storia molto caratteristica in cui viene messa in rilievo la tematica del corpo femminile.
3.1. Il corpo femminile tra sacralità e profanità
Leggendo « Bed Hopper », per prima cosa distinguiamo due tipi di corpi femminili descritti da Khaled ; il narratore, il primo è quello di Hayat, il secondo è quello di Francoise e Olga. Entrambi sono sensuali, ma ognuno ha le sue caratteristiche.
3.1.1. La sacralità del corpo di Hayat
Hayat sembra essere “Nedjma” di Kateb Yacine. Il suo corpo rappresenta la cultura algerina con tutto il suo pudore e tutte le sue restrizioni. È un corpo timido, pudico, ma particolarmente desiderato. Ha sempre paura degli occhi di quelli che condividono la sua cultura e le sue tradizioni. Il corpo di Hayat evoca la bella Costantina e la sua cultura particolare. È descritto come “delizioso”, “come un frutto” che Khaled vuole “mangiare”. Vivere in Algeria e non può incontrare Hayat lo rende facilmente pazzo. Ammira il suo corpo, che gli viene proibito dalla società : “(...) mi visitava travestita dal cappotto di sua madre, aveva paura degli occhi dei curiosi e delle intenzioni dei criminali che si nutrivano di donne.” (p.181)
Da una prospettiva antropologica, il nostro corpo non è più nostro perché appartiene alla cultura di cui rappresenta e trasmette i fondamenti. Hayat fa parte della maggior parte delle ragazze algerine che non possono esporre liberamente i loro corpi e che non possono avere un rapporto sessuale prima di sposarsi. Quando vogliono incontrare i loro amanti, lo fanno in segreto. Il fatto di fare tutto ciò che si vuole segretamente ci mostra che Hayat non vuole più subire alla morale sociale. Vuole essere libera, libera delle sue scelte, del suo futuro e persino del suo corpo. Vuole liberarsi e liberare la parte della sua femminilità che la società vuole seppellire però di nascosto. Hayat che pur essendo spostata va da Khaled di nascosto ma non viene mai descritta negativamente. Basta solo un Hayek per nascondersi dallo sguardo degli altri e soprattutto per essere sempre una buona musulmana. Il suo corpo rappresenta Constantina e porta la sua cultura conservatrice.
3.1.2. La profanità del corpo di Françoise e di Olga
Françoise è un altro personaggio femminile molto importante che ci ricorda Katerine di “Il caos of the sensi” e de “La memoria del corpo”. A differenza di quello di Hayat, il corpo di Francoise rappresenta un’altra cultura che è completamente diversa da quella algerina. Il suo corpo viene infatti descritto come libero, permesso e profano.
Descrivendo Françoise Khaled cerca sempre di evidenziare le differenze che lo separano da lei. Anche se condivide il letto con lui, Francoise è ancora (per Khaled) la ragazza che si è già offerta a un altro uomo prima di lui. Mentre Khaled considera l’atto sessuale fuori dal matrimonio come un peccato, Francoise lo vede come un momento magico per manifestare la sua femminilità. Inoltre, non hanno lo stesso linguaggio corporale, non sopporta le sue grida di piacere quando fanno l’amore :
(...) il letto di quel primo incontro era gremito dei fantasmi di coloro che mi hanno preceduto. Da solo, lo sentivo, cercando di mettere in discussione la sua memoria. Conosco la confusione di due corpi che si incontrano per la prima volta e non hanno ancora inventato il loro linguaggio comune. Ma era chiaro che non avevamo lo stesso alfabeto per dialogare. Odio le donne che urlano in un momento d’amore. (p.74)
Oltre a Françoise c’è anche Olga ; la ragazza polacca che vive vicino a Khaled in Francia. Attraverso la descrizione di questo personaggio femminile, Khaled esalta la sacralità del corpo di Hayat che ha paura degli occhi degli altri. Infatti, Khaled mette sempre il corpo femminile tra sacralità e oscenità, perché il suo sguardo (su qualsiasi corpo femminile che vede) è sempre condizionato dalla sua cultura originale ; la cultura algerina secondo cui il corpo femminile è Awra, Fitna e Tabù :
Questa donna bionda davanti ai miei occhi. L’ho vista, indossava un accappatoio bianco. Si stava asciugando i capelli guardandosi allo specchio. Niente sembra vergognoso. Forse perché sapeva che gli occhi la stavano spiando ? Ma lei era “appetitosa” con i suoi capelli bagnati e i suoi movimenti allettanti. Quel giorno divenne per me il simbolo della seduzione e della tentazione. Perché la donna sia attraente, non dovrebbe essere completamente nuda. (p.40)
Khaled appare sempre attratto dal mistero del corpo femminile. Gli piace essere sedotto da un corpo che nasconde la sua femminilità. Leggendo la sua storia, possiamo vedere quanto sia innamorato di Hayat che rappresenta pudore e timidezza :
Mi sembrava che nessun pittore possedesse Françoise non appartenesse a un pittore. Ma lei è la donna ogni pennello. (...) A causa della mia fame, ero un uomo selettivo nelle mie privazioni, come nel mio piacere. Mi piace il ritiro di un vestito su un corpo illusorio. Il suo corpo esposto non mi ha mai sedotto. (p.73)
3.2. Il corpo femminile come rifugio o sorgente di affetto materno
Nella sua trilogia, Ahlam Mosteghanemi basa la sua trama su tre concetti chiavi che una volta collegati, si può capire ciò che il corpo femminile realmente simboleggia. Questi tre concetti sono : “il corpo”, “la patria” o “Costantina” e “la madre”. Il corpo che è un mediatore tra noi e il mondo esterno, trasmette la cultura dominante e diventa così proprietà della società e della cultura che lo condizionano. In “La memoria del corpo” viene descritto come servitore della nazione che rappresenta la figura materna. Dice Khaled : “ Lo so, si può anche essere orfani della propria patria. Ci sono patria senza istinto materno ... sembrano dei padri.” (p. 243)
Khaled considera la nazione come una madre che gli potrebbe trasmettere affetto e amore. Infatti, le sacrifica pure il braccio. Il corpo diventa uno strumento di combattimento e arriva al sacrificio per la liberazione della patria e per il bene dell’intera comunità. Poiché la patria rappresenta la madre che ci protegge, il corpo femminile (quello di Hayat o quello di Françoise) rappresenta la nazione perché viene visto da Khaled come un luogo in cui può trovare sua madre che non aveva mai vista. La mancanza di amore materno spinge Khaled nel terzo romanzo “Bed Hopper” a cercare questo affetto nel corpo di Hayat e Francoise.
La scelta del titolo traducibile in “Passeggero di un letto” non è anodina. Scegliendo questo titolo, la Mosteghanemi non vuole soltanto riferirsi ad un personaggio che si soddisfa sessualmente passando da una donna all’altra. Vuole mostrarci un personaggio che cerca affetto e amore materni condividendo il suo corpo con una donna. Khaled, il narratore, stabilisce un rapporto materno-amoroso con ogni corpo femminile che gli viene a contatto. Lo vede infatti come un nido ovvero un rifugio perché non aveva mai visto sua madre. Khaled dice : “ (...) stabilisco una relazione di maternità con quelli che mi circondano. Ogni volta, scelgo una madre per me fino fino al giorno in cui il tempo colpisce ricordandomi che non sono suo figlio.” (p.42).
3.2.1 Il corpo femminile portatore di cultura e strumento di vendetta
La storia viene narrata da Khaled. I corpi femminili descritti sono visti da uno sguardo maschile totalmente condizionato dalla cultura algerina.
Il corpo di Françoise invece porta un’altra cultura che è completamente diversa da quella algerina. “Francoise” che è un nome diffusissimo, richiama alla memoria di Khaled la Storia dell’Algeria e del colonialismo francese. Il suo corpo diventa così uno strumento attraverso cui Khaled può vendicarsi contro la Francia che non gli aveva soltanto occupato la terra ma vede soprattutto la Francia che gli aveva preso un braccio lasciandogli una traccia che gli ricorderà per sempre la sua atrocità e la sua spietatezza :
Ho sentito il desiderio di abbracciare questa donna (Francoise), la cui prima metà era Francoise e l’altra era la Francia...di dare un bacio a qualcosa che sta dentro di lei... di schiaffeggiarle qualcosa... di ferirla... di farla piangere e poi tornare in quel miserabile albergo a piangere da solo. (p.52)
3.2.2. Confronto
Analizzando “Bed Hopper” e “L’arte della gioia” notiamo che ci sono delle somiglianze e delle differenze fra le due opere prese in esame.
3.2.2. 1.Il corpo come spazio di espressione e di rivendicazione
Il corpo scritto sia dalla Mosteghanemi che dalla Sapienza è un luogo attraverso cui ogni protagonista manifesta la sua femminilità. Oltre a ciò, esso viene visto come luogo di sovversione socioculturale. Abbiamo notato anche che le due scrittrici usavano il corpo come spazio attraverso cui manifestano le loro ideologie. Il corpo femminile descritto dalla Sapienza, è un corpo che tende a cambiare la realtà e la condizione femminile, è un corpo che rinasce e che non ha paura di sbagliare o di esprimersi. Il corpo descritto dalla Mosteghanemi è un corpo che mette in rilievo la condizione sociopolitica dell’Algeria postcoloniale.
3.2.2.2. La messa in risalto di corpo violentato
Le due scrittrici mettono in risalto due corpi femminili violentati e culturalmente condizionati. In “L’arte della gioia” il corpo di Modesta viene violentato da un vecchio all’età di 9 anni e all’età di 21 anni viene ancora violentato da Mattia. In “Bed Hopper” il corpo di Françoise viene violentato da Khaled perché quest’ultimo vede nel suo corpo la Francia che aveva occupato la sua cara Algeria.
3.2.2.3. Corpo e cultura
La prima differenza però ricavata attraverso la nostra analisi sta nel fatto che il corpo descritto dalla Mosteghanemi è un corpo creato dalla cultura dominante e da cui non è riuscito a liberarsi. Il corpo di Hayat è il prodotto del contesto socioculturale in cui vive ed è spesso legato alla sacralità e al tabù.
Il corpo descritto dalla Sapienza è un corpo che nel corso della narrazione è riuscito a crearsi una cultura propria riuscendo a oltrepassare i limiti imposte dal contesto socioculturale in cui vive la protagonista Modesta. Joyce rappresenta in questo romanzo anche il mito dell’androginia per dire che il sesso ed il gender sono due cose diverse.
Nella società algerina invece il corpo femminile subisce continue manipolazioni sociali che lo rendono un oggetto di fanatismo machismo, un prodotto di consumo oppure un luogo di tabù.
3.2.2.4. La poetica del corpo
Un’altra differenza sta nel fatto che la Mosteghanemi lega il corpo alla Storia dell’Algeria mentre la Sapienza lo libera e lo permette di ribellarsi a tutto quello che lo opprime. Infatti, il corpo descritto dalla Mosteghanemi svela la condizione della donna algerina mentre quello descritto dalla Sapienza contribuisce al miglioramento della condizione femminile sconvolgendo l’ordine sociale attraverso l’introduzione di nuovi parametri culturali.
3.2.2.5. Condizionamento culturale del corpo e della lingua di scrittura ?
Un altro aspetto è da tenere in considerazione quando si fa uno studio comparativo tra due opere scritte da due scrittrici che appartengono a due culture diverse e l’uso della lingua. Infatti l’uso di un certo linguaggio dipende dalla cultura dello scrittore e del lettore. Ahmad Kharraz (2013) afferma che :
La pression culturelle est toujours présente et engendre un type d’écrit qui tend à dissimuler des détails même anodins. La discrétion et la pudeur sont deux vertus censées garantir les valeurs éthiques. Ces deux vertus sont recommandées aux femmes arabes et doivent caractériser leur comportement intime et social. Ainsi, toute déclaration directe est interprétée comme une résiliation du pacte social qui, comme l’ordonne la religion, doit rester une règle majeure à respecter. (p.200)
Le numerose scene sessuali descritte nel romanzo di Goliarda Sapienza ci mostrano il suo stile esplicito, realistico e chiaro. Il romanziere ci racconta la storia di Modesta usando la magia della lingua italiana ; il linguaggio usato da molti rivoluzionari della letteratura europea e persino universale. La lingua italiana permetteva alla scrittrice di esprimersi liberamente senza ricorrere all’uso di metafore o di un linguaggio codificato. Ciò che caratterizza la scrittura del corpo femminile in questo romanzo è la trasgressione del tabù e del proibito. Ahlam Mosteghanemi usa invece l’arabo, la lingua del Corano, che è considerata una lingua sacra. Per poter descrivere il corpo femminile, la scrittrice usa un linguaggio molto particolare ; sensuale, implicito e pieno di metafore.
Conclusioni
Riassumendo tutto ciò che abbiamo già detto, possiamo dire che esiste un legame molto forte fra l’ambiente socioculturale in cui le opere prese in esame e il linguaggio usato dalle scrittrici. Allo scopo di fare uno studio comparativo intorno alla tematica del corpo e il ruolo di genere abbiamo scelto la letteratura femminile italiana e quella algerina. Sia in Algeria che in Italia, le donne hanno intrapreso un cammino faticoso e lento verso la loro notorietà all’interno del panorama letterario contemporaneo. Solo ad autori uomini è riconosciuto il titolo onorifico di grande scrittore. Lo spazio dedicato, da parte della critica letteraria, alla letteratura femminile rimane ai margini di ciò che è considerato il vero patrimonio culturale e letterario. Analizzando “Bed Hopper” e “L’arte della gioia” abbiamo notato che ci sono sia somiglianze che differenze fra le due opere prese in esame. In queste due opere il corpo viene scritto e descritto diversamente, il che dipende non solo dalle autrici ma anche dalle loro culture.
Corpo e Gender sono due tematiche avvincenti per la loro ambiguità e per la loro enigmaticità. Oltre a far notare le particolarità di una certa cultura riguardo alla questione di genere, la scrittura del corpo femminile e del ruolo di genere rappresenta, in queste opere prese in esame, una possibilità di trattare la questione di genere nella sua complessità, superando l’opposizione tra uomini e donne e magari mutando le norme di genere.